Addenda ONLINE – Codice dell’attività prefettizia 2021

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 DIRITTO INTERNAZIONALE

  • Protocolli addizionali alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nn. 6, 7, 12, 13 e 16.

 ORDINAMENTO MINISTERIALE

  • D.lgs. 30 luglio 1999, n. 300. Riforma dell’organizzazione del Governo (estratto).
  • D.lgs. 30 luglio 1999, n. 286. Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche.

 LEGISLAZIONE DI PUBBLICA SICUREZZA

  • D.L. 28 settembre 2018, n. 109. Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze (estratto).
  • 15 luglio 2009, n. 94. Disposizioni in materia di sicurezza pubblica (estratto).

 MISURE DI PREVENZIONE

  • D.L. 24 giugno 2014 n. 90, convertito, con modificazioni, nella L. 11 agosto 2014, n. 114. Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari (estratto).

GIOCHI, SCOMMESSE E MANIFESTAZIONI SPORTIVE

  • D.L. 13 settembre 2012, n. 158, convertito in L. 8 novembre 2012, n. 189. Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute (art. 7).

IMMIGRAZIONE, ASILO, PROTEZIONE INTERNAZIONALE

  • Reg. (CE) 13 luglio 2009, n. 810. Regolamento che istituisce un codice comunitario dei visti.
  • D.P.C.M. 7 luglio 2020. Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2020.

 PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

  •  20 marzo 1865, n. 2248. Legge sul contenzioso amministrativo (All. E) (estratto).

 NORMATIVA COVID-19

  •  Decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, Decreto Cura Italia, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27. Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, (estratto)

 

Protocollo addizionale n. 6 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, relativo all’abolizione della pena di morte

 Art. 1. Abolizione della pena di morte.

La pena di morte è abolita. Nessuno può̀ essere condannato a tale pena né giustiziato.

 Art. 2. Pena di morte in tempo di guerra.

Uno Stato può̀ prevedere nella propria legislazione la pena di morte per atti commessi in tempo di guerra o in caso di pericolo imminente di guerra; tale pena sarà̀ applicata solo nei casi previsti da tale legislazione e conformemente alle sue disposizioni. Lo Stato comunicherà̀ al Segretario generale del Consiglio d’Europa le disposizioni rilevanti della legislazione in questione.

Art. 3. Divieto di deroghe.

Non è autorizzata alcuna deroga alle disposizioni del presente Protocollo ai sensi dell’articolo 15 della Convenzione.

Art. 4. Divieto di riserve.

Non è ammessa alcuna riserva alle disposizioni del presente Protocollo ai sensi dell’articolo 57 della Convenzione.

 Art. 5. Applicazione territoriale.

  1. Ogni Stato, al momento della firma o al momento del deposito del suo strumento di ratifica, d’accettazione o d’approvazione, può̀ indicare il territorio o i territori sui quali si applicherà̀ il presente Protocollo.
  2. Ogni Stato, in qualunque altro momento successivo, mediante una dichiarazione indirizzata al Segretario generale del Consiglio d’Europa, può̀ estendere l’applicazione del presente Protocollo a ogni altro territorio indicato nella dichiarazione. Il Protocollo entrerà̀ in vigore per questo territorio il primo giorno del mese che segue la data di ricezione della dichiarazione da parte del Segretario generale.
  3. Ogni dichiarazione fatta in virtù̀ dei due paragrafi precedenti potrà̀ essere revocata, per quanto riguarda ogni territorio designato in siffatta dichiarazione, mediante notifica indirizzata al Segretario generale. La revoca avrà̀ effetto a decorrere dal primo giorno del mese che segue la data di ricezione della notifica da parte del Segretario generale.

 Art. 6. Relazioni con la Convenzione.

Gli Stati contraenti considerano gli articoli da 1 a 5 del presente Protocollo come articoli addizionali alla Convenzione e tutte le disposizioni della Convenzione si applicheranno di conseguenza.

 Art. 7. Firma e ratifica.

Il presente Protocollo è aperto alla firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa, firmatari della Convenzione. Esso sarà̀ sottoposto a ratifica, accettazione o approvazione. Uno Stato membro del Consiglio d’Europa non potrà̀ ratificare, accettare o approvare il presente Protocollo senza avere simultaneamente o anteriormente ratificato la Convenzione. Gli strumenti di ratifica, d’accettazione o d’approvazione saranno depositati presso il Segretario generale del Consiglio d’Europa.

 Art. 8. Entrata in vigore.

  1. Il presente Protocollo entrerà̀ in vigore il primo giorno del mese che segue la data alla quale cinque Stati membri del Consiglio d’Europa avranno espresso il loro consenso a essere vincolati dal Protocollo conformemente alle disposizioni dell’articolo 7.
  2. Per ogni Stato membro che esprimerà̀ ulteriormente il suo consenso a essere vincolato dal Protocollo, questo entrerà̀ in vigore il primo giorno del mese che segue la data di deposito dello strumento di ratifica, d’accettazione o d’approvazione.

 Art. 9. Funzioni del depositario.

Il Segretario generale del Consiglio d’Europa notificherà̀ agli Stati membri del Consiglio:

(a) ogni firma;

(b) il deposito di ogni strumento di ratifica, d’accettazione o d’approvazione;

(c) ogni data d’entrata in vigore del presente Protocollo conformemente agli articoli 5 e 8;

(d) ogni altro atto, notifica o comunicazione riguardante il presente Protocollo.

In fede di che, i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato il presente Protocollo.

Fatto a Strasburgo il 28 aprile 1983 in francese e in inglese, i due testi facendo ugualmente fede, in un unico esemplare che sarà̀ depositato presso gli archivi del Consiglio d’Europa. Il Segretario generale del Consiglio d’Europa ne trasmetterà̀ copia autenticata a ciascuno degli Stati membri del Consiglio d’Europa.

 

Protocollo addizionale n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali

 Art. 1. Garanzie processuali in caso di espulsione di stranieri.

  1. Uno straniero regolarmente residente sul territorio di uno Stato non può̀ essere espulso, se non in esecuzione di una decisione presa conformemente alla legge e deve poter:

(a) far valere le ragioni che si oppongono alla sua espulsione;

(b) far esaminare il suo caso; e

(c) farsi rappresentare a tali fini davanti all’autorità̀ competente o a una o più persone designate da tale autorità̀.

  1. Uno straniero può̀ essere espulso prima dell’esercizio dei diritti enunciati al paragrafo 1 a, b e c del presente articolo, qualora tale espulsione sia necessaria nell’interesse dell’ordine pubblico o sia motivata da ragioni di sicurezza nazionale.

Art. 2. Diritto di ricorso in materia penale.

  1. Ogni persona dichiarata colpevole da un tribunale ha il diritto di far esaminare la dichiarazione di colpevolezza o la condanna da una giurisdizione superiore. L’esercizio di tale diritto, ivi compresi i motivi per cui esso può̀ essere esercitato, è disciplinato dalla legge.
  2. Tale diritto può̀ essere oggetto di eccezioni per reati minori, quali sono definiti dalla legge, o quando l’interessato è stato giudicato in prima istanza da un tribunale della giurisdizione più elevata o è stato dichiarato colpevole e condannato a seguito di un ricorso avverso il suo proscioglimento.

 Art. 3. Indennizzo per detenzione iniqua.

Qualora una condanna penale definitiva sia successivamente annullata o qualora la grazia sia concessa perché̀ un fatto sopravvenuto o nuove rivelazioni comprovano che vi è stato un errore giudiziario, la persona che ha scontato una pena in seguito a tale condanna sarà risarcita, conformemente alla legge o agli usi in vigore nello Stato interessato, a meno che non sia provato che la mancata rivelazione in tempo utile del fatto non conosciuto le sia interamente o parzialmente imputabile.

 Art. 4. Ne bis in idem.

  1. Nessuno potrà essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un’infrazione per cui è già stato scagionato o condannato a seguito di una sentenza definitiva conforme alla legge ed alla procedura penale di tale Stato.
  2. Le disposizioni di cui al paragrafo precedente non impediranno la riapertura del processo, conformemente alla legge ed alla procedura penale dello Stato interessato, se dei fatti nuovi o degli elementi nuovi o un vizio fondamentale nella procedura antecedente avrebbero potuto condizionare l’esito del caso.
  3. Nessuna deroga a questo articolo può essere autorizzata ai sensi dell’articolo 15 della Convenzione.

 Art. 5. Eguaglianza tra i coniugi.

I coniugi godono dell’uguaglianza di diritti e di responsabilità̀ di carattere civile tra di essi e nelle loro relazioni con i loro figli riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e in caso di suo scioglimento. Il presente articolo non impedisce agli Stati di adottare le misure necessarie nell’interesse dei figli.

 Art. 6. Applicazione territoriale.

  1. Qualsiasi Stato, al momento della firma o al momento del deposito del suo strumento di ratifica, di accettazione o approvazione, può indicare il territorio o i territori cui si applicherà il presente Protocollo e specificare la misura cui si impegna affinché le disposizioni del presente Protocollo trovino applicazione in tale territorio o territori.
  2. Qualsiasi Stato può, in seguito, mediante una dichiarazione indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, estendere l’applicazione del presente Protocollo a qualsiasi altro territorio specificato nella dichiarazione. Per quanto concerne tale territorio il Protocollo entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo alla scadenza di due mesi dalla data di ricezione della dichiarazione da parte del Segretario Generale.
  3. Qualsiasi dichiarazione fatta in virtù dei due paragrafi precedenti potrà essere ritirata o modificata per quel che concerne ogni territorio menzionato in detta dichiarazione, mediante notifica indirizzata al Segretario Generale. Il ritiro o la modifica avrà effetto esecutivo a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di due mesi dopo la data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.
  4. Una dichiarazione resa conformemente al presente articolo sarà considerata come se fosse stata resa conformemente al paragrafo 1 dell’articolo 56 della Convenzione.
  5. Il territorio di qualsiasi Stato cui questo Protocollo si applica in virtù della sua ratifica, della sua accettazione o della sua approvazione da parte dello Stato citato, e ciascuno dei territori cui il Protocollo si applica in virtù di una dichiarazione sottoscritta dal citato Stato conformemente a questo articolo, possono essere considerati territori distinti ai fini del riferimento di cui all’articolo 1 concernente il territorio di uno Stato.
  6. Ogni Stato che ha fatto una dichiarazione conformemente al paragrafo 1 o 2 del presente articolo può, in ogni momento, dichiarare per conto di uno o più territori ai quali la dichiarazione si riferisce che accetta la competenza della Corte a ricevere i ricorsi di persone fisiche, di organizzazioni non governative o di gruppi di individui, come previsto dall’articolo 34 della Convenzione, per quanto concerne gli articoli da 1 a 5 del presente Protocollo.

 Art. 7. Relazioni con la Convenzione.

Gli Stati contraenti considerano gli articoli da 1 a 6 del presente Protocollo come articoli addizionali alla Convenzione e tutte le disposizioni della Convenzione si applicano di conseguenza.

 Art. 8. Firma e ratifica.

Il presente Protocollo è aperto alla firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa che hanno firmato la Convenzione. Esso sarà sottoposto a ratifica, accettazione o approvazione. Uno Stato membro del Consiglio d’Europa non può̀ ratificare, accettare o approvare il presente Protocollo senza aver simultaneamente o anteriormente ratificato la Convenzione. Gli strumenti di ratifica, d’accettazione o d’approvazione saranno depositati presso il Segretario generale del Consiglio d’Europa.

 Art. 9. Entrata in vigore.

  1. Il presente Protocollo entrerà̀ in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di due mesi decorrente dalla data in cui sette Stati membri del Consiglio d’Europa avranno espresso il loro consenso a essere vincolati dal Protocollo conformemente alle disposizioni dell’articolo 8.
  2. Per ogni Stato membro che esprimerà̀ ulteriormente il suo consenso a essere vincolato dal Protocollo, questo entrerà̀ in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di due mesi decorrente dalla data del deposito dello strumento di ratifica, d’accettazione o d’approvazione.

Art. 10. Funzioni del depositario.

Il Segretario generale del Consiglio d’Europa notificherà̀ agli Stati membri del Consiglio d’Europa:

  1. (a) ogni firma;
  2. (b) il deposito di ogni strumento di ratifica, d’accettazione o d’approvazione;
  3. (c) ogni data d’entrata in vigore del presente Protocollo conformemente agli articoli 6 e 9;
  4. (d) ogni altro atto, notifica o dichiarazione riguardante il presente Protocollo.

In fede di che, i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato il presente Protocollo.

Fatto a Strasburgo il 22 novembre 1984 in francese e in inglese, i due testi facendo ugualmente fede, in un unico esemplare che sarà̀ depositato presso gli archivi del Consiglio d’Europa. Il Segretario generale del Consiglio d’Europa ne trasmetterà̀ copia autenticata a ciascuno degli Stati membri del Consiglio d’Europa.

 

Protocollo addizionale n. 12 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali

 Art. 1. Divieto generale di discriminazione.

  1. Il godimento di ogni diritto previsto dalla legge deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l‘origine nazionale o sociale, l‘appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione.
  2. Nessuno potrà̀ essere oggetto di discriminazione da parte di una qualsivoglia autorità̀ pubblica per i motivi menzionati al paragrafo 1.

 Art. 2. Applicazione territoriale.

  1. Ogni Stato, al momento della firma o del deposito del proprio strumento di ratifica, accettazione o approvazione, può̀ specificare il territorio o i territori ai quali si applicherà̀ il presente Protocollo.
  2. Ogni Stato, in ogni altro momento successivo, può estendere l’applicazione del presente Protocollo, mediante una dichiarazione indirizzata al Segretario generale del Consiglio d’Europa, a qualsiasi altro territorio specificato nella dichiarazione. Rispetto a tale territorio, il Protocollo entrerà̀ in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data di ricezione della dichiarazione da parte del Segretario generale.
  3. Qualsiasi dichiarazione resa in virtù̀ dei due paragrafi precedenti potrà̀ essere ritirata o modificata rispetto a ogni territorio specificato in detta dichiarazione, mediante notifica indirizzata al Segretario generale del Consiglio d’Europa. Il ritiro o la modifica avrà̀ effetto a decorrere dal primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data di ricezione della notifica da parte del Segretario generale.
  4. Una dichiarazione resa conformemente al presente articolo sarà̀ considerata presentata in conformità̀ al paragrafo 1 dell’articolo 56 della Convenzione.
  5. Ogni Stato che ha reso una dichiarazione conformemente ai paragrafi 1 e 2 di questo articolo può̀, in ogni momento successivo, dichiarare relativamente a uno o a più̀ territori previsti in tale dichiarazione che accetta la competenza della Corte a ricevere ricorsi di persone fisiche, di organizzazioni non governative o di gruppi di privati conformemente all‘articolo 34 della Convenzione, in virtù̀ dell’articolo 1 del presente Protocollo.

 Art. 3. Relazioni con la Convenzione.

Gli Stati Parte considereranno gli articoli 1 e 2 del presente Protocollo come articoli aggiuntivi alla Convenzione e tutte le disposizioni della Convenzione si applicheranno di conseguenza.

 Art. 4. Firma e ratifica.

Il presente Protocollo è aperto alla firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa firmatari della Convenzione. Esso sarà̀ sottoposto a ratifica, accettazione o approvazione. Uno Stato membro del Consiglio d’Europa non potrà̀ ratificare, accettare o approvare il presente Protocollo senza aver contemporaneamente o anteriormente ratificato la Convenzione. Gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione saranno depositati presso il Segretario generale del Consiglio d’Europa.

 Art. 5. Entrata in vigore.

  1. Il presente Protocollo entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data in cui dieci Stati membri del Consiglio d’Europa avranno espresso il loro consenso a essere vincolati dal presente Protocollo conformemente alle disposizioni dell’articolo 4.
  2. Per ogni Stato membro che esprimerà̀ successivamente il proprio consenso a essere vincolato dal presente Protocollo, esso entrerà̀ in vigore a decorrere dal primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data del deposito dello strumento di ratifica, accettazione o approvazione.

 Art. 6. Funzioni del depositario.

Il Segretario generale del Consiglio d’Europa notificherà̀ a tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa:

(a) ogni firma;

(b) il deposito di ogni strumento di ratifica, accettazione o approvazione;

(c) ogni data di entrata in vigore del presente Protocollo conformemente agli articoli 2 e 5;

(d) ogni altro atto, notifica o comunicazione relativi al presente Protocollo.

Fatto a Roma, il 4 novembre 2000, in francese e in inglese, i due testi facenti ugualmente fede, in un unico esemplare che sarà̀ depositato negli archivi del Consiglio d’Europa. Il Segretario generale del Consiglio d’Europa ne trasmetterà̀ copia certificata conforme a ciascuno degli Stati membri del Consiglio d’Europa.

 

Protocollo addizionale n. 13 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, relativo all’abolizione della pena di morte in tutte le circostanze

 Art. 1. Abolizione della pena di morte.

La pena di morte è abolita. Nessuno può̀ essere condannato a tale pena, né può̀ essere giustiziato.

 Art. 2. Divieto di deroga.

Non è ammessa alcuna deroga alle disposizioni del presente Protocollo in virtù̀ dell’articolo 15 della Convenzione.

 Art. 3. Divieto di riserva.

Non è ammessa alcuna riserva alle disposizioni del presente Protocollo in virtù dell’articolo 57 della Convenzione.

 Art. 4. Applicazione territoriale.

  1. Qualsiasi Stato può̀, al momento della firma o del deposito del suo strumento di ratifica, accettazione o approvazione, specificare il territorio o i territori ai quali si applicherà̀ il presente Protocollo.
  2. Qualsiasi Stato può̀, in ogni altro momento successivo, mediante una dichiarazione indirizzata al Segretario generale del Consiglio d’Europa, estendere l’applicazione del presente Protocollo a qualsiasi altro territorio specificato nella dichiarazione. Il Protocollo entrerà̀ in vigore nei confronti di tale territorio il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data di ricezione della dichiarazione da parte del Segretario generale.
  3. Qualsiasi dichiarazione resa in virtù̀ dei due paragrafi precedenti potrà̀ essere ritirata o modificata relativamente a qualsiasi territorio specificato in questa dichiarazione mediante notifica indirizzata al Segretario generale. Il ritiro o la modifica avrà̀ effetto a decorrere dal primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data di ricezione della notifica da parte del Segretario generale.

 Art. 5. Relazioni con la Convenzione.

Gli Stati contraenti considereranno gli articoli da 1 a 4 del presente Protocollo come articoli aggiuntivi alla Convenzione, e tutte le disposizioni della Convenzione si applicheranno di conseguenza.

 Art. 6. Firma e ratifica.

Il presente Protocollo è aperto alla firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa che hanno firmato la Convenzione. È soggetto a ratifica, accettazione o approvazione. Uno Stato membro del Consiglio d’Europa non può̀ ratificare, accettare o approvare il presente Protocollo senza avere ratificato contemporaneamente o precedentemente la Convenzione. Gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione verranno depositati presso il Segretario generale del Consiglio d’Europa.

 Art. 7. Entrata in vigore.

  1. Il presente Protocollo entrerà̀ in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data in cui dieci Stati membri del Consiglio d’Europa avranno

espresso il loro consenso a essere vincolati dal presente Protocollo conformemente alle disposizioni del suo articolo 6.

  1. Per qualsiasi Stato membro che esprimerà̀ successivamente il proprio consenso a essere vincolato dal presente Protocollo, questo entrerà̀ in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dalla data di deposito dello strumento di ratifica, accettazione o approvazione.

 Art. 8. Funzioni del depositario.

Il Segretario generale del Consiglio d’Europa notificherà̀ a tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa:

(a) qualsiasi firma;

(b) il deposito di qualsiasi strumento di ratifica, accettazione o approvazione;

(c) qualsiasi data di entrata in vigore del presente Protocollo conformemente ai suoi articoli 4 e 7;

(d) qualsiasi altro atto, notifica o comunicazione relativi al presente Protocollo.

In fede di che, i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato il presente Protocollo.

 

 Protocollo addizionale n. 16 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

 Art. 1.

  1. Le corti e i tribunali supremi di un’Alta Parte contraente, così come specificato in conformità̀ all’articolo 10, possono richiedere alla Corte di fornire pareri consultivi riguardanti questioni di principio relative all’interpretazione o applicazione dei diritti e delle libertà definiti nella Convenzione o nei suoi protocolli.
  2. La corte o il tribunale richiedente può̀ richiedere un parere consultivo soltanto nell’ambito di un giudizio pendente dinanzi a tale corte o tribunale.
  3. La corte o il tribunale richiedente deve fornire una motivazione ragionata della richiesta, nonché́ esporre il contesto di fatto e di diritto della causa pendente.

 Art. 2.

  1. Un collegio di cinque giudici della Grande Sezione decide se accettare la richiesta di parere consultivo in conformità̀ all’articolo 1. Il collegio deve motivare l’eventuale mancata accettazione di una richiesta.
  2. Se il collegio accetta la richiesta, la Grande Sezione formula il parere consultivo.
  3. Il collegio e la Grande Sezione di cui ai precedenti paragrafi comprendono, d’ufficio, il giudice eletto in relazione all’Alta Parte contraente a cui appartiene la corte o il tribunale richiedente. In caso di assenza di tale giudice, o se egli non è in grado di svolgere la sua funzione, siede in qualità̀ di giudice una persona scelta dal Presidente della Corte su una lista presentata previamente da quella Parte.

 Art. 3.

Il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa e l’Alta Parte contraente a cui appartiene la corte o il tribunale richiedente hanno il diritto di presentare osservazioni per iscritto e di partecipare alle udienze. Nell’interesse di una corretta amministrazione della giustizia, il Presidente della Corte può̀ invitare anche ogni altra Alta Parte contraente o persona a presentare osservazioni per iscritto o a partecipare alle udienze.

 Art. 4.

  1. Devono essere fornite delle motivazioni per i pareri consultivi.
  2. Se il parere consultivo non rappresenta, interamente o in parte, l’opinione unanime dei giudici, qualsiasi giudice ha il diritto di esprimere un parere separato.
  3. I pareri consultivi sono comunicati alla corte o al tribunale richiedente e all’Alta Parte contraente a cui appartiene la corte o il tribunale.
  4. I pareri consultivi sono pubblicati.

 Art. 5.

I pareri consultivi non sono vincolanti.

 Art. 6.

Le Alte Parti contraenti considereranno le disposizioni degli articoli 1-5 del presente Protocollo come articoli aggiuntivi alla Convenzione, e tutte le disposizioni della Convenzione si applicheranno di conseguenza.

 Art. 7.

  1. Il presente Protocollo è aperto alla firma delle Alte Parti contraenti della Convenzione, che possono esprimere il loro consenso a esservi vincolate:

(a) con firma senza riserva di ratifica, accettazione o approvazione; o

(b) con firma soggetta a ratifica, accettazione o approvazione, seguita da ratifica, accettazione o approvazione;

  1. Gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione saranno depositati presso il Segretario Generale del Consiglio d’Europa.

 Art. 8.

  1. Il presente Protocollo entrerà̀ in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi a decorrere dalla data alla quale dieci Alte Parti contraenti della Convenzione avranno espresso il proprio consenso a essere vincolate dal Protocollo, conformemente alle disposizioni dell’articolo 7.
  2. Per ogni Alta Parte contraente della Convenzione che esprime successivamente il proprio consenso ad essere vincolata dal presente Protocollo, questo entrerà̀ in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi a decorrere dalla data in cui è stato espresso il consenso ad essere vincolata dal Protocollo conformemente alle disposizioni dell’articolo 7.

 Art. 9.

Non è ammessa alcuna riserva alle disposizioni del presente Protocollo in virtù̀ dell’articolo 57 della Convenzione.

 Art. 10.

Al momento della firma o al deposito del proprio strumento di ratifica, accettazione, approvazione, mediante una dichiarazione indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, ogni Alta Parte contraente della Convenzione indica le corti o i tribunali designati ai fini dell’articolo 1, paragrafo 1, del presente Protocollo. Tale dichiarazione può̀ essere modificata in qualsiasi data successiva e nello stesso modo.

 Art. 11.

Il Segretario Generale del Consiglio d’Europa notificherà̀ agli Stati membri del Consiglio d’Europa e alle altre Alte Parti contraenti della Convenzione:

  1. (a) qualsiasi firma;
  2. (b) il deposito di qualsiasi strumento di ratifica, accettazione o approvazione;
  3. (c) qualsiasi data di entrata in vigore del presente Protocollo in conformità̀ all’articolo 8;
  4. (d) qualsiasi dichiarazione resa conformemente all’articolo 10; e
  5. (e) qualsiasi altro atto, notifica o comunicazione relative al presente Protocollo.

In fede di che, i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato il presente Protocollo.

Fatto a Strasburgo, il 2 ottobre 2013, in francese e in inglese, i due testi facenti ugualmente fede, in un unico esemplare che verrà̀ depositato negli archivi del Consiglio d’Europa. Il Segretario Generale del Consiglio d’Europa ne invierà̀ una copia certificata conforme a ciascuno Stato Membro del Consiglio d’Europa e alle altre Alte Parti contraenti della Convenzione.

 

 

Decreto legislativo 30/07/1999, n. 300

Riforma dell’organizzazione del Governo

Artt. 1-3.

(omissis)

Art. 4. Disposizioni sull’organizzazione.

  1. L’organizzazione, la dotazione organica, l’individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale ed il loro numero, le relative funzioni e la distribuzione dei posti di funzione dirigenziale, l’individuazione dei dipartimenti, nei casi e nei limiti fissati dalle disposizioni del presente decreto legislativo, e la definizione dei rispettivi compiti sono stabiliti con regolamenti o con decreti del ministro emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 4 bis, della legge 23 agosto 1988, n.400. Si applica l’articolo 19 della legge 15 marzo 1997, n. 59. I regolamenti prevedono la soppressione dei ruoli esistenti e restituzione di un ruolo unico del personale non dirigenziale di ciascun ministero, articolato in aree dipartimentali e per direzioni generali. Fino all’istituzione del ruolo unico del personale non dirigenziale di ciascun ministero, i regolamenti assicurano forme ordinarie di mobilità tra i diversi dipartimenti e le diverse direzioni generali, nel rispetto dei requisiti di professionalità richiesti per l’esercizio delle relative funzioni, ferme restando le normative contrattuali in materia. La nuova organizzazione e la dotazione organica del personale non devono comunque comportare incrementi di spesa.
  2. I ministeri che si avvalgono di propri sistemi informativi automatizzati sono tenuti ad assicurarne l’interconnessione con i sistemi informativi  automatizzati  delle altre amministrazioni centrali e locali per il tramite della rete unitaria delle pubbliche amministrazioni.
  3. Il regolamento di cui al precedente comma 1 si attiene, inoltre, ai criteri fissati dall’articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e dall’articolo 2 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni e integrazioni.
  4. All’individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale di ciascun ministero e alla definizione dei relativi compiti, nonché la distribuzione dei predetti uffici tra le strutture di livello dirigenziale  generale,  si  provvede con decreto ministeriale di natura non regolamentare.

4-bis. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche in deroga  alla  eventuale  distribuzione degli uffici di livello dirigenziale non generale stabilita nel regolamento di organizzazione del singolo Ministero.

  1. Con le medesime modalità di cui al precedente comma 1 si procede alla revisione periodica dell’organizzazione ministeriale, con cadenza almeno biennale.
  2. I regolamenti di cui al comma 1 raccolgono tutte le disposizioni normative relative a ciascun ministero. Le restanti norme vigenti sono abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti medesimi.

Art. 5. I dipartimenti.

  1. I dipartimenti sono costituiti per assicurare l’esercizio organico ed integrato delle funzioni del ministero. Ai dipartimenti sono attribuiti compiti finali concernenti grandi aree di materie omogenee e i relativi compiti strumentali ivi compresi quelli di indirizzo e coordinamento delle unità di gestione in cui si articolano i dipartimenti stessi, quelli di organizzazione e quelli di gestione delle risorse strumentali, finanziarie ed umane ad essi attribuite.
  2. L’incarico di capo del dipartimento viene conferito in conformità alle disposizioni, di cui all’articolo 19 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni.
  3. Il capo del dipartimento svolge compiti di coordinamento, direzione e controllo degli uffici di livello dirigenziale generale compresi nel dipartimento stesso, al fine di assicurare la continuità delle funzioni dell’amministrazione ed è responsabile dei risultati complessivamente raggiunti dagli uffici da esso dipendenti, in attuazione degli indirizzi del ministro.
  4. Dal capo del dipartimento dipendono funzionalmente gli uffici di livello dirigenziale generale compresi nel dipartimento stesso.
  5. Nell’esercizio dei poteri di cui ai precedenti commi 3 e 4, in particolare, il capo del dipartimento:
  6. a) determina i programmi per dare attuazione agli indirizzi del ministro;
  7. b) alloca le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili per l’attuazione dei programmi secondo princìpi di economicità, efficacia ed efficienza, nonché di rispondenza del servizio al pubblico interesse;
  8. c) svolge funzioni di propulsione, di coordinamento, di controllo e di vigilanza nei confronti degli uffici del dipartimento;
  9. d) promuove e mantiene relazioni con gli organi competenti dell’Unione europea per la trattazione di questioni e problemi attinenti al proprio dipartimento;
  10. e) adotta gli atti per l’utilizzazione ottimale del personale secondo criteri di efficienza, disponendo gli opportuni trasferimenti di personale all’interno del dipartimento;
  11. f) è sentito dal ministro ai fini dell’esercizio del potere di proposta per il conferimento degli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale generale, ai sensi dell’articolo 19, comma 4, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;
  12. g) può proporre al ministro l’adozione dei provvedimenti di revoca degli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale generale, ai sensi dell’articolo 19, comma 7, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e, comunque, viene sentito nel relativo procedimento;
  13. h) è sentito dal ministro per l’esercizio delle attribuzioni a questi conferite dall’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
  14. Con le modalità di cui all’articolo 16, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, possono essere definiti ulteriori compiti del capo del dipartimento.

Artt. 6-10.

(omissis)

TITOLO III
L’AMMINISTRAZIONE PERIFERICA


Art. 11. Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo.

  1. La Prefettura assume la denominazione di Prefettura-Ufficio territoriale del Governo.
  2. La Prefettura-Ufficio territoriale del Governo, ferme restando le proprie funzioni, assicura l’esercizio coordinato dell’attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato e garantisce la leale collaborazione di detti uffici con gli enti locali. Sono in ogni caso fatte salve le competenze spettanti alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome.
  3. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 10 della legge 5 giugno 2003, n. 131 , ai fini di cui al comma 2, il Prefetto, titolare della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo, è coadiuvato da una conferenza provinciale permanente, dallo stesso presieduta e composta dai responsabili di tutte le strutture amministrative periferiche dello Stato che svolgono la loro attività nella provincia nonché da rappresentanti degli enti locali. Il Prefetto titolare della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo nel capoluogo della regione è altresì coadiuvato da una conferenza permanente composta dai rappresentanti delle strutture periferiche regionali dello Stato, alla quale possono essere invitati i rappresentanti della regione.
  4. Nell’esercizio delle funzioni di coordinamento previste dai commi 2 e 3 il Prefetto, sia in sede di conferenza provinciale sia con interventi diretti, può richiedere ai responsabili delle strutture amministrative periferiche dello Stato l’adozione di provvedimenti volti ad evitare un grave pregiudizio alla qualità dei servizi resi alla cittadinanza anche ai fini del rispetto della leale collaborazione con le autonomie territoriali. Nel caso in cui non vengano assunte nel termine indicato le necessarie iniziative, il Prefetto, previo assenso del Ministro competente per materia, può provvedere direttamente, informandone preventivamente il Presidente del Consiglio dei Ministri.
  5. Il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri, nell’esercizio del potere di indirizzo politico-amministrativo, emanano, ove occorra, apposite direttive ai Prefetti.
  6. Con regolamento da emanarsi ai sensi dell’ articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400 , si provvede ad adottare le disposizioni per l’attuazione del presente articolo e per l’adeguamento della normativa regolamentare vigente.

 Artt. 12-13.

(omissis)

CAPO II
IL MINISTERO DELL’INTERNO

 

Art. 14. Attribuzioni.

  1. Al Ministero dell’interno sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di: garanzia della regolare costituzione e del funzionamento degli organi degli enti locali e funzioni statali esercitate dagli enti locali, tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, difesa civile, politiche di protezione civile e prevenzione incendi, salve le specifiche competenze in materia del Presidente del Consiglio dei Ministri, tutela dei diritti civili, cittadinanza, immigrazione, asilo e soccorso pubblico (1).
  2. Il ministero svolge in particolare le funzioni e i compiti di spettanza statale nelle seguenti aree funzionali:
  3. a) garanzia della regolare costituzione degli organi elettivi degli enti locali e del loro funzionamento, finanza locale, servizi elettorali, vigilanza sullo stato civile e sull’anagrafe e attività di collaborazione con gli enti locali;
  4. b) tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e coordinamento delle forze di polizia;
  5. c) amministrazione generale e supporto dei compiti di rappresentanza generale di governo sul territorio;
  6. d) tutela dei diritti civili, ivi compresi quelli delle confessioni religiose, di cittadinanza, immigrazione e asilo;

d-bis) organizzazione e funzionamento delle strutture centrali e periferiche dell’amministrazione, con particolare riguardo alle politiche del personale dell’amministrazione civile e alla promozione e sviluppo delle relative attività formative nonché alla gestione delle risorse strumentali e finanziarie del ministero (2).

  1. Il ministero svolge attraverso il corpo nazionale dei vigili del fuoco anche gli altri compiti ad esso assegnato dalla normativa vigente (3).
  2. Restano ferme le disposizioni della legge 1° aprile 1981, n. 121.

(1) Co. sostituito dall’art. 1 del D.L. 7.09.2001, n. 343, convertito dalla legge 9 novembre 2001, n. 401.

(2) Lett. aggiunta ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. 30 ottobre 2003, n. 317.

(3) Co. modificato dall’art. 1 del D.L. 7.09.2001, n. 343, convertito dalla legge 9 novembre 2001, n. 401.

 Art. 15. Ordinamento.

  1. Il ministero si articola in dipartimenti, disciplinati ai sensi degli articoli 4 e 5 del presente decreto.

Il numero dei dipartimenti non può essere superiore a cinque (1).

  1. L’organizzazione periferica del ministero è costituita dagli Uffici territoriali del governo di cui all’articolo 11, anche con compiti di rappresentanza generale del governo sul territorio, dalle Questure e dalle strutture periferiche del corpo nazionale dei vigili del fuoco.

(1) Co. modificato dall’art. 2 del D.Lgs. 30 ottobre 2003, n. 317.

 

Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286
Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche.

CAPO I
DISPOSIZIONI DI CARATTERE GENERALE

Art. 1. Princìpi generali del controllo interno.

  1. Le pubbliche amministrazioni, nell’ambito della rispettiva autonomia, si dotano di strumenti adeguati a:
  2. a) garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa (controllo di regolarità amministrativa e contabile);
  3. b) verificare l’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati (controllo di gestione);
  4. c) valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale (valutazione della dirigenza);
  5. d) valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti (valutazione e controllo strategico).
  6. La progettazione d’insieme dei controlli interni rispetta i seguenti princìpi generali, obbligatori per i Ministeri, applicabili dalle regioni nell’ambito della propria autonomia organizzativa e legislativa e derogabili da parte di altre amministrazioni pubbliche, fermo restando il principio di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, di qui in poi denominato “decreto n. 29”:
  7. a) l’attività di valutazione e controllo strategico supporta l’attività di programmazione strategica e di indirizzo politico-amministrativo di cui agli articoli 3, comma 1, lettere b) e c), e 14 del decreto n. 29. Essa è pertanto svolta da strutture che rispondono direttamente agli organi di indirizzo politico-amministrativo. (1);
  8. b) il controllo di gestione e l’attività di valutazione dei dirigenti, fermo restando quanto previsto alla lettera a), sono svolte da strutture e soggetti che rispondono ai dirigenti posti al vertice dell’unità organizzativa interessata;
  9. c) l’attività di valutazione dei dirigenti utilizza anche i risultati del controllo di gestione, ma è svolta da strutture o soggetti diverse da quelle cui è demandato il controllo di gestione medesimo;
  10. d) le funzioni di cui alle precedenti lettere sono esercitate in modo integrato;
  11. e) è fatto divieto di affidare verifiche di regolarità amministrativa e contabile a strutture addette al controllo di gestione, alla valutazione dei dirigenti, al controllo strategico.
  12. Gli enti locali e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura possono adeguare le normative regolamentari alle disposizioni del presente decreto, nel rispetto dei propri ordinamenti generali e delle norme concernenti l’ordinamento finanziario e contabile.
  13. Il presente decreto non si applica alla valutazione dell’attività didattica e di ricerca dei professori e ricercatori delle università, all’attività didattica del personale della scuola, all’attività di ricerca dei ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca.
  14. Ai sensi degli articoli 13, comma 1, e 24, comma 6, ultimo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, le disposizioni relative all’accesso ai documenti amministrativi non si applicano alle attività di valutazione e controllo strategico. Resta fermo il diritto all’accesso dei dirigenti di cui all’articolo 5, comma 3, ultimo periodo.

[ 6. Gli addetti alle strutture che effettuano il controllo di gestione, la valutazione dei dirigenti e il controllo strategico riferiscono sui risultati dell’attività svolta esclusivamente agli organi di vertice dell’amministrazione, ai soggetti, agli organi di indirizzo politico-amministrativo individuati dagli articoli seguenti, a fini di ottimizzazione della funzione amministrativa. In ordine ai fatti così segnalati, e la cui conoscenza consegua dall’esercizio delle relative funzioni di controllo o valutazione, non si configura l’obbligo di denuncia al quale si riferisce l’articolo 1, comma 3, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.] (2)

(1) Lett. modificata dall’art. 30, co. 4, lett. a), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(2) Co. abrogato dall’art. 30, co. 4, lett. b), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

Art. 2 . Il controllo interno di regolarità amministrativa e contabile.

  1. Ai controlli di regolarità amministrativa e contabile provvedono gli organi appositamente previsti dalle disposizioni vigenti nei diversi comparti della pubblica amministrazione, e, in particolare, gli organi di revisione, ovvero gli uffici di ragioneria, nonché i servizi ispettivi, ivi compresi quelli di cui all’articolo 1, comma 62, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e, nell’ambito delle competenze stabilite dalla vigente legislazione, i servizi ispettivi di finanza della Ragioneria generale dello Stato e quelli con competenze di carattere generale.

[2. Le verifiche di regolarità amministrativa e contabile devono rispettare, in quanto applicabili alla pubblica amministrazione, i princìpi generali della revisione aziendale asseverati dagli ordini e collegi professionali operanti nel settore.] (1)

  1. Il controllo di regolarità amministrativa e contabile non comprende verifiche da effettuarsi in via preventiva se non nei casi espressamente previsti dalla legge e fatto salvo, in ogni caso, il principio secondo cui le definitive determinazioni in ordine all’efficacia dell’atto sono adottate dall’organo amministrativo responsabile.

[4. I membri dei collegi di revisione degli enti pubblici sono in proporzione almeno maggioritaria nominati tra gli iscritti all’albo dei revisori contabili. Le amministrazioni pubbliche, ove occorra, ricorrono a soggetti esterni specializzati nella certificazione dei bilanci.] (2)

(1) Co. abrogato dall’art. 29, co. 1, lett. d), del D.Lgs. 30 giugno 2011, n. 123.

(2) Co. abrogato dall’art. 29, co. 1, lett. d), del D.Lgs. 30 giugno 2011, n. 123.

Art. 3. Disposizioni sui controlli esterni di regolarità amministrativa e contabile.

  1. é abrogato l’art. 8 della legge 21 marzo 1958, n. 259 (1).
  2. Al fine anche di adeguare l’organizzazione delle strutture di controllo della Corte dei conti al sistema dei controlli interni disciplinato dalle disposizioni del presente decreto, il numero, la composizione e la sede degli organi della Corte dei conti adibiti a compiti di controllo preventivo su atti o successivo su pubbliche gestioni e degli organi di supporto sono determinati dalla Corte stessa, anche in deroga a previgenti disposizioni di legge, fermo restando, per le assunzioni di personale, quanto previsto dall’articolo 39, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, nell’esercizio dei poteri di autonomia finanziaria, organizzativa e contabile ad essa conferiti dall’articolo 4 della legge 14 gennaio 1994, n. 20.

(1) La Corte costituzionale, con sentenza 17 maggio 2001, n. 139, ha dichiarato che non spetta al Governo adottare il presente comma e per conseguenza lo ha annullato.

Art. 4. Controllo di gestione.

  1. Ai fini del controllo di gestione, ciascuna amministrazione pubblica definisce:
  2. a) l’unità o le unità responsabili della progettazione e della gestione del controllo di gestione;
  3. b) le unità organizzative a livello delle quali si intende misurare l’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa;
  4. c) le procedure di determinazione degli obiettivi gestionali e dei soggetti responsabili;
  5. d) l’insieme dei prodotti e delle finalità dell’azione amministrativa, con riferimento all’intera amministrazione o a singole unità organizzative;
  6. e) le modalità di rilevazione e ripartizione dei costi tra le unità organizzative e di individuazione degli obiettivi per cui i costi sono sostenuti;
  7. f) gli indicatori specifici per misurare efficacia, efficienza ed economicità;
  8. g) la frequenza di rilevazione delle informazioni.
  9. Nelle amministrazioni dello Stato, il sistema dei controlli di gestione supporta la funzione dirigenziale di cui all’articolo 16, comma 1, del decreto n. 29. Le amministrazioni medesime stabiliscono le modalità operative per l’attuazione del controllo di gestione entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente decreto, dandone comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con propria direttiva, periodicamente aggiornabile, stabilisce in maniera tendenzialmente omogenea i requisiti minimi cui deve ottemperare il sistema dei controlli di gestione.
  10. Nelle amministrazioni regionali, la legge quadro di contabilità contribuisce a delineare l’insieme degli strumenti operativi per le attività di pianificazione e controllo.

Art. 5. La valutazione del personale con incarico dirigenziale.

(abrogato)

Art. 6. La valutazione e il controllo strategico.

  1. L’attività di valutazione e controllo strategico mira a verificare, in funzione dell’esercizio dei poteri di indirizzo da parte dei competenti organi, l’effettiva attuazione delle scelte contenute nelle direttive ed altri atti di indirizzo politico. L’attività stessa consiste nell’analisi, preventiva e successiva, della congruenza e/o degli eventuali scostamenti tra le missioni affidate dalle norme, gli obiettivi operativi prescelti, le scelte operative effettuate e le risorse umane, finanziarie e materiali assegnate, nonché nella identificazione degli eventuali fattori ostativi, delle eventuali responsabilità per la mancata o parziale attuazione, dei possibili rimedi.

[2. Gli uffici ed i soggetti preposti all’attività di valutazione e controllo strategico riferiscono in via riservata agli organi di indirizzo politico, con le relazioni di cui al comma 3, sulle risultanze delle analisi effettuate. Essi di norma supportano l’organo di indirizzo politico anche per la valutazione dei dirigenti che rispondono direttamente all’organo medesimo per il conseguimento degli obiettivi da questo assegnatigli.] (1)

[ 3. Nelle amministrazioni dello Stato, i compiti di cui ai commi 1 e 2 sono affidati ad apposito ufficio, operante nell’ambito delle strutture di cui all’articolo 14, comma 2, del decreto n. 29, denominato servizio di controllo interno e dotato di adeguata autonomia operativa. La direzione dell’ufficio può essere dal Ministro affidata ad un organo monocratico o composto da tre componenti. In caso di previsione di un organo con tre componenti viene nominato un presidente, ferma restando la possibilità di ricorrere, anche per la direzione stessa, ad esperti estranei alla pubblica amministrazione, ai sensi del predetto articolo 14, comma 2, del decreto n. 29. I servizi di controllo interno operano in collegamento con gli uffici di statistica istituiti ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322. Essi redigono almeno annualmente una relazione sui risultati delle analisi effettuate, con proposte di miglioramento della funzionalità delle amministrazioni. Possono svolgere, anche su richiesta del Ministro, analisi su politiche e programmi specifici dell’amministrazione di appartenenza e fornire indicazioni e proposte sulla sistematica generale dei controlli interni nell’amministrazione.] (2)

(1) Co. abrogato dall’art. 30, co. 4, lettera d), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

(2) Co. modificato dall’art.31, co. 1, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 e poi abrogato dall’art. 30, co. 4, lettera d), del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

CAPO II
STRUMENTI DEL CONTROLLO INTERNO

Art. 7. Compiti della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
(abrogato)

Art. 8. Direttiva annuale del Ministro.

  1. La direttiva annuale del Ministro di cui all’articolo 14, del decreto n. 29, costituisce il documento base per la programmazione e la definizione degli obiettivi delle unità dirigenziali di primo livello. In coerenza ad eventuali indirizzi del Presidente del Consiglio dei Ministri, e nel quadro degli obiettivi generali di parità e pari opportunità previsti dalla legge, la direttiva identifica i principali risultati da realizzare, in relazione anche agli indicatori stabiliti dalla documentazione di bilancio per centri di responsabilità e per funzioni-obiettivo, e determina, in relazione alle risorse assegnate, gli obiettivi di miglioramento, eventualmente indicando progetti speciali e scadenze intermedie. La direttiva, avvalendosi del supporto dei servizi di controllo interno di cui all’articolo 6, definisce altresì i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e valutazione dell’attuazione.
  2. Il personale che svolge incarichi dirigenziali ai sensi dell’articolo 19, commi 3 e 4, del decreto n. 29, eventualmente costituito in conferenza permanente, fornisce elementi per l’elaborazione della direttiva annuale.

Art. 9. Sistemi informativi.

  1. Ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), della legge 15 marzo 1997, n. 59, il sistema di controllo di gestione e il sistema di valutazione e controllo strategico delle amministrazioni statali si avvalgono di un sistema informativo-statistico unitario, idoneo alla rilevazione di grandezze quantitative a carattere economico-finanziario. La struttura del sistema informativo statistico basata su una banca dati delle informazioni rilevanti ai fini del controllo, ivi comprese quelle di cui agli articoli 63 e 64 del decreto n. 29, e sulla predisposizione periodica di una serie di prospetti numerici e grafici (sintesi statistiche) di corredo alle analisi periodiche elaborate dalle singole amministrazioni. Il sistema informativo-statistico è organizzato in modo da costituire una struttura di servizio per tutte le articolazioni organizzative del Ministero.
  2. I sistemi automatizzati e le procedure manuali rilevanti ai fini del sistema di controllo, qualora disponibili, sono i seguenti:
  3. a) sistemi e procedure relativi alla rendicontazione contabile della singola amministrazione;
  4. b) sistemi e procedure relativi alla gestione del personale (di tipo economico, finanziario e di attività – presenze, assenze, attribuzione a centro di disponibilità);
  5. c) sistemi e procedure relativi al fabbisogno ed al dimensionamento del personale;
  6. d) sistemi e procedure relativi alla rilevazione delle attività svolte per la realizzazione degli scopi istituzionali (erogazione prodotti/servizi, sviluppo procedure amministrative) e dei relativi effetti;
  7. e) sistemi e procedure relativi alla analisi delle spese di funzionamento (personale, beni e servizi) dell’amministrazione;
  8. f) sistemi e procedure di contabilità analitica.

Artt. 10-11.

(omissis)

 

D.L. 28 settembre 2018 n.109, convertito in Legge 16 novembre 2018, n. 130
Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze

 

CAPO I
Interventi urgenti per il sostegno e la ripresa economica del territorio del Comune di Genova

Art. 1. Commissario straordinario per la ricostruzione

  1. In conseguenza del crollo di un tratto del viadotto Polcevera dell’autostrada A10, nel Comune di Genova, noto come ponte Morandi, avvenuto il 14 agosto 2018, di seguito «evento», al fine di garantire, in via d’urgenza, le attività per la demolizione, la rimozione, lo smaltimento e il conferimento in discarica dei materiali di risulta, nonché’ per la progettazione, l’affidamento e la ricostruzione dell’infrastruttura e il ripristino del connesso sistema viario, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto e sentito il Presidente della Regione Liguria, è nominato un Commissario straordinario per la ricostruzione, di seguito nel presente capo: “Commissario straordinario”. La durata dell’incarico del Commissario straordinario e’ di dodici mesi e può essere prorogata o rinnovata per non oltre un triennio dalla prima nomina.
  2. Al Commissario straordinario è attribuito un compenso, determinato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, in misura non superiore a quella indicata all’articolo 15, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Per l’esercizio dei compiti assegnati, il Commissario straordinario si avvale di una struttura di supporto posta alle sue dirette dipendenze, costituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e composta da un contingente massimo di personale pari a venti unità, di cui una unità di livello dirigenziale generale, fino ad un massimo di cinque unità di livello dirigenziale non generale e la restante quota di unità di personale non dirigenziale, dipendenti di pubbliche amministrazioni centrali e degli enti territoriali, previa intesa con questi ultimi, in possesso delle competenze e dei requisiti di professionalità richiesti dal Commissario straordinario per l’espletamento delle proprie funzioni, con esclusione del personale docente educativo e amministrativo tecnico ausiliario delle istituzioni scolastiche. Detto personale è posto, ai sensi dell’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, in posizione di comando, distacco o fuori ruolo o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti, conservando lo stato giuridico e il trattamento economico fondamentale dell’amministrazione di appartenenza, che resta a carico della medesima. Al personale non dirigenziale della struttura è riconosciuto il trattamento economico accessorio, ivi compresa l’indennità di amministrazione, del personale non dirigenziale del comparto della Presidenza del Consiglio dei ministri. Al dirigente di livello dirigenziale generale sono riconosciute la retribuzione di posizione in misura equivalente a quella massima attribuita ai coordinatori di uffici interni ai Dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché’ un’indennità sostitutiva della retribuzione di risultato, determinata con provvedimento del Commissario straordinario, di importo non superiore al 50 per cento della retribuzione di posizione. Ai dirigenti di livello dirigenziale non generale della struttura sono riconosciute la retribuzione di posizione in misura equivalente ai valori economici massimi attribuiti ai dirigenti di livello non generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché’ un’indennità sostitutiva della retribuzione di risultato, determinata con provvedimento del Commissario straordinario, di importo non superiore al 50 per cento della retribuzione di posizione. Gli oneri relativi al trattamento economico accessorio sono a carico esclusivo della contabilità speciale intestata al Commissario straordinario. Nell’ambito del menzionato contingente di personale non dirigenziale possono essere anche nominati fino ad un massimo di cinque esperti o consulenti, scelti anche tra soggetti estranei alla pubblica amministrazione e anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e dall’articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, il cui compenso è definito con provvedimento del Commissario straordinario. La struttura cessa alla scadenza dell’incarico del Commissario straordinario. Agli oneri di cui al presente comma e di cui al comma 4 provvede il Commissario nel limite delle risorse disponibili nella contabilità speciale di cui al comma 8. A tal fine e’ autorizzata la spesa di 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020, e ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 45.
  3. Per le attività urgenti di progettazione degli interventi, per le procedure di affidamento dei lavori, per le attività di direzione dei lavori e di collaudo, nonché’ per ogni altra attività di carattere tecnico-amministrativo connessa alla progettazione, all’affidamento e all’esecuzione di lavori, servizi e forniture, il Commissario straordinario può avvalersi, anche in qualità di soggetti attuatori, previa intesa con gli enti territoriali interessati, delle strutture e degli uffici della Regione Liguria, degli uffici tecnici e amministrativi del Comune di Genova, dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, di ANAS s.p.a., delle Autorità di distretto, nonché’, mediante convenzione, dei concessionari di servizi pubblici e delle società a partecipazione pubblica o a controllo pubblico.
  4. Il Commissario straordinario può nominare, con proprio provvedimento, in aggiunta al contingente di venti unità, fino a due sub-commissari, il cui compenso è determinato in misura non superiore a quella indicata all’articolo 15, comma 3, del decreto-legge n. 98 del 2011. L’incarico di sub-commissario ha durata massima di 12 mesi e può essere rinnovato. La struttura cessa alla scadenza dell’incarico del Commissario.
  5. Per la demolizione, la rimozione, lo smaltimento e il conferimento in discarica dei materiali di risulta, nonché’ per la progettazione, l’affidamento e la ricostruzione dell’infrastruttura e il ripristino del connesso sistema viario, il Commissario straordinario opera in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché’ dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea. Con decreto del Ministro dell’interno, da adottare entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono individuate speciali misure amministrative di semplificazione per il rilascio della documentazione antimafia, anche in deroga alle relative norme. Per le occupazioni di urgenza e per le espropriazioni delle aree occorrenti per l’esecuzione degli interventi di cui al primo periodo, il Commissario straordinario, adottato il relativo decreto, provvede alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola presenza di due rappresentanti della Regione o degli enti territoriali interessati, prescindendo da ogni altro adempimento. Anche nelle more dell’adozione del decreto di cui al terzo periodo, il Commissario straordinario dispone l’immediata immissione nel possesso delle aree, da lui stesso individuate e perimetrate, necessarie per l’esecuzione dei lavori, autorizzando ove necessario anche l’accesso per accertamenti preventivi a favore delle imprese chiamate a svolgere le attività di cui al presente comma, con salvezza dei diritti dei terzi da far valere in separata sede e comunque senza che ciò possa ritardare l’immediato rilascio di dette aree da parte dei terzi.
  6. Il concessionario del tratto autostradale alla data dell’evento, tenuto, in quanto responsabile del mantenimento in assoluta sicurezza e funzionalità dell’infrastruttura concessa ovvero in quanto responsabile dell’evento, a far fronte alle spese di ricostruzione dell’infrastruttura e di ripristino del connesso sistema viario, entro trenta giorni dalla richiesta del Commissario straordinario, versa sulla contabilità speciale di cui al comma 8 le somme necessarie al predetto ripristino ed alle altre attività connesse di cui al comma 5, nell’importo provvisoriamente determinato dal Commissario medesimo salvo conguagli, impregiudicato ogni accertamento sulla responsabilità dell’evento e sul titolo in base al quale sia tenuto a sostenere i costi di ripristino della viabilità. Nella determinazione di detto importo, il Commissario straordinario comprende tutti gli oneri che risultano necessari al predetto ripristino, ivi inclusi quelli di cui all’articolo 1-bis. In caso di omesso versamento nel termine, il Commissario straordinario può individuare, omessa ogni formalità non essenziale alla valutazione delle manifestazioni di disponibilità comunque pervenute, un soggetto pubblico o privato che anticipi le somme necessarie alla integrale realizzazione delle opere, a fronte della cessione pro solvendo della pertinente quota dei crediti dello Stato nei confronti del concessionario alla data dell’evento, potendo remunerare tale anticipazione ad un tasso annuo non superiore al tasso di rendimento dei buoni del tesoro decennali maggiorato di 1,5 punti percentuali. Per assicurare il celere avvio delle attività del Commissario, in caso di mancato o ritardato versamento da parte del Concessionario, a garanzia dell’immediata attivazione del meccanismo di anticipazione è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro annui dall’anno 2018 all’anno 2029. Agli oneri di cui al presente comma, si provvede: quanto a 30 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2018 al 2029 mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2017, n. 205; ai fini della compensazione in termini di fabbisogno e indebitamento netto, quanto a 40 milioni di euro per l’anno 2018 e 120 milioni di euro per l’anno 2019, mediante corrispondente riduzione del medesimo Fondo di cui all’articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e quanto a 20 milioni di euro per l’anno 2018, 40 milioni di euro per l’anno 2019, 20 milioni di euro per l’anno 2020, mediante corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189. All’atto del versamento da parte del Concessionario delle somme necessarie per gli interventi di cui al primo periodo del presente comma, il Fondo di cui all’articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, è corrispondentemente reintegrato, anche mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato da parte del Commissario. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
  7. Il Commissario straordinario affida, ai sensi dell’articolo 32 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, la realizzazione delle attività concernenti il ripristino del sistema viario, nonché’ quelle [propedeutiche e] connesse, ad uno o più operatori economici diversi dal concessionario del tratto autostradale alla data dell’evento e da società o da soggetti da quest’ultimo controllati o, comunque, ad esso collegati, anche al fine di evitare un ulteriore indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali e, comunque, giacche’ non può escludersi che detto concessionario sia responsabile, in relazione all’evento, di grave inadempimento del rapporto concessorio. L’aggiudicatario costituisce, ai fini della realizzazione delle predette attività, una struttura giuridica con patrimonio e contabilità separati.
  8. Per la realizzazione degli interventi urgenti di cui al presente articolo, è autorizzata l’apertura di apposita contabilità speciale intestata al Commissario straordinario, sulla quale confluiscono le risorse pubbliche all’uopo destinate nonché’ quelle tempestivamente messe a disposizione dal soggetto concessionario al momento dell’evento.

8-bis. Il Commissario straordinario, nell’esercizio delle funzioni attribuite dal presente decreto, può avvalersi e può stipulare convenzioni con le strutture operative e i soggetti concorrenti di cui all’articolo 4, comma 2, del codice della protezione civile, di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1.

8-ter. Agli atti del Commissario straordinario si applicano, ove compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 36 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229.

Art. 1 bis. Misure per la tutela del diritto all’abitazione.

  1. Al fine di accelerare le operazioni di ricostruzione dell’infrastruttura crollata a seguito dell’evento, che costituisce opera di pubblica utilità, il Commissario straordinario, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, può stipulare con i proprietari e con gli usufruttuari delle unità immobiliari oggetto delle ordinanze di sgombero del sindaco della città di Genova, con gli effetti di cui all’articolo 45, comma 3, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, l’atto di cessione del bene o del diritto reale. Scaduto tale termine, provvede alle conseguenti espropriazioni. A tal fine emana il decreto di esproprio sulla base delle risultanze della documentazione catastale e procede all’immediata redazione del verbale di immissione in possesso ai sensi dell’articolo 24 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001. Il Commissario straordinario non subentra nei rapporti passivi gravanti sui proprietari a favore di istituti finanziari, ne’ acquisisce alcun gravame sull’unità immobiliare ceduta.
  2. Ai pieni proprietari che hanno stipulato gli atti di cessione sono corrisposte, nel termine di trenta giorni dalla trascrizione degli stessi, l’indennità quantificata in complessivi euro 2.025,50 per metro quadrato, che tiene conto del valore venale dell’immobile, delle spese per l’acquisto degli arredi e di ogni altra spesa accessoria per la ricollocazione abitativa, nonché’, per ciascuna unità immobiliare, l’indennità di cui alla legge della regione Liguria 3 dicembre 2007, n. 39, che disciplina i Programmi regionali di intervento strategico (PRIS), pari a euro 45.000, e l’indennità per l’improvviso sgombero, pari a euro 36.000.
  3. Agli usufruttuari è corrisposta, nel termine di cui al comma 2, la quota delle indennità di cui al medesimo comma 2 calcolata utilizzando i coefficienti di cui al decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 20 dicembre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 28 dicembre 2017, con corrispondente diminuzione della quota liquidata al nudo proprietario.
  4. Le indennità sono diminuite del 10 per cento in favore dei soggetti espropriati che non hanno stipulato gli atti di cessione volontaria e sono corrisposte entro trenta giorni dalla redazione del verbale di immissione.
  5. Il concessionario del tratto autostradale alla data dell’evento provvede a corrispondere ai proprietari e agli usufruttuari le indennità di cui ai commi 2, 3 e 4 nei termini ivi previsti. In caso di omesso versamento nel termine, il Commissario straordinario provvede in via sostitutiva e in danno del concessionario medesimo.
  6. All’esito delle operazioni di ricostruzione, l’eventuale retrocessione totale o parziale dei fondi espropriati è pronunciata a titolo gratuito a favore del comune di Genova e su richiesta dello stesso.

Art. 1 ter. Interventi di messa in sicurezza e gestione delle tratte autostradali.

  1. Per l’esecuzione delle attività di cui all’articolo 1, il Commissario straordinario individua i tronchi autostradali funzionalmente connessi al viadotto del Polcevera dell’autostrada A10 sul cui esercizio interferisce la realizzazione degli interventi di ricostruzione dell’infrastruttura conseguente all’evento. A tal fine le relative tratte delle autostrade A7 e A10 sono immediatamente consegnate dal concessionario al Commissario straordinario.
  2. Le concessionarie autostradali provvedono, con carattere di priorità rispetto ad ogni altro intervento programmato, ad intraprendere le occorrenti attività di verifica e messa in sicurezza di tutte le infrastrutture viarie oggetto di atti convenzionali, con particolare riguardo ai ponti, viadotti e cavalcavia.
  3. Fermo restando l’obbligo, per le concessionarie, di adottare ogni occorrente iniziativa a tutela della pubblica incolumità e della sicurezza delle infrastrutture, ivi comprese misure di limitazione o sospensione del traffico veicolare, le attività di cui al comma 2, da concludere entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono condotte dalle concessionarie sotto la vigilanza dell’Agenzia di cui all’articolo 12 e rimangono ad esclusivo carico delle concessionarie stesse senza possibilità di imputazione alle tariffe autostradali e senza alcuna corrispondente revisione del piano economico finanziario.

Art. 2. Disposizioni concernenti il personale degli enti territoriali.

  1. Per far fronte alle necessità conseguenti all’evento, la Regione Liguria, gli enti del settore regionale allargato, con esclusione degli enti del Servizio sanitario nazionale, la Città metropolitana di Genova, il Comune di Genova e le società controllate dalle predette amministrazioni territoriali nonché la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Genova, previa autorizzazione del Commissario delegato per l’emergenza nominato con ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 539 del 20 agosto 2018, possono assumere, complessivamente per gli anni 2018, 2019 e 2020 con contratti di lavoro a tempo determinato, ulteriori unità di personale con funzioni di protezione civile, polizia locale e di supporto all’emergenza, fino a 300 unità, in deroga ai vincoli di contenimento della spesa di personale previsti dalla normativa vigente ed in particolare dall’articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e dall’articolo 1, commi 557 e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (1).
  2. Per le finalità di cui al comma 1, gli enti ivi indicati possono provvedere con risorse proprie disponibili, d’intesa con il Commissario delegato. Il Commissario medesimo provvede altresì con propri provvedimenti al riparto, tra gli enti di cui al comma 1, delle unità di personale e delle risorse nel limite complessivo di spesa di euro 3.500.000 per l’anno 2018 e . di euro 10.000.000 per ciascuno degli anni 2019 e 2020. Agli oneri derivanti dal presente comma il Commissario delegato provvede a valere sulle risorse disponibili sulla contabilità speciale per l’emergenza (2).
  3. Le assunzioni sono effettuate con facoltà di attingere dalle graduatorie vigenti, anche di altre amministrazioni, formate anche per assunzioni a tempo indeterminato, per profili professionali compatibili con le esigenze. Qualora nelle graduatorie suddette non risulti individuabile personale del profilo professionale richiesto, i soggetti di cui al comma 1 possono procedere all’assunzione previa selezione pubblica, anche per soli titoli, sulla base di criteri di pubblicità, trasparenza e imparzialità, anche semplificati.

3-bis. Per le finalità di cui al comma 1, l’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale e’ autorizzata ad assumere, per gli anni 2018, 2019 e 2020, con contratti di lavoro a tempo determinato, venti unità di personale con funzioni di supporto operativo e logistico all’emergenza, con imputazione dei relativi oneri a valere sulle risorse del bilancio dell’Autorità medesima. Il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, e’ ridotto di euro 500.000 per l’anno 2018, di euro 500.000 per l’anno 2019 e di euro 500.000 per l’anno 2020(3).

  1. La contabilità speciale di cui all’ordinanza n. 539 del 20 agosto 2018, intestata al Commissario delegato per l’emergenza dell’evento determinatosi il 14 agosto 2018, e’ integrata di 9 milioni di euro per l’anno 2018 , 11 milioni di euro per l’anno 2019 e 10 milioni di euro per l’anno 2020(4).

Al relativo onere si provvede mediante utilizzo del Fondo per le emergenze nazionali di cui all’articolo 44 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1. Le predette risorse sono trasferite direttamente alla contabilità speciale intestata al Commissario delegato.

4-bis. Eventuali economie derivanti dall’utilizzo delle risorse di cui al presente articolo possono essere utilizzate, ad integrazione del piano degli interventi del Commissario delegato, per le finalità di cui all’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 539 del 20 agosto 2018, comprese le attività di recupero dei beni dagli immobili oggetto di ordinanze di sgombero adottate a seguito dell’evento.

(1) Co. modificato dall’art. 15, co. 3, lett. a), del D.L. 30 dicembre 2019, n. 162.

(2) Co. modificato dall’art. 15, co. 3, lett. b), del D.L. 30 dicembre 2019, n. 162.

(3) Co. modificato dall’art. 15, co. 3, lett. c) del D.L. 30 dicembre 2019, n. 162.

(4) Co. modificato dall’art. 15, co. 3, lett. d) del D.L. 30 dicembre 2019, n. 162,.

 Art. 3. Misure in materia fiscale.

  1. I redditi dei fabbricati, oggetto di ordinanze sindacali di sgombero adottate a seguito dell’evento, a decorrere dall’anno d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’imposta sul reddito delle società fino al 31 dicembre 2020. I fabbricati di cui al primo periodo sono, altresì, esenti dall’applicazione dell’imposta municipale propria, di cui all’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e dal tributo per i servizi indivisibili di cui all’articolo 1, comma 639, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, a decorrere dalla prima rata in scadenza successiva all’evento e fino al 31 dicembre 2020. Con decreto del Ministro dell’interno e del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 31 dicembre 2018, sono stabiliti i criteri e le modalità per il rimborso al Comune di Genova del minor gettito connesso all’esenzione di cui al precedente periodo.
  2. Per i soggetti privati, proprietari o titolari di diritti di godimento o residenti o domiciliati o che hanno sede o unità locali in immobili che abbiano subito danni direttamente conseguenti all’evento, verificati con perizia asseverata, i contributi, gli indennizzi e i risarcimenti connessi al crollo, di qualsiasi natura e indipendentemente dalle modalità di fruizione e contabilizzazione, non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive per le persone fisiche e giuridiche. Per i soggetti che svolgono attività economica, le agevolazioni di cui al presente comma sono concesse ai sensi e nei limiti del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis», del regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore agricolo e del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore della pesca e dell’acquacoltura.
  3. Le persone fisiche proprietarie o titolari di diritti di godimento sugli immobili di cui ai commi 1 e 2 ovvero negli stessi residenti o domiciliate e le persone fisiche o giuridiche che hanno sede legale o operativa negli stessi immobili, sono esentate dal pagamento dell’imposta di bollo e dell’imposta di registro per le istanze, i contratti e i documenti presentati alla pubblica amministrazione fino al 31 dicembre 2020 in conseguenza dell’evento.
  4. Fatto salvo l’adempimento degli obblighi dichiarativi di legge, non sono soggetti, a far data dal 14 agosto 2018, all’imposta di successione, ne’ alle imposte e tasse ipotecarie e catastali, ne’ all’imposta di bollo, gli immobili demoliti o dichiarati inagibili a seguito dell’evento.
  5. I termini per la notifica delle cartelle di pagamento e per la riscossione delle somme risultanti dagli atti di cui agli articoli 29 e 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché’ per le attività esecutive da parte degli agenti della riscossione e i termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli enti creditori, ivi compresi quelli degli enti locali, destinate ai soggetti residenti o che hanno sede o unità locali negli immobili di cui ai commi 1 e 2, sono sospesi dal 14 agosto 2018 fino al 31 dicembre 2019.

5-bis. Le autorità di regolazione di cui all’articolo 48, comma 2, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, con propri provvedimenti adottati entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, possono prevedere esenzioni dal pagamento delle forniture di energia elettrica, gas, acqua e telefonia, comprensive sia degli oneri generali di sistema che degli eventuali consumi, per il periodo intercorrente tra l’ordinanza di inagibilità o l’ordinanza sindacale di sgombero e la revoca delle medesime, individuando anche le modalità per la copertura delle esenzioni stesse attraverso specifiche componenti tariffarie, facendo ricorso, ove opportuno, a strumenti di tipo perequativo.

  1. Agli oneri di cui al presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 45.

Art. 4. Sostegno a favore delle imprese danneggiate in conseguenza dell’evento.

  1. Alle imprese e ai liberi professionisti aventi sede operativa all’interno della zona delimitata con le ordinanze del sindaco del comune di Genova n. 282 del 14 agosto 2018, n. 307 del 26 agosto 2018, n. 310 del 30 agosto 2018 e n. 314 del 7 settembre 2018 e con provvedimento ricognitivo del Commissario straordinario, da adottare entro il 31 dicembre 2018, che nel periodo dal 14 agosto 2018 alla data di entrata in vigore del presente decreto hanno subito un decremento del fatturato rispetto al valore mediano del corrispondente periodo del triennio 2015-2017, è riconosciuta, a domanda, una somma fino al 100 per cento del predetto decremento, nel limite massimo di euro 200.000. Il decremento di fatturato può essere dimostrato mediante dichiarazione dell’interessato ai sensi dell’articolo 46 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, accompagnata dall’estratto autentico delle pertinenti scritture contabili attinenti ai periodi di riferimento.
  2. I criteri e le modalità per l’erogazione delle somme, nel limite complessivo di euro 10 milioni per l’anno 2018, sono stabiliti dal Commissario delegato di cui all’articolo 1 dell’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 539 del 20 agosto 2018, che provvede a valere sulle risorse disponibili sulla contabilità speciale per l’emergenza, che è all’uopo integrata, per la somma di euro 5 milioni, con le risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

Artt. 4 bis – 9 ter.

(omissis)

Art. 10. Norme in materia di giustizia amministrativa e di difesa erariale.

  1. Tutte le controversie relative agli atti adottati dal Commissario straordinario di cui all’articolo 1, nonché’ ai conseguenti rapporti giuridici anteriori al momento di stipula dei contratti che derivano da detti atti, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e alla competenza funzionale inderogabile del tribunale amministrativo regionale della Liguria.
  2. Ai giudizi di cui al comma 1 si applica l’articolo 125 del codice del processo amministrativo.
  3. Il Commissario straordinario si avvale del patrocinio dell’avvocatura dello Stato ai sensi dell’articolo 1 del testo unico di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611.

Art. 11 Surrogazione legale dello Stato nei diritti dei beneficiari di provvidenze.

  1. Nei limiti delle risorse erogate dallo Stato ai beneficiari delle provvidenze previste ai sensi del presente capo, lo Stato è surrogato nei diritti dei beneficiari stessi nei confronti dei soggetti responsabili dell’evento, ai sensi dell’articolo 1203, numero 5), del codice civile. Restano fermi gli ulteriori diritti dei predetti beneficiari nei confronti degli stessi responsabili dell’evento.

Artt. 12- 39.
(omissis)

CAPO V
Ulteriori interventi emergenziali

 

Art. 40. Cabina di regia Strategia Italia.

  1. Entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è istituita, su proposta del Segretario del CIPE, una Cabina di regia, presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Sottosegretario di Stato delegato, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, composta dal Ministro dell’economia e delle finanze, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal Ministro per il Sud e dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie e integrata dai Ministri interessati alle materie trattate nonché’ dal Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dal Presidente dell’Unione delle province d’Italia e dal Presidente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani, con i seguenti compiti:
  2. a) verificare lo stato di attuazione, anche per il tramite delle risultanze del monitoraggio delle opere pubbliche, ivi comprese le risultanze del monitoraggio dinamico di cui all’articolo 14, commi 1, 2 e 3, di piani e programmi di investimento infrastrutturale e adottare le iniziative idonee a superare eventuali ostacoli e ritardi;
  3. b) verificare lo stato di attuazione degli interventi connessi a fattori di rischio per il territorio, quali dissesto idrogeologico, vulnerabilità sismica degli edifici pubblici, situazioni di particolare degrado ambientale necessitanti attività di bonifica e prospettare possibili rimedi.
  4. La Presidenza del Consiglio dei ministri, per il tramite del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, assicura l’attività di supporto tecnico, istruttorio e organizzativo alla Cabina di regia di cui al comma 1.

Art. 40 bis. Interventi straordinari per il viadotto Sente.

  1. Al solo fine di permettere la riapertura al traffico del viadotto Sente è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2018. Al relativo onere per l’anno 2018 si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

Artt. 41 – 46.

(omissis)

 

Legge 15 luglio 2009, n. 94.
Disposizioni in materia di sicurezza pubblica.

 Artt. 1-2.

(omissis)

Art. 3.

Commi 1. -39 […] (omissis)

  1. I sindaci, previa intesa con il prefetto, possono avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini non armati al fine di segnalare alle Forze di polizia dello Stato o locali eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale. (1)

(1) La Corte Costituzionale con sentenza del 21-24/06/2010, n. 226 ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, co. 40, della legge 15 luglio 2009, n. 94 limitatamente alle parole “ovvero situazioni di disagio sociale”.

Commi 41 -66. […] (omissis)

 

Decreto legge 24 giugno 2014 n. 90, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114.
Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari.

 Artt. 1-31.
(omissis)

 

Art. 32. Misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell’ambito della prevenzione della corruzione.

  1. Nell’ipotesi in cui l’autorità giudiziaria proceda per i delitti di cui agli articoli 317 c.p., 318 c.p., 319 c.p., 319-bis c.p., 319-ter c.p., 319-quater c.p., 320 c.p., 322, c.p., 322-bis, c.p., 346-bis, c.p., 353 c.p. e 353-bis c.p., ovvero, in presenza di rilevate situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali attribuibili ad un’impresa aggiudicataria di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture, nonché’ ad una impresa che esercita attività sanitaria per conto del Servizio sanitario nazionale in base agli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 ovvero ad un concessionario di lavori pubblici o ad un contraente generale, il Presidente dell’ANAC ne informa il procuratore della Repubblica e , in presenza di fatti gravi e accertati anche ai sensi dell’articolo 19, comma 5, lett. a) del presente decreto, propone al Prefetto competente in relazione al luogo in cui ha sede la stazione appaltante, alternativamente:
  2. a) di ordinare la rinnovazione degli organi sociali mediante la sostituzione del soggetto coinvolto e, ove l’impresa non si adegui nei termini stabiliti, di provvedere alla straordinaria e temporanea gestione dell’impresa [appaltatrice] limitatamente alla completa esecuzione del contratto d’appalto ovvero dell’accordo contrattuale o della concessione;
  3. b) di provvedere direttamente alla straordinaria e temporanea gestione dell’impresa [appaltatrice] limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto ovvero dell’accordo contrattuale o della concessione.
  4. Il Prefetto, previo accertamento dei presupposti indicati al comma 1 e valutata la particolare gravità dei fatti oggetto dell’indagine, intima all’impresa di provvedere al rinnovo degli organi sociali sostituendo il soggetto coinvolto e ove l’impresa non si adegui nel termine di trenta giorni ovvero nei casi più gravi, provvede nei dieci giorni successivi con decreto alla nomina di uno o più amministratori, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui al regolamento adottato ai sensi dell’articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270. Il predetto decreto stabilisce la durata della misura in ragione delle esigenze funzionali alla realizzazione dell’opera pubblica, al servizio o alla fornitura oggetto del contratto e comunque non oltre il collaudo ovvero dell’accordo contrattuale.

2-bis. Nell’ipotesi di impresa che esercita attività sanitaria per conto del Servizio sanitario nazionale in base agli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, il decreto del Prefetto di cui al comma 2, è adottato d’intesa con il Ministro della salute e la nomina è conferita a soggetti in possesso di curricula che evidenzino qualificate e comprovate professionalità ed esperienza di gestione sanitaria.

  1. Per la durata della straordinaria e temporanea gestione dell’impresa, sono attribuiti agli amministratori tutti i poteri e le funzioni degli organi di amministrazione dell’impresa ed è sospeso l’esercizio dei poteri di disposizione e gestione dei titolari dell’impresa. Nel caso di impresa costituita in forma societaria, i poteri dell’assemblea sono sospesi. per l’intera durata della misura.
  2. L’attività di temporanea e straordinaria gestione dell’impresa è considerata di pubblica utilità ad ogni effetto e gli amministratori rispondono delle eventuali diseconomie dei risultati solo nei casi di dolo o colpa grave.
  3. Le misure di cui al comma 2 sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di provvedimento che dispone la confisca, il sequestro o l’amministrazione giudiziaria dell’impresa nell’ambito di procedimenti penali o per l’applicazione di misure di prevenzione ovvero dispone l’archiviazione del procedimento. L’autorità giudiziaria conferma, ove possibile, gli amministratori nominati dal Prefetto.
  4. Agli amministratori di cui al comma 2 spetta un compenso quantificato con il decreto di nomina sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 4 febbraio 2010 n. 14. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico dell’impresa.
  5. Nel periodo di applicazione della misura di straordinaria e temporanea gestione di cui al comma 2, i pagamenti all’impresa sono corrisposti al netto del compenso riconosciuto agli amministratori di cui al comma 2 e l’utile d’impresa derivante dalla conclusione dei contratti d’appalto di cui al comma 1, determinato anche in via presuntiva dagli amministratori, è accantonato in apposito fondo e non può essere distribuito ne’ essere soggetto a pignoramento, sino all’esito dei giudizi in sede penale ovvero, nei casi di cui al comma 10, dei giudizi di impugnazione o cautelari riguardanti l’informazione antimafia interdittiva .
  6. Nel caso in cui le indagini di cui al comma 1 riguardino componenti di organi societari diversi da quelli di cui al medesimo comma è disposta la misura di sostegno e monitoraggio dell’impresa. Il Prefetto provvede, con decreto, adottato secondo le modalità di cui al comma 2, alla nomina di uno o più esperti, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui di cui al regolamento adottato ai sensi dell’articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, con il compito di svolgere funzioni di’ sostegno e monitoraggio dell’impresa. A tal fine, gli esperti forniscono all’impresa prescrizioni operative, elaborate secondo riconosciuti indicatori e modelli di trasparenza, riferite agli ambiti organizzativi, al sistema di controllo interno e agli organi amministrativi e di controllo.
  7. Agli esperti di cui al comma 8 spetta un compenso, quantificato con il decreto di nomina, non superiore al cinquanta per cento di quello liquidabile sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 4 febbraio 2010 n. 14. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico dell’impresa.
  8. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche nei casi in cui sia stata emessa dal Prefetto un’informazione antimafia interdittiva e sussista l’urgente necessità di assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto ovvero dell’accordo contrattuale, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali, nonché per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell’integrità dei bilanci pubblici, ancorché’ ricorrano i presupposti di cui all’articolo 94, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. In tal caso, le misure sono disposte di propria iniziativa dal Prefetto che ne informa il Presidente dell’ANAC. Nei casi di cui al comma 2-bis, le misure sono disposte con decreto del Prefetto, di intesa con il Ministro della salute. Le stesse misure sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di passaggio in giudicato di sentenza di annullamento dell’informazione antimafia interdittiva, di ordinanza che dispone, in via definitiva, l’accoglimento dell’istanza cautelare eventualmente proposta ovvero di aggiornamento dell’esito della predetta informazione ai sensi dell’articolo 91, comma 5, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni, anche a seguito dell’adeguamento dell’impresa alle indicazioni degli esperti.

10-bis. Le misure di cui al presente articolo, nel caso di accordi contrattuali con il Servizio sanitario nazionale di cui all’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si applicano ad ogni soggetto privato titolare dell’accordo, anche nei casi di soggetto diverso dall’impresa, e con riferimento a condotte illecite o eventi criminali posti in essere ai danni del Servizio sanitario nazionale.

Artt. 32 – 54.

(omissis)

 Decreto legge 13 settembre 2012 n. 158, convertito, con modificazioni, in Legge 8 novembre 2012, n. 189
Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute.
(DECRETO BALDUZZI)Artt. 1-6.
(omissis)

CAPO II

Riduzione dei rischi sanitari connessi all’alimentazione e alle emergenze veterinarie

Art. 7. Disposizioni in materia di vendita di prodotti del tabacco, misure di prevenzione per contrastare la ludopatia e per l’attività sportiva non agonistica.

1. All’articolo 25 del testo unico delle leggi sulla protezione ed assistenza della maternità e infanzia, di cui al regio decreto 24 dicembre 1934, n. 2316, e successive modificazioni, il primo e il secondo comma sono sostituiti dai seguenti:

«Chiunque vende prodotti del tabacco ha l’obbligo di chiedere all’acquirente, all’atto dell’acquisto, l’esibizione di un documento di identità, tranne nei casi in cui la maggiore età dell’acquirente sia manifesta.

Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.000 euro a chiunque vende o somministra i prodotti del tabacco ai minori di anni diciotto. Se il fatto è commesso più di una volta si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.000 euro e la sospensione, per tre mesi, della licenza all’esercizio dell’attività.».

2. All’articolo 20 della legge 8 agosto 1977, n. 556, e successive modificazioni, dopo il primo comma è aggiunto il seguente:

«I distributori automatici per la vendita al pubblico di prodotti del tabacco sono dotati di un sistema automatico di rilevamento dell’età anagrafica dell’acquirente. Sono considerati idonei i sistemi di lettura automatica dei documenti anagrafici rilasciati dalla pubblica amministrazione.».

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, nonché l’adeguamento dei sistemi automatici già adottati alla data di entrata in vigore del presente decreto hanno efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2013.

3-bis. Dopo l’articolo 14-bis della legge 30 marzo 2001, n. 125, è inserito il seguente:

“Art. 14-ter. (Introduzione del divieto di vendita di bevande alcoliche a minori). – 1. Chiunque vende bevande alcoliche ha l’obbligo di chiedere all’acquirente, all’atto dell’acquisto, l’esibizione di un documento di identità, tranne che nei casi in cui la maggiore età dell’acquirente sia manifesta. 2. Salvo che il fatto non costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.000 euro a chiunque vende bevande alcoliche ai minori di anni diciotto. Se il fatto è commesso più di una volta si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.000 euro con la sospensione dell’attività per tre mesi”.

3-ter. All’articolo 689 del codice penale, dopo il primo comma sono inseriti i seguenti: “La stessa pena di cui al primo comma si applica a chi pone in essere una delle condotte di cui al medesimo comma, attraverso distributori automatici che non consentano la rilevazione dei dati anagrafici dell’utilizzatore mediante sistemi di lettura ottica dei documenti. La pena di cui al periodo precedente non si applica qualora sia presente sul posto personale incaricato di effettuare il controllo dei dati anagrafici. Se il fatto di cui al primo comma è commesso più di una volta si applica anche la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 25.000 euro con la sospensione dell’attività per tre mesi”.

3-quater. Fatte salve le sanzioni previste nei confronti di chiunque eserciti illecitamente attività di offerta di giochi con vincita in denaro, è vietata la messa a disposizione, presso qualsiasi pubblico esercizio, di apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentano ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco messe a disposizione dai concessionari on-line, da soggetti autorizzati all’esercizio dei giochi a distanza, ovvero da soggetti privi di qualsiasi titolo concessorio o autorizzatorio rilasciato dalle competenti autorità.

4. Sono vietati messaggi pubblicitari concernenti il gioco con vincite in denaro nel corso di trasmissioni televisive o radiofoniche e di rappresentazioni teatrali o cinematografiche rivolte ai minori e nei trenta minuti precedenti e successivi alla trasmissione delle stesse. È altresì vietata, in qualsiasi forma, la pubblicità sulla stampa quotidiana e periodica destinata ai minori e nelle sale cinematografiche in occasione della proiezione di film destinati alla visione dei minori. Sono altresì vietati messaggi pubblicitari concernenti il gioco con vincite in denaro su giornali, riviste, pubblicazioni, durante trasmissioni televisive e radiofoniche, rappresentazioni cinematografiche e teatrali, nonché’ via internet nei quali si evidenzi anche solo uno dei seguenti elementi:

a) incitamento al gioco ovvero esaltazione della sua pratica;

b) presenza di minori;

c) assenza di formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica del gioco, nonché dell’indicazione della possibilità di consultazione di note informative sulle probabilità di vincita pubblicate sui siti istituzionali dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, successivamente alla sua incorporazione ai sensi della legislazione vigente, dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, nonché dei singoli concessionari ovvero disponibili presso i punti di raccolta dei giochi.

4-bis. La pubblicità dei giochi che prevedono vincite in denaro deve riportare in modo chiaramente visibile la percentuale di probabilità di vincita che il soggetto ha nel singolo gioco pubblicizzato. Qualora la stessa percentuale non sia definibile, è indicata la percentuale storica per giochi similari. In caso di violazione, il soggetto proponente è obbligato a ripetere la stessa pubblicità secondo modalità, mezzi utilizzati e quantità di annunci identici alla campagna pubblicitaria originaria, indicando nella stessa i requisiti previsti dal presente articolo nonché il fatto che la pubblicità è ripetuta per violazione della normativa di riferimento. Per le lotterie istantanee indette dal 1° gennaio 2019 o ristampate da tale data, i premi eguali o inferiori al costo della giocata non sono compresi nelle indicazioni sulla probabilità di vincita (1).

5. Formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro, nonché le relative probabilità di vincita devono altresì figurare sulle schedine ovvero sui tagliandi di tali giochi. Qualora l’entità dei dati da riportare sia tale da non potere essere contenuta nelle dimensioni delle schedine ovvero dei tagliandi, questi ultimi devono recare l’indicazione della possibilità di consultazione di note informative sulle probabilità di vincita pubblicate sui siti istituzionali dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, successivamente alla sua incorporazione, ai sensi della legislazione vigente, dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, nonché dei singoli concessionari e disponibili presso i punti di raccolta dei giochi. Le medesime formule di avvertimento devono essere applicate sugli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni; le stesse formule devono essere riportate su apposite targhe esposte nelle aree ovvero nelle sale in cui sono installati i videoterminali di cui all’articolo 110, comma 6, lettera b), del predetto testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931, nonché nei punti di vendita in cui si esercita come attività principale l’offerta di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi. Tali formule devono altresì comparire ed essere chiaramente leggibili all’atto di accesso ai siti internet destinati all’offerta di giochi con vincite in denaro. Ai fini del presente comma, i gestori di sale da gioco e di esercizi in cui vi sia offerta di giochi pubblici, ovvero di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, sono tenuti a esporre, all’ingresso e all’interno dei locali, il materiale informativo predisposto dalle aziende sanitarie locali, diretto a evidenziare i rischi correlati al gioco e a segnalare la presenza sul territorio dei servizi di assistenza pubblici e del privato sociale dedicati alla cura e al reinserimento sociale delle persone con patologie correlate alla G.A.P.

5-bis. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca segnala agli istituti di istruzione primaria e secondaria la valenza educativa del tema del gioco responsabile affinchè gli istituti, nell’ambito della propria autonomia, possano predisporre iniziative didattiche volte a rappresentare agli studenti il senso autentico del gioco e i potenziali rischi connessi all’abuso o all’errata percezione del medesimo.

6. Il committente del messaggio pubblicitario di cui al comma 4 e il proprietario del mezzo con cui il medesimo messaggio pubblicitario è diffuso sono puniti entrambi con una sanzione amministrativa pecuniaria da centomila a cinquecentomila euro. L’inosservanza delle disposizioni di cui al comma 5 è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria pari a cinquantamila euro irrogata nei confronti del concessionario; per le violazioni di cui al comma 5, relative agli apparecchi di cui al citato articolo 110, comma 6, lettere a) e b), la stessa sanzione si applica al solo soggetto titolare della sala o del punto di raccolta dei giochi; per le violazioni nei punti di vendita in cui si esercita come attività principale l’offerta di scommesse, la sanzione si applica al titolare del punto vendita, se diverso dal concessionario. Per le attività di contestazione degli illeciti, nonché di irrogazione delle sanzioni è competente l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, successivamente alla sua incorporazione, ai sensi della legislazione vigente, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che vi provvede ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.

7. Le disposizioni di cui ai commi 4, 5 e 6 hanno efficacia dal 1° gennaio 2013.

8. Ferme restando in ogni caso le disposizioni di cui all’articolo 24, commi 20, 21 e 22, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, è vietato ai minori di anni diciotto l’ingresso nelle aree destinate al gioco con vincite in denaro interne alle sale bingo, nonché nelle aree ovvero nelle sale in cui sono installati i videoterminali di cui all’articolo 110, comma 6, lettera b), del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931, e nei punti di vendita in cui si esercita come attività principale quella di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi. La violazione del divieto è punita ai sensi dell’articolo 24, commi 21 e 22, del predetto decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011. Ai fini di cui al presente comma, il titolare dell’esercizio commerciale, del locale ovvero del punto di offerta del gioco con vincite in denaro identifica i minori di età mediante richiesta di esibizione di un documento di identità, tranne nei casi in cui la maggiore età sia manifesta. Il Ministero dell’economia e delle finanze, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, emana un decreto per la progressiva introduzione obbligatoria di idonee soluzioni tecniche volte a bloccare automaticamente l’accesso dei minori ai giochi, nonché volte ad avvertire automaticamente il giocatore dei pericoli di dipendenza dal gioco.

9. L’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, a seguito della sua incorporazione, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, di intesa con la Società italiana degli autori ed editori (SIAE), la Polizia di Stato, l’Arma dei Carabinieri e il Corpo della guardia di finanza, pianifica su base annuale almeno diecimila controlli, specificamente destinati al contrasto del gioco minorile, nei confronti degli esercizi presso i quali sono installati gli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931, ovvero vengono svolte attività di scommessa su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, collocati in prossimità di istituti scolastici primari e secondari, di strutture sanitarie ed ospedaliere, di luoghi di culto. Alla predetta Amministrazione, per le conseguenti attività possono essere segnalate da parte degli agenti di Polizia locale le violazioni delle norme in materia di giochi con vincite in denaro constatate, durante le loro ordinarie attività di controllo previste a legislazione vigente, nei luoghi deputati alla raccolta dei predetti giochi. Le attività del presente comma sono svolte nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

10. L’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, a seguito della sua incorporazione, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, tenuto conto degli interessi pubblici di settore, sulla base di criteri, anche relativi alle distanze da istituti di istruzione primaria e secondaria, da strutture sanitarie e ospedaliere, da luoghi di culto, da centri socio-ricreativi e sportivi, definiti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, provvede a pianificare forme di progressiva ricollocazione dei punti della rete fisica di raccolta del gioco praticato mediante gli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931, e successive modificazioni, che risultano territorialmente prossimi ai predetti luoghi. Le pianificazioni operano relativamente alle concessioni di raccolta di gioco pubblico bandite successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e valgono, per ciascuna nuova concessione, in funzione della dislocazione territoriale degli istituti scolastici primari e secondari, delle strutture sanitarie ed ospedaliere, dei luoghi di culto esistenti alla data del relativo bando. Ai fini di tale pianificazione si tiene conto dei risultati conseguiti all’esito dei controlli di cui al comma 9, nonché di ogni altra qualificata informazione acquisita nel frattempo, ivi incluse proposte motivate dei comuni ovvero di loro rappresentanze regionali o nazionali. Presso l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e, a seguito della sua incorporazione, presso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, è istituito, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un osservatorio di cui fanno parte, oltre ad esperti individuati dai Ministeri della salute, dell’istruzione, dell’università e della ricerca, dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze, anche esponenti delle associazioni rappresentative delle famiglie e dei giovani, nonché rappresentanti dei comuni, per valutare le misure più efficaci per contrastare la diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave. Ai componenti dell’osservatorio non è corrisposto alcun emolumento, compenso o rimborso di spese.

11. Al fine di salvaguardare la salute dei cittadini che praticano un’attività sportiva non agonistica o amatoriale il Ministro della salute, con proprio decreto, adottato di concerto con il Ministro delegato al turismo e allo sport, dispone garanzie sanitarie mediante l’obbligo di idonea certificazione medica, nonché linee guida per l’effettuazione di controlli sanitari sui praticanti e per la dotazione e l’impiego, da parte di società sportive sia professionistiche che dilettantistiche, di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita.

(1) Co. modificato dall’art. 9, co. 1 ter, del D.L. 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2018, n. 96.

 Artt. 8-16.
(omissis)

 

Regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 che istituisce un codice comunitario dei visti
(Codice dei visti)

TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1. Obiettivo e ambito d’applicazione.

1. Il presente regolamento stabilisce le procedure e le condizioni per il rilascio dei visti per soggiorni previsti nel territorio degli Stati membri non superiori a 90 giorni su un periodo di 180 giorni (1).

2. Le disposizioni del presente regolamento si applicano ai cittadini di paesi terzi che devono essere in possesso di un visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri in conformità del regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio, del 15 marzo 2001, che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo, fermi restando:

a) i diritti di libera circolazione di cui godono i cittadini di paesi terzi che sono familiari di cittadini dell’Unione;

b) i diritti di libera circolazione equivalenti a quelli dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari, di cui godono cittadini di paesi terzi e loro familiari in virtù di accordi fra la Comunità e i suoi Stati membri, da un lato, e tali paesi terzi, dall’altro.

3. Il presente regolamento elenca anche i paesi terzi i cui cittadini sono soggetti all’obbligo di un visto di transito aeroportuale in deroga al principio di libero transito stabilito dall’allegato 9 della convenzione di Chicago relativa all’aviazione civile internazionale e definisce le procedure e le condizioni per il rilascio del visto ai fini del transito nelle zone di transito internazionali degli aeroporti degli Stati membri.

4. In sede di applicazione del presente regolamento, gli Stati membri agiscono nel pieno rispetto del diritto unionale, compresa la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Conformemente ai principi generali del diritto unionale, le decisioni sulle domande ai sensi del presente regolamento sono adottate su base individuale (2).

(1) Paragrafo prima sostituito dall’articolo 6 del Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 610 del 26 giugno 2013 e da ultimo dall’articolo 1 del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Paragrafo aggiunto dall’articolo 1 del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 2. Definizioni.

Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

1) «cittadino di paesi terzi»: chi non è cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del trattato;

2) «visto»: autorizzazione rilasciata da uno Stato membro, necessaria ai fini:

a) di un soggiorno previsto nel territorio degli Stati membri non superiore a 90 giorni su un periodo di 180 giorni; o (1)

b) del transito nelle zone internazionali degli aeroporti degli Stati membri;

3) «visto uniforme»: visto valido per l’intero territorio degli Stati membri;

4) «visto con validità territoriale limitata»: visto valido per il territorio di uno o più Stati membri ma non per tutti gli Stati membri;

5) «visto di transito aeroportuale»: visto valido per il transito nelle zone internazionali di transito di uno o più aeroporti degli Stati membri;

6) «visto adesivo»: formato uniforme per i visti quale definito dal regolamento (CE) n. 1683/95 del Consiglio, del 29 maggio 1995, che istituisce un modello uniforme per i visti;

7. “documento di viaggio riconosciuto”: documento di viaggio riconosciuto da uno o più Stati membri ai fini dell’attraversamento delle frontiere esterne e dell’apposizione del visto ai sensi della decisione n. 1105/2011/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (2);

8) «foglio separato per l’apposizione del visto»: modello uniforme di foglio utilizzabile per l’apposizione di un visto rilasciato dagli Stati membri a persone titolari di un documento di viaggio non riconosciuto dallo Stato membro che emette il foglio, ai sensi del regolamento (CE) n. 333/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, relativo ad un modello uniforme di foglio utilizzabile per l’apposizione di un visto rilasciato dagli Stati membri a persone titolari di un documento di viaggio non riconosciuto dallo Stato membro che emette il foglio;

9) «consolato»: rappresentanza diplomatica o consolare di uno Stato membro, abilitata a rilasciare visti e diretta da un funzionario consolare di carriera, quale definita dalla convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 24 aprile 1963;

10) «domanda»: domanda di visto;

11) «intermediari commerciali»: agenzie amministrative private, società di trasporto o agenzie di viaggio (operatori turistici o venditori);

12. “marittimo”: ogni persona occupata, ingaggiata o che lavora a qualsiasi titolo a bordo di una nave in navigazione marittima o di una nave che opera in acque interne internazionali (3);

13. “firma elettronica”: una firma elettronica quale definita all’articolo 3, punto 10, del regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (4);

(1) Lett. prima sostituita ai sensi dell’articolo 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Punto sostituito ai sensi dell’art.1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(3) Punto aggiunto ai sensi dell’articolo 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(4) Punto aggiunto ai sensi dell’articolo 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

TITOLO II
VISTO DI TRANSITO AEROPORTUALE

Art. 3. Cittadini di paesi terzi che devono essere in possesso di un visto di transito aeroportuale.

1. I cittadini dei paesi terzi figuranti nell’elenco di cui all’allegato IV devono essere in possesso di un visto di transito aeroportuale per il transito nelle zone internazionali degli aeroporti situati sul territorio degli Stati membri.

2. In casi urgenti di afflusso massiccio di immigrati illegali, singoli Stati membri possono richiedere ai cittadini di paesi terzi diversi da quelli di cui al paragrafo 1 di essere in possesso di un visto di transito aeroportuale per il transito nelle zone internazionali degli aeroporti situati sul loro territorio. Gli Stati membri comunicano alla Commissione tali decisioni prima della relativa entrata in vigore nonché la revoca dell’obbligo del visto di transito aeroportuale.

3. Nell’ambito del comitato di cui all’articolo 52, paragrafo 1, tali comunicazioni sono riesaminate annualmente allo scopo di trasferire il paese terzo interessato nell’elenco di cui all’allegato IV.

4. Se il paese terzo non è trasferito nell’elenco di cui all’allegato IV, lo Stato membro interessato, purché le condizioni di cui al paragrafo 2 siano soddisfatte, può mantenere o revocare l’obbligo del visto di transito aeroportuale.

5. Sono esentate dall’obbligo di essere in possesso di un visto di transito aeroportuale ai sensi dei paragrafi 1 e 2 le seguenti categorie di persone:

a) i titolari di un visto uniforme valido, di un visto nazionale per soggiorno di lunga durata o di un titolo di soggiorno rilasciato da uno Stato membro;

b) i cittadini di paesi terzi titolari di un titolo di soggiorno valido rilasciato da uno Stato membro che non partecipa all’adozione del presente regolamento o da uno Stato membro che non applica ancora pienamente le disposizioni dell’acquis di Schengen e i cittadini di paesi terzi titolari di uno dei titoli di soggiorno validi menzionati nell’allegato V, rilasciati da Andorra, dal Canada, dal Giappone, da San Marino o dagli Stati Uniti d’America, che garantisca il ritorno incondizionato del titolare, o titolari di un permesso di soggiorno valido per uno o più paesi e territori d’oltremare del Regno dei Paesi Bassi (Aruba, Curaçao, Sint Maarten, Bonaire, Sint Eustatius e Saba) (1);

c) i cittadini di paesi terzi titolari di un visto valido per uno Stato membro che non partecipa all’adozione del presente regolamento, per uno Stato membro che non applica ancora pienamente le disposizioni dell’acquis di Schengen, per un paese aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo, o per il Canada, il Giappone o gli Stati Uniti d’America, o i titolari di un visto valido per uno o più paesi e territori d’oltremare del Regno dei Paesi Bassi (Aruba, Curaçao, Sint Maarten, Bonaire, Sint Eustatius e Saba), quando si recano nel paese di rilascio o in un altro paese terzo, o quando, dopo aver utilizzato tale visto, ritornano dal paese di rilascio (2);

d) i familiari di cittadini dell’Unione di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a);

e) i titolari di passaporti diplomatici;

f) i membri dell’equipaggio di aerei che sono cittadini di una parte contraente della convenzione di Chicago relativa all’aviazione civile internazionale.

(1) Lett. sostituita ai sensi dell’articolo 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Lett. sostituita ai sensi dell’articolo 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

TITOLO III
PROCEDURE E CONDIZIONI PER IL RILASCIO DEI VISTI

CAPO I
Autorità interessate dalle procedure connesse alle domande

Art. 4. Autorità competenti interessate dalle procedure connesse alle domande.

1. Le domande sono esaminate dai consolati, i quali decidono sul merito.

1 bis. In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri possono decidere che le domande sono esaminate dalle autorità centrali, le quali decidono in merito. Gli Stati membri provvedono affinché tali autorità abbiano una conoscenza sufficiente delle circostanze locali del paese in cui è presentata la domanda al fine di valutare i rischi migratori e per la sicurezza e una conoscenza sufficiente della lingua ai fini dell’analisi dei documenti, e provvedono inoltre affinché i consolati siano coinvolti, ove necessario, al fine di procedere a esami e colloqui aggiuntivi (1).

2. In deroga al paragrafo 1, le domande possono essere esaminate alle frontiere esterne degli Stati membri dalle autorità responsabili dei controlli sulle persone a norma dell’articolo 35 e dell’articolo 36, le quali decidono sul merito.

3. Nei territori d’oltremare non europei degli Stati membri, le domande possono essere esaminate dalle autorità designate dallo Stato membro interessato, le quali decidono sul merito.

4. Uno Stato membro può chiedere di coinvolgere autorità diverse da quelle designate ai paragrafi 1 e 2 nell’esame delle domande e nelle decisioni sul merito.

5. Uno Stato membro può chiedere di essere consultato o informato da un altro Stato membro a norma degli articoli 22 e 31.

(1) Inserito dall’articolo 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 5. Stato membro competente per l’esame delle domande e per le decisioni sul merito.

1. Lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di visto uniforme e per la decisione sul merito è:

a) lo Stato membro il cui territorio costituisce l’unica destinazione del viaggio o dei viaggi;

b) se il viaggio comprende più di una destinazione, o se devono essere effettuati più viaggi separati nell’arco di due mesi, lo Stato membro il cui territorio costituisce la destinazione principale del o dei viaggi in termini di durata, calcolata in giorni, o di finalità del soggiorno; oppure (1)

c) qualora non possa essere determinata la destinazione principale, lo Stato membro attraverso le cui frontiere esterne il richiedente intende entrare nel territorio degli Stati membri.

2. Lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di visto uniforme ai fini del transito e per la decisione sul merito è:

a) in caso di transito attraverso un solo Stato membro, lo Stato membro interessato; oppure b) in caso di transito attraverso più Stati membri, lo Stato membro attraverso le cui frontiere esterne il richiedente intende cominciare il transito.

3. Lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di visto di transito aeroportuale e per la decisione sul merito è:

a) in caso di un singolo transito aeroportuale, lo Stato membro nel cui territorio è situato l’aeroporto di transito;

oppure

b) in caso di transito aeroportuale, duplice o multiplo lo Stato membro nel cui territorio è situato l’aeroporto del primo transito.

4. Gli Stati membri cooperano per evitare situazioni in cui una domanda non possa formare oggetto di esame e di decisione qualora lo Stato membro competente ai sensi dei paragrafi da 1 a 3 non sia né presente né rappresentato nel paese terzo in cui il richiedente presenta la domanda a norma dell’articolo 6.

(1) Lettera sostituita dall’articolo 1 del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 6. Competenza territoriale consolare.

1. Una domanda è esaminata e la decisione sul merito è presa dal consolato dello Stato membro competente nella cui giurisdizione il richiedente risiede legalmente.

2. Un consolato dello Stato membro competente esamina e decide in merito a una domanda di un cittadino di un paese terzo presente legalmente ma non residente nella sua giurisdizione se il richiedente ha giustificato la domanda presso detto consolato.

Art. 7. Competenza a rilasciare visti a cittadini di paesi terzi legalmente presenti nel territorio di uno Stato membro.

I cittadini di paesi terzi legalmente presenti nel territorio di uno Stato membro e che devono essere in possesso di un visto per entrare nel territorio di uno o più altri Stati membri presentano la domanda presso il consolato dello Stato membro competente ai sensi dell’articolo 5, paragrafi 1° 2.

Art. 8. Accordi di rappresentanza.

1. Uno Stato membro può accettare di rappresentare un altro Stato membro che sia competente ai sensi dell’articolo 5 ai fini dell’esame e delle decisioni riguardo alle domande per conto di tale Stato membro. Uno Stato membro può anche rappresentare un altro Stato membro in modo limitato soltanto per la raccolta delle domande e il rilevamento degli identificatori biometrici(1).

[2. Quando il consolato dello Stato membro rappresentante intende rifiutare un visto, inoltra la domanda alle autorità competenti dello Stato membro rappresentato affinché queste possano adottare la decisione finale in merito alla domanda entro i termini stabiliti all’articolo 23, paragrafi 1, 2 o 3](2).

3. Se la rappresentanza si limita conformemente al paragrafo 1, seconda frase, alla raccolta e alla trasmissione dei dati allo Stato membro rappresentato si effettuano nel rispetto delle pertinenti norme in materia di protezione dei dati e di sicurezza(3).

4. Tra lo Stato membro rappresentante e lo Stato membro rappresentato è stabilito un accordo bilaterale. Tale accordo:

a) specifica la durata della rappresentanza, se temporanea, e le modalità di cessazione della stessa;

b) può, in particolare qualora lo Stato membro rappresentato abbia un consolato nel paese terzo interessato, prevedere la messa a disposizione di locali e personale e il versamento di un corrispettivo da parte dello Stato membro rappresentato(4).

5. Gli Stati membri che non hanno un proprio consolato in un paese terzo si adoperano per concludere accordi di rappresentanza con Stati membri che hanno consolati in tale paese.

6. Per evitare che un’infrastruttura di trasporto carente o lunghe distanze in una regione o area geografica specifica richiedano uno sforzo sproporzionato da parte dei richiedenti per avere accesso a un consolato, gli Stati membri che non hanno un proprio consolato in tale regione o area si adoperano per concludere accordi di rappresentanza con Stati membri che hanno consolati in quella regione o area.

7. Lo Stato membro rappresentato notifica alla Commissione gli accordi di rappresentanza o la loro cessazione almeno 20 giorni di calendario prima della loro entrata in vigore o cessazione, tranne in caso di forza maggiore(5).

8. Contemporaneamente alla notifica di cui al paragrafo 7, il consolato dello Stato membro rappresentante informa sia i consolati degli altri Stati membri sia la delegazione dell’Unione nella giurisdizione interessata degli accordi di rappresentanza o della loro cessazione(6).

9. Se il consolato dello Stato membro rappresentante decide di cooperare con un fornitore esterno di servizi, conformemente all’articolo 43, o con intermediari commerciali accreditati, come previsto all’articolo 45, tale cooperazione include le domande contemplate dagli accordi di rappresentanza. Le autorità centrali dello Stato membro rappresentato sono informate in anticipo dei termini di tale cooperazione.

10. Se uno Stato membro non è né presente né rappresentato nel paese terzo in cui il richiedente intende presentare la domanda, detto Stato membro si adopera per cooperare con un fornitore esterno di servizi, conformemente all’articolo 43, in tale paese terzo(7).

11. Qualora un consolato di uno Stato membro in un dato luogo subisca una prolungata forza maggiore per problemi di natura tecnica, tale Stato membro chiede di essere temporaneamente rappresentato da un altro Stato membro in detto luogo per alcune o tutte le categorie di richiedenti(8).

(1) Sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Abrogato dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(3) Sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(4) Sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(59 Sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(6) Sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(7) Aggiunto dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(8) Inserito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

CAPO II
Domanda di visto

Art. 9. Modalità pratiche per la presentazione delle domande.

1. Le domande sono presentate non più di sei mesi o, per i marittimi nell’espletamento delle loro mansioni, non più di nove mesi prima dell’inizio del viaggio previsto e, di norma, al più tardi 15 giorni di calendario prima dell’inizio del viaggio previsto. In singoli casi d’urgenza giustificati, il consolato o le autorità centrali possono permettere che le domande siano presentate meno di 15 giorni di calendario prima dell’inizio del viaggio previsto. (1)

2. I richiedenti possono essere tenuti a chiedere un appuntamento per la presentazione della domanda. L’appuntamento ha luogo, di norma, entro due settimane dalla data della richiesta di appuntamento.

3. In giustificati casi d’urgenza il consolato può autorizzare i richiedenti a presentare domande senza chiedere l’appuntamento, o tale appuntamento è dato immediatamente.

4. Ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 13, le domande possono essere presentate:

a) dal richiedente;

b) da un intermediario commerciale accreditato;

c) da un’associazione o istituzione professionale, culturale, sportiva o d’istruzione, per conto dei suoi membri (2).

5. Il richiedente non può essere obbligato a presentarsi di persona in più di una sede per presentare una domanda (3).

(1) Sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(3) Inserito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 10. Norme generali per la presentazione delle domande.

1. I richiedenti si presentano di persona per la presentazione della domanda ai fini del rilevamento delle impronte digitali, in conformità dell’articolo 13, paragrafi 2 e 3, e paragrafo 7, lettera b). Fatto salvo quanto disposto alla prima frase del presente paragrafo e all’articolo 45, i richiedenti hanno la facoltà di presentare le loro domande elettronicamente, ove possibile (1).

[2. Gli Stati membri notificano alla Commissione i dati relativi ai quantitativi di prodotti immessi in libera pratica a norma dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1301/2006] (2).

3. Le notifiche di cui al paragrafo 1 sono effettuate in conformità del regolamento (CE) n. 792/2009 della Commissione e utilizzando le categorie di prodotti figuranti nell’ allegato V del regolamento (CE) n. 382/2008 (3).

(1) Modificato dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Abrogato dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(3) Sostituito dall’ art. 6 del Reg. della Commissione n. 1212 del 17 dicembre 2012.

Art. 11. Moduli di domanda.

1. Ogni richiedente presenta un modulo di domanda di cui all’allegato I compilato manualmente o elettronicamente. Il modulo di domanda deve essere firmato. Può essere firmato manualmente o, qualora la firma elettronica sia riconosciuta dallo Stato membro competente per l’esame della domanda e per la decisione in merito, elettronicamente. Le persone figuranti sul documento di viaggio del richiedente presentano moduli di domanda separati. I minori presentano un modulo di domanda firmato da una persona che esercita la potestà genitoriale permanente o temporanea o da un tutore legale (1).

1 bis. Qualora il richiedente firmi un modulo di domanda elettronicamente, la firma elettronica deve essere una firma elettronica qualificata ai sensi dell’articolo 3, punto 12, del regolamento (UE) n. 910/2014(2).

1 ter. Il contenuto della versione elettronica del modulo di domanda, ove applicabile, è conforme al modello di cui all’allegato I(3).

2. I consolati fanno sì che i moduli di domanda siano ampiamente disponibili e facilmente accessibili ai richiedenti a titolo gratuito.

3. I moduli sono disponibili come minimo:

a) nelle lingue ufficiali dello Stato membro per il quale è richiesto il visto o dello Stato membro rappresentante; e

b) nelle lingue ufficiali del paese ospitante.

Oltre che nelle lingue di cui alla lettera a), il modulo può essere reso disponibile in un’altra lingua ufficiale delle istituzioni dell’Unione(4).

4. Se le lingue ufficiali del paese ospitante non figurano nel modulo, è resa disponibile separatamente ai richiedenti una traduzione in tali lingue(5).

5. Una traduzione del modulo di domanda nelle lingue ufficiali del paese ospitante è fornita nell’ambito della cooperazione locale Schengen di cui all’articolo 48.

6. Il consolato informa i richiedenti in merito alle lingue utilizzabili per compilare il modulo di domanda.

(1) Paragrafo modificato dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155

(2) Paragrafo inserito dall’art. 1 del Re. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(3) Paragrafo inserito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(4) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(5) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 12. Documento di viaggio.

Il richiedente presenta un documento di viaggio valido che soddisfi i seguenti criteri:

a) la validità è di almeno tre mesi dopo la data prevista per la partenza dal territorio degli Stati membri o, in caso di più viaggi, dopo l’ultima data prevista per la partenza dal territorio degli Stati membri. Tuttavia, in casi di emergenza giustificati, è possibile derogare a tale obbligo;

b) contiene almeno due pagine bianche;

c) è stato rilasciato nel corso dei dieci anni precedenti.

Art. 13. Identificatori biometrici.

1. Gli Stati membri rilevano gli identificatori biometrici del richiedente comprendenti una fotografia e le impronte delle dieci dita dello stesso, conformemente alle garanzie previste dalla convenzione del Consiglio d’Europa per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo.

2. Il richiedente che introduce la prima domanda deve presentarsi di persona. In tale occasione sono rilevati i seguenti identificatori biometrici del richiedente:

— una fotografia, scansionata o fatta al momento della domanda,

e

— le sue impronte delle dieci dita prese a dita piatte, rilevate digitalmente.

3. Se le impronte digitali del richiedente rilevate nell’ambito di una domanda precedente sono inserite nel VIS per la prima volta meno di cinquantanove mesi prima della data della nuova domanda, esse sono copiate nella domanda successiva.

Tuttavia, in caso di dubbi ragionevoli sull’identità del richiedente, il consolato rileva le impronte digitali entro il termine di cui al primo comma.

Inoltre, se al momento della presentazione della domanda non può essere confermato immediatamente che le impronte digitali sono state rilevate entro il termine di cui al primo comma, il richiedente può chiedere che siano rilevate.

4. 4.  A norma dell’articolo 9, punto 5), del regolamento VIS, la fotografia allegata a ogni domanda è inserita nel VIS. Non è necessario che il richiedente si presenti di persona a tal fine.

I requisiti tecnici della fotografia sono conformi alle norme internazionali di cui al documento n. 9303, parte 1, 6 a edizione dell’Organizzazione dell’aviazione civile internazionale (ICAO).

5. Le impronte digitali sono rilevate conformemente alle norme ICAO e alla decisione 2006/648/CE della Commissione, del 22 settembre 2006, che stabilisce le specifiche tecniche in relazione alle norme sulle caratteristiche biometriche per lo sviluppo del Sistema informazione visti.

6. Gli identificatori biometrici sono rilevati da personale qualificato e debitamente autorizzato delle autorità competenti a norma dell’articolo 4, paragrafi 1, 2 e 3. Sotto la supervisione dei consolati, gli identificatori biometrici possono essere rilevati anche da personale qualificato e debitamente autorizzato del console onorario di cui all’articolo 42 o di un fornitore esterno di servizi di cui all’articolo 43. Lo Stato membro o gli Stati membri interessati, in caso di dubbi, prevedono la possibilità di verificare presso il consolato le impronte digitali che sono state rilevate dal fornitore esterno di servizi.

7. Sono esentati dall’obbligo di rilevamento delle impronte digitali i seguenti richiedenti:

a) bambini di età inferiore a dodici anni;

b) le persone per le quali è fisicamente impossibile rilevarle. Se tuttavia è possibile rilevare un numero di impronte digitali inferiore a dieci, si procede al rilevamento del numero massimo di impronte. Tuttavia, qualora l’impossibilità sia temporanea, il richiedente è invitato a fornire le impronte digitali in occasione della domanda successiva. Le autorità competenti a norma dell’articolo 4, paragrafi 1, 2 e 3, sono autorizzate a chiedere ulteriori chiarimenti dei motivi dell’impossibilità temporanea. Gli Stati membri provvedono affinché siano predisposte procedure idonee a garanzia della dignità del richiedente in caso di difficoltà nel rilevamento;

c) capi di Stato o di governo e membri dei governi nazionali, accompagnati dai consorti, e membri della loro delegazione ufficiale quando sono invitati dai governi degli Stati membri o da organizzazioni internazionali in missione ufficiale;

d) sovrani e altri importanti membri di una famiglia reale quando sono invitati dai governi degli Stati membri o da organizzazioni internazionali in missione ufficiale.

8. Nei casi di cui al paragrafo 7, va inserita nel VIS la menzione «non applicabile» a norma dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento VIS.

Art. 14. Documenti giustificativi.

1. All’atto della presentazione di una domanda di visto uniforme il richiedente presenta:

a) documenti che indichino la finalità del viaggio;

b) documenti relativi all’alloggio, o prova della disponibilità di mezzi sufficienti per l’alloggio;

c) documenti che indichino che il richiedente dispone dei mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno, sia per il ritorno nel paese di origine o di residenza, o per il transito verso un paese terzo nel quale l’ammissione è garantita, ovvero è in grado di ottenere legalmente detti mezzi, a norma dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), e paragrafo 3 del codice frontiere Schengen;

d) informazioni che consentano di valutare l’intenzione del richiedente di lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto richiesto.

2. All’atto della presentazione di una domanda di visto di transito aeroportuale il richiedente presenta:

a) documenti relativi al proseguimento del viaggio verso la destinazione finale dopo il transito aeroportuale previsto;

b) informazioni che consentano di valutare l’intenzione del richiedente di non entrare nel territorio degli Stati membri.

3. Un elenco non esaustivo di documenti giustificativi che possono essere chiesti al richiedente per verificare che soddisfi le condizioni di cui ai paragrafi 1 e 2 figura nell’allegato II (1).

4. Gli Stati membri possono chiedere al richiedente di presentare una dichiarazione di garanzia o una dichiarazione di alloggio da parte di un privato, o entrambe, compilando un modulo elaborato da ciascuno Stato membro. Tale modulo indica in particolare:

a) se è inteso come dichiarazione di garanzia o dichiarazione di alloggio privato, o entrambe;

b) se il garante o la persona che invita è una persona fisica, una società o un’organizzazione;

c) l’identità e gli estremi del garante o della persona che invita;

d) i dati relativi all’identità (nome e cognome, data di nascita, luogo di nascita e cittadinanza) del richiedente o dei richiedenti;

e) l’indirizzo dell’alloggio;

f) la durata e la finalità del soggiorno;

g) gli eventuali legami di parentela con il garante o la persona che invita;

h) le informazioni richieste ai sensi dell’articolo 37, paragrafo 1, del regolamento VIS.

Il modulo è redatto nelle lingue ufficiali dello Stato membro e in almeno un’altra lingua ufficiale delle istituzioni dell’Unione. Un facsimile del modulo è inviato alla Commissione(2).

5. I consolati, nell’ambito della cooperazione locale Schengen, valutano l’applicazione delle condizioni di cui al paragrafo 1, per tenere conto delle circostanze locali e dei rischi migratori e per la sicurezza(3).

5 bis. Se necessario per tenere conto delle circostanze locali conformemente all’articolo 48, la Commissione adotta mediante atti di esecuzione un elenco armonizzato di documenti giustificativi da usare in ciascuna giurisdizione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 52, paragrafo 2(4).

6. È possibile derogare ai requisiti di cui al paragrafo 1 del presente articolo nel caso di un richiedente noto al consolato o alle autorità centrali per integrità e affidabilità, in particolare per quanto riguarda la correttezza nell’uso di precedenti visti, qualora non vi sia alcun dubbio riguardo al fatto che il richiedente soddisfi i requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri(5).

(1) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(3) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(4) Paragrafo inserito dall’art.1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(5) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 15. Assicurazione sanitaria di viaggio.

1. I richiedenti i visti uniformi per uno o due ingressi devono dimostrare di possedere un’adeguata e valida assicurazione sanitaria di viaggio che copra le spese che potrebbero rendersi necessarie per il rimpatrio dovuto a motivi di salute, cure mediche urgenti, ricoveri ospedalieri d’urgenza o morte durante il loro soggiorno o i loro soggiorni nel territorio degli Stati membri.

2. I richiedenti i visti per ingressi multipli devono dimostrare di possedere un’adeguata e valida assicurazione sanitaria di viaggio che copra il periodo del primo viaggio previsto(1).

Dovranno inoltre firmare la dichiarazione, figurante nel modulo di domanda, con la quale affermano di essere consapevoli della necessità di avere un’assicurazione sanitaria di viaggio per i soggiorni successivi.

3. L’assicurazione è valida per l’insieme del territorio degli Stati membri e copre il periodo complessivo di soggiorno o di transito previsto dell’interessato. La copertura minima ammonta a 30 000 EUR.

Nel caso di rilascio di un visto con validità territoriale limitata che copre il territorio di più di uno Stato membro, la copertura assicurativa è valida almeno negli Stati membri interessati.

4. I richiedenti sottoscrivono, in linea di principio, l’assicurazione nel paese di residenza. Qualora ciò non sia possibile essi cercano di contrarre un’assicurazione in qualsiasi altro paese.

Se un’altra persona contrae un’assicurazione a nome del richiedente, si applicano le condizioni di cui al paragrafo 3.

5. Nel valutare l’adeguatezza della copertura assicurativa, i consolati accertano se le richieste di indennizzo nei confronti della compagnia di assicurazione siano riscuotibili negli Stati membri.

6. L’obbligo di sottoscrivere l’assicurazione può essere considerato come soddisfatto qualora si accerti che una copertura assicurativa adeguata è presumibile alla luce della situazione professionale del richiedente. L’esonero dalla dimostrazione di essere in possesso di un’assicurazione sanitaria di viaggio può interessare determinati gruppi professionali, quali i marittimi, già coperti da un’assicurazione sanitaria di viaggio per le loro attività professionali.

7. I titolari di passaporti diplomatici sono esentati dall’obbligo di possedere un’assicurazione sanitaria di viaggio.

(1) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 16. Diritti per i visti.

1. I richiedenti pagano diritti pari a 80 EUR(1).

2. Per i minori di età uguale o superiore a sei anni e inferiore a dodici anni i diritti per i visti ammontano a 40 EUR(2).

2 bis. Se una decisione di esecuzione è adottata dal Consiglio in conformità dell’articolo 25 bis, paragrafo 5, lettera b), si applicano diritti per i visti pari a 120 EUR o 160 EUR. La presente disposizione non si applica ai minori di età inferiore a dodici anni(3).

[3. I diritti per i visti sono riveduti periodicamente per tener conto delle spese amministrative](4).

4. I diritti per i visti non vengono riscossi per i richiedenti appartenenti a una delle categorie seguenti:

a) minori di età inferiore ai sei anni;

b) alunni, studenti, studenti già laureati e insegnanti accompagnatori che intraprendono soggiorni per motivi di studio o formazione pedagogica;

c) ricercatori, quali definiti all’articolo 3, punto 2, della direttiva (UE) 2016/801 del Parlamento europeo e del Consiglio, che si spostano a fini di ricerca scientifica o che partecipano a seminari o conferenze scientifici(5);

d) rappresentanti di organizzazioni senza fini di lucro di età non superiore ai venticinque anni che partecipano a seminari, conferenze, manifestazioni sportive, culturali o educative organizzati da organizzazioni senza fini di lucro.

5. Possono essere esentati dal pagamento di diritti per il visto:

a) i minori tra i sei e i diciotto anni;

b) i titolari di passaporti diplomatici e di servizio;

c) i partecipanti a seminari, conferenze, manifestazioni sportive, culturali o educative organizzati da organizzazioni senza fini di lucro di età non superiore ai 25 anni(6).

6. In singoli casi è possibile derogare alla riscossione o ridurre l’importo dei diritti per i visti, quando ciò serve a promuovere gli interessi culturali o sportivi, gli interessi in materia di politica estera, di politica dello sviluppo e di altri settori essenziali d’interesse pubblico, o per motivi umanitari o in virtù di obblighi internazionali(7).

7. I diritti per i visti sono riscossi in euro, nella valuta nazionale del paese terzo o nella valuta solitamente utilizzata nel paese terzo ove è presentata la domanda e non sono rimborsabili, tranne nei casi di cui all’articolo 18, paragrafo 2, e all’articolo 19, paragrafo 3.

Se riscosso in una valuta diversa dall’euro, l’importo dei diritti per i visti riscosso in tale valuta è determinato e riveduto periodicamente applicando il tasso di cambio di riferimento dell’euro fissato dalla Banca centrale europea. L’importo riscosso può essere arrotondato e deve essere assicurato, nell’ambito della cooperazione locale Schengen, che siano riscossi diritti simili(8).

8. Per tale pagamento il richiedente ottiene una ricevuta.

9. Ogni tre anni la Commissione valuta l’esigenza di rivedere l’importo dei diritti per i visti di cui ai paragrafi 1, 2 e 2 bis del presente articolo, tenendo conto di criteri obiettivi quali il tasso d’inflazione generale a livello dell’Unione pubblicato da Eurostat e la media ponderata delle retribuzioni dei funzionari degli Stati membri. Sulla base di tali valutazioni, la Commissione adotta, se opportuno e conformemente all’articolo 51 bis, atti relativi alla modifica del presente regolamento per quanto riguarda l’importo dei diritti per i visti(9).

(1) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(3) Paragrafo inserito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(4) Abrogato dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(5) Lettera sostituita dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(6) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(7) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(8) Comma sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(9) Paragrafo aggiunto dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 17. Diritti per servizi prestati.

1. Il fornitore esterno di servizi di cui all’articolo 43 può chiedere il pagamento di diritti per servizi prestati. I diritti per servizi prestati sono proporzionali alle spese sostenute dal fornitore esterno di servizi nello svolgere uno o più dei compiti di cui all’articolo 43, paragrafo 6(1).

2. L’importo dei diritti per servizi prestati è precisato nello strumento giuridico di cui all’articolo 43, paragrafo 2.

[3. Nell’ambito della cooperazione locale Schengen, gli Stati membri garantiscono che l’importo richiesto al richiedente rifletta debitamente i servizi offerti dal fornitore esterno di servizi e sia adattato in funzione delle circostanze locali. Inoltre, essi si propongono di armonizzare l’importo applicato per i servizi prestati](2).

4. Tale importo non supera la metà dell’importo del diritto per il visto di cui all’articolo 16, paragrafo 1, indipendentemente dalle eventuali riduzioni o deroghe ai diritti per i visti di cui all’articolo 16, paragrafi 2, 4, 5 e 6.

4 bis. In deroga al paragrafo 4, i diritti per servizi prestati non superano, in linea di principio, 80 EUR nei paesi terzi in cui lo Stato membro competente non abbia un consolato ai fini della raccolta delle domande e non sia rappresentato da un altro Stato membro(3).

4 ter. In circostanze eccezionali in cui l’importo di cui al paragrafo 4 bis non è sufficiente per fornire un servizio completo, è possibile imporre diritti per servizi prestati più elevati fino a un massimo di 120 EUR. In tal caso, lo Stato membro interessato notifica alla Commissione la sua intenzione di consentire l’imposizione di diritti per servizi prestati più elevati al più tardi tre mesi prima dell’inizio della loro applicazione. La notifica precisa i motivi alla base della determinazione del livello dei diritti per servizi prestati, in particolare i costi dettagliati che hanno portato alla determinazione di un importo più elevato(4).

5. Lo Stato membro interessato può mantenere la possibilità per tutti i richiedenti di presentare la loro domanda direttamente ai rispettivi consolati o al consolato di uno Stato membro con cui ha un accordo di rappresentanza conformemente all’articolo 8 (5).

(1) Paragrafo modificato dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Paragrafo soppresso dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(3) Paragrafo inserito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(4) Paragrafo inserito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(5) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

CAPO III
Esame della domanda e decisione sul merito

Art. 18. Accertamento della competenza consolare.

1. Quando è presentata una domanda, il consolato verifica la propria competenza a esaminarla e a decidere sul merito alla stessa a norma degli articoli 5 e 6.

2. Se il consolato non è competente, restituisce senza indugio il modulo di domanda e tutti i documenti presentati dal richiedente, rimborsa i diritti per i visti e indica il consolato competente.

Art. 19. Ricevibilità.

1. Il consolato competente o le autorità centrali dello Stato membro competente verificano(1):

— se la domanda è stata presentata entro il termine di cui all’articolo 9, paragrafo 1,

— se la domanda contiene gli elementi di cui all’articolo 10, paragrafo 3, lettere da a) a c),

— se sono stati rilevati i dati biometrici del richiedente, e

— se sono stati riscossi i diritti per i visti.

2. Se il consolato competente o le autorità centrali dello Stato membro competente constatano che le condizioni di cui al paragrafo 1 sono soddisfatte, la domanda è ricevibile e il consolato o le autorità centrali:

— segue le procedure di cui all’articolo 8 del regolamento VIS, e

— esamina ulteriormente la domanda(2).

I dati sono inseriti nel VIS soltanto da personale consolare debitamente autorizzato a norma dell’articolo 6, paragrafo 1, dell’articolo 7 e dell’articolo 9, punti 5) e 6), del regolamento VIS(3).

3. Se il consolato competente o le autorità centrali dello Stato membro competente constatano che le condizioni di cui al paragrafo 1 non sono soddisfatte, la domanda è irricevibile e il consolato o le autorità centrali, senza indugio:

— restituisce il modulo di domanda e tutti i documenti presentati dal richiedente,

— distrugge i dati biometrici raccolti,

— rimborsa i diritti per i visti, e

— non esamina la domanda(4).

4. A titolo di deroga del paragrafo 3, una domanda che non soddisfi i requisiti di cui al paragrafo 1 può essere considerata ricevibile per motivi umanitari o di interesse nazionale o in virtù di obblighi internazionali(5).

(1) Paragrafo modificato dall’art.1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Comma sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(3) Corretto con avviso di Rettifica pubblicato in G.U.C.E. L del 12 novembre 2018, n. 284.

(4) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(5) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 20. Timbro indicante la ricevibilità di una domanda.

1. Se una domanda è ricevibile, il consolato competente appone un timbro sul documento di viaggio del richiedente. Il timbro è conforme al modello figurante nell’allegato III ed è apposto conformemente alle disposizioni di tale allegato.

2. I passaporti diplomatici, di servizio/ufficiali e speciali non vengono timbrati.

3. Le disposizioni del presente articolo si applicano ai consolati degli Stati membri fino alla data della piena entrata in funzione del VIS in tutte le regioni a norma dell’articolo 48 del regolamento VIS.

Art. 21. Verifica delle condizioni d’ingresso e valutazione del Rischio.

1. Nell’esaminare una domanda di visto uniforme viene accertato se il richiedente soddisfi le condizioni d’ingresso di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a), c), d) ed e), del codice frontiere Schengen ed è accordata particolare attenzione alla valutazione se il richiedente presenti un rischio di immigrazione illegale o un rischio per la sicurezza degli Stati membri e se il richiedente intenda lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto richiesto.

2. Per ciascuna domanda viene consultato il VIS conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, e all’articolo 15 del regolamento VIS. Gli Stati membri provvedono affinché siano pienamente utilizzati tutti i criteri di ricerca di cui all’articolo 15 del regolamento VIS onde evitare respingimenti e identificazioni falsi.

3. Nel determinare se il richiedente soddisfi le condizioni d’ingresso, il consolato o le autorità centrali verificano(1):

a) che il documento di viaggio presentato non sia falso, contraffatto o alterato;

b) la giustificazione presentata dal richiedente riguardo allo scopo e alle condizioni del soggiorno previsto e che questi disponga dei mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata del soggiorno previsto sia per il ritorno nel paese di origine o di residenza oppure per il transito verso un paese terzo nel quale la sua ammissione è garantita, ovvero che sia in grado di ottenere legalmente detti mezzi;

c) se il richiedente è segnalato ai fini della non ammissione nel sistema d’informazione Schengen (SIS);

d) che il richiedente non sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica, quale definita all’articolo 2, punto 19, del codice frontiere Schengen, o per le relazioni internazionali di uno degli Stati membri e, in particolare, che non sia oggetto di segnalazione ai fini della non ammissione nelle banche dati nazionali degli Stati membri per gli stessi motivi;

e) che il richiedente disponga di un’adeguata e valida assicurazione sanitaria di viaggio, ove applicabile, che copra il periodo del soggiorno previsto, oppure, se è chiesto un visto per ingressi multipli, il periodo del primo viaggio previsto(2).

4. Se del caso, il consolato o le autorità centrali verificano la durata dei soggiorni precedenti e previsti per accertare che il richiedente non abbia superato la durata massima del soggiorno autorizzato nel territorio degli Stati membri, indipendentemente da eventuali soggiorni autorizzati in base a un visto nazionale per soggiorno di lunga durata o a un titolo di soggiorno(3).

5. La valutazione dei mezzi di sussistenza per il soggiorno previsto si effettua in funzione della durata e dello scopo del soggiorno e con riferimento ai prezzi medi vigenti nello o negli Stati membri interessati per vitto e alloggio in sistemazione economica, moltiplicati per il numero di giorni del soggiorno, in base agli importi di riferimento fissati dagli Stati membri conformemente all’articolo 34, paragrafo 1, lettera c), del codice frontiere Schengen. La dichiarazione di garanzia e/o di alloggio da parte di un privato può altresì costituire una prova della disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti.

6. In sede di esame di una domanda di visto di transito aeroportuale, il consolato o le autorità centrali verificano in particolare(4):

a) che il documento di viaggio presentato non sia falso, contraffatto o alterato;

b) i luoghi di partenza e di destinazione del cittadino di paese terzo interessato e la coerenza dell’itinerario e del transito aeroportuale previsti;

c) il giustificativo del proseguimento del viaggio verso la destinazione finale.

7. L’esame di una domanda si fonda, in particolare, sull’autenticità e l’affidabilità dei documenti presentati e sulla veridicità e l’affidabilità delle dichiarazioni fatte dal richiedente.

8. Nel corso dell’esame di una domanda, i consolati o le autorità centrali possono, in casi giustificati, procedere a un colloquio con il richiedente e richiedere documenti supplementari(5).

9. Un precedente rifiuto del visto non comporta il rifiuto automatico di una nuova domanda. Una nuova domanda è valutata sulla base di tutte le informazioni disponibili.

(1) Testo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Lettera sostituita dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(3) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(4) Testo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(5) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 22. Consultazione preliminare delle autorità centrali degli altri Stati membri.

1. Per motivi legati a una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna, le relazioni internazionali o la salute pubblica, uno Stato membro può chiedere alle autorità centrali di altri Stati membri di consultare le proprie autorità centrali nel corso dell’esame delle domande presentate da cittadini di determinati paesi terzi o da specifiche categorie di tali cittadini. Tale consultazione non si applica alle domande di visto di transito aeroportuale(1).

2. Le autorità centrali consultate danno una risposta definitiva appena possibile e non oltre sette giorni di calendario dopo la consultazione. La mancanza di risposta entro tale termine implica che esse non hanno motivo di opporsi al rilascio del visto(2).

3. Gli Stati membri notificano alla Commissione l’introduzione o il ritiro della richiesta di consultazione preliminare, di norma, almeno 25 giorni di calendario prima che detta misura diventi applicabile. Tale informazione è comunicata anche nell’ambito della cooperazione locale Schengen all’interno della giurisdizione interessata(3).

4. La Commissione informa gli Stati membri di tali notifiche.

[5. A decorrere dalla data di sostituzione della rete di consultazione Schengen di cui all’articolo 46 del regolamento VIS, la consultazione preliminare è effettuata conformemente all’articolo 16, paragrafo 2, di tale regolamento](4).

(1) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(3) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(4) Abrogato dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 23. Decisione sulla domanda.

1. La decisione sulla domanda è presa entro quindici giorni di calendario dalla data della presentazione di una domanda ricevibile ai sensi dell’articolo 19.

2. Detto termine può essere prorogato fino a un massimo di 45 giorni di calendario in singoli casi, segnatamente quando si rende necessario un ulteriore esame della domanda(1).

2 bis. La decisione sulla domanda è presa senza indugio in singoli casi d’urgenza giustificati(2).

[3. Se, in casi specifici, risultano necessari documenti supplementari, il termine può essere eccezionalmente prorogato fino a un massimo di sessanta giorni di calendario](3).

4. Salvo in caso di ritiro della domanda, è presa la decisione di:

a) rilasciare un visto uniforme a norma dell’articolo 24;

b) rilasciare un visto con validità territoriale limitata a norma dell’articolo 25;

b bis) rilasciare un visto di transito aeroportuale a norma dell’articolo 26; o(4)

c) rifiutare un visto in conformità dell’articolo 32(5).

[d)  interrompere l’esame della domanda e trasmetterla alle autorità competenti dello Stato membro rappresentato a norma dell’articolo 8, paragrafo 2](6).

L’impossibilità fisica di rilevare le impronte digitali a norma dell’articolo 13, paragrafo 7, lettera b), non influisce sul rilascio o sul rifiuto del visto.

(1) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Paragrafo inserito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(3) Abrogato dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(4) Lettera inserita dall’art.1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(5) Lettera sostituita dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(6) Abrogata dall’art.1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

CAPO IV
Rilascio del visto

Art. 24. Rilascio di un visto uniforme.

1. Il periodo di validità del visto e la durata del soggiorno autorizzato sono basati sull’esame effettuato a norma dell’articolo 21.

Un visto può essere rilasciato per uno, due o molteplici ingressi.

Il periodo di validità non è superiore a cinque anni.

[In caso di transito, la durata del soggiorno autorizzato corrisponde al tempo necessario per il transito](1).

Fermo restando l’articolo 12, lettera a), il periodo di validità del visto per ingresso singolo comprende una “franchigia” di 15 giorni di calendario(2).

Gli Stati membri possono decidere di non concedere tale franchigia per motivi di ordine pubblico o in ragione delle relazioni internazionali di uno degli Stati membri.

2. A condizione che il richiedente soddisfi le condizioni d’ingresso di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a) e lettere da c) a e), del regolamento (UE) 2016/399, i visti per ingressi multipli con un lungo periodo di validità sono rilasciati per i seguenti periodi di validità, a meno che la validità del visto superi quella del documento di viaggio:

a) un anno, purché il richiedente abbia ottenuto e usato legittimamente tre visti nei due anni precedenti;

b) due anni, purché il richiedente abbia ottenuto e usato legittimamente un precedente visto per ingressi multipli della validità di un anno nei due anni precedenti;

c) cinque anni, purché il richiedente abbia ottenuto e usato legittimamente un precedente visto per ingressi multipli della validità di due anni nei tre anni precedenti.

Per il rilascio dei visti per ingressi multipli non si tiene conto dei visti di transito aeroportuale e dei visti con validità territoriale limitata rilasciati in conformità dell’articolo 25, paragrafo 1(3).

2 ter. In deroga al paragrafo 2, i consolati, nell’ambito della cooperazione locale Schengen, valutano se le norme sul rilascio dei visti per ingressi multipli di cui al paragrafo 2 debbano essere adattate per tenere conto delle circostanze locali e dei rischi migratori e per la sicurezza, ai fini dell’adozione di norme più favorevoli o più restrittive in conformità del paragrafo 2 quinquies(4).

2 quater. Fatto salvo il paragrafo 2, può essere rilasciato un visto per ingressi multipli valido fino a cinque anni ai richiedenti che ne dimostrano la necessità o giustificano l’intenzione di viaggiare frequentemente o con regolarità, purché dimostrino la propria integrità e affidabilità, in particolare l’uso legittimo di precedenti visti, la situazione economica nel paese di origine e l’effettiva intenzione di lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto che hanno richiesto(5).

2 quinquies. Ove necessario, sulla base della valutazione di cui al paragrafo 2 ter del presente articolo, la Commissione adotta, mediante atti di esecuzione, norme sulle condizioni per il rilascio dei visti per ingressi multipli di cui al paragrafo 2 del presente articolo, da applicare in ciascuna giurisdizione per tenere conto delle circostanze locali, dei rischi migratori e per la sicurezza e delle relazioni generali dell’Unione con il paese terzo in questione. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 52, paragrafo 2(6).

3. I dati di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento VIS sono inseriti nel VIS una volta presa la decisione sul rilascio del visto.

(1) Abrogato dall’articolo 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(3)Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(4) Paragrafo inserito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(5) Paragrafo inserito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(6) Paragrafo inserito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 25. Rilascio di un visto con validità territoriale limitata.

1. I visti con validità territoriale limitata sono rilasciati eccezionalmente nei seguenti casi:

a) quando, per motivi umanitari o di interesse nazionale o in virtù di obblighi internazionali, lo Stato membro interessato ritiene necessario:

i) derogare al principio dell’adempimento delle condizioni di ingresso di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a), c), d) ed e), del codice frontiere Schengen;

ii) rilasciare un visto nonostante l’opposizione al rilascio di un visto uniforme manifestata dallo Stato membro consultato a norma dell’articolo 22; oppure

iii) rilasciare un visto per motivi di urgenza benché non abbia avuto luogo la consultazione preliminare a norma dell’articolo 22;

ovvero

b) quando, per motivi ritenuti giustificati dal consolato, è rilasciato un nuovo visto per un soggiorno durante lo stesso periodo di 180 giorni a un richiedente che, al di là di questo periodo di 180 giorni, ha già utilizzato un visto uniforme o un visto con validità territoriale limitata per un soggiorno di 90 giorni (1).

2. Un visto con validità territoriale limitata è valido per il territorio dello Stato membro di rilascio. In via eccezionale può essere valido per il territorio di più Stati membri, fatto salvo il consenso di ciascuno degli Stati membri interessati.

3. Se il richiedente possiede un documento di viaggio non riconosciuto da uno o più Stati membri, ma non tutti, è rilasciato un visto valido per il territorio degli Stati membri che riconoscono il documento di viaggio. Nel caso in cui lo Stato membro di rilascio non riconosca il documento di viaggio del richiedente, il visto rilasciato è valido solo per quello Stato membro.

4. Se il visto con validità territoriale limitata è stato rilasciato nei casi di cui al paragrafo 1, lettera a), le autorità centrali dello Stato membro di rilascio procedono, senza indugio e secondo la procedura di cui all’articolo 16, paragrafo 3, del regolamento VIS, alla trasmissione delle informazioni rilevanti alle autorità centrali degli altri Stati membri.

5. I dati di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento VIS sono inseriti nel VIS una volta presa la decisione sul rilascio del visto.

(1) Lettera sostituita dall’art. 6 del Reg. del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 610 del 26 giugno 2013.

Art. 25 bis. Cooperazione in materia di riammissione. (1)

1. In funzione del livello di cooperazione di un paese terzo con gli Stati membri in materia di riammissione dei migranti irregolari valutato sulla base di dati pertinenti e obiettivi, l’articolo 14, paragrafo 6, l’articolo 16, paragrafo 1, e paragrafo 5, lettera b), l’articolo 23, paragrafo 1, e l’articolo 24, paragrafi 2 e 2 quater, non si applicano ai richiedenti o alle categorie di richiedenti che sono cittadini di un paese terzo che si ritiene non cooperi a sufficienza in conformità del presente articolo.

2. La Commissione valuta regolarmente, con cadenza almeno annuale, la cooperazione dei paesi terzi in materia di riammissione, tenendo conto, in particolare, dei seguenti indicatori:

a) il numero di decisioni di rimpatrio emesse nei confronti di persone provenienti dal paese terzo in questione il cui soggiorno nel territorio degli Stati membri è irregolare;

b) il numero di rimpatri forzati effettivi di persone destinatarie di decisioni di rimpatrio in rapporto al numero di decisioni di rimpatrio emesse nei confronti di cittadini del paese terzo in questione, compreso, se del caso, sulla base di accordi di riammissione dell’Unione o bilaterali, il numero di cittadini di paesi terzi che hanno transitato sul territorio del paese terzo in questione;

c) il numero di richieste di riammissione per Stato membro accettate dal paese terzo in rapporto al numero di tali richieste presentate a tale paese;

d) il grado di cooperazione pratica in materia di rimpatrio nelle diverse fasi della procedura di rimpatrio, quali:

i) l’assistenza fornita nell’identificazione di persone che soggiornano illegalmente nel territorio degli Stati membri e nel tempestivo rilascio di documenti di viaggio;

ii) l’accettazione del documento di viaggio europeo per il rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare o del lasciapassare europeo;

iii) l’accettazione della riammissione di persone che per legge devono essere rimpatriate nel loro paese;

iv) l’accettazione di voli e operazioni di rimpatrio.

Tale valutazione è basata sull’uso di dati affidabili forniti da Stati membri, nonché da istituzioni, organi e organismi dell’Unione. La Commissione riferisce periodicamente, con cadenza almeno annuale, al Consiglio in merito a tale valutazione.

3. Uno Stato membro può notificare alla Commissione di incontrare problemi pratici sostanziali e persistenti nella cooperazione con un paese terzo in materia di riammissione di migranti in situazione irregolare, sulla base degli indicatori elencati al paragrafo 2. La Commissione informa immediatamente il Parlamento europeo e il Consiglio di tale notifica.

4. La Commissione esamina entro un mese le eventuali notifiche di cui al paragrafo 3. La Commissione informa il Parlamento europeo e il Consiglio dei risultati di tale esame.

5. Qualora, in base all’analisi di cui ai paragrafi 2 e 4 e tenuto conto delle misure adottate dalla Commissione per migliorare il livello di cooperazione del paese terzo in questione in materia di riammissione e le relazioni generali dell’Unione con tale paese terzo, anche in materia di migrazione, la Commissione ritenga che un paese non cooperi a sufficienza e che pertanto occorra intervenire, o qualora, entro dodici mesi, la maggioranza semplice di Stati membri abbia effettuato una notifica alla Commissione a norma del paragrafo 3, la Commissione, continuando nel contempo ad adoperarsi per migliorare la cooperazione con il paese terzo interessato, presenta al Consiglio una proposta ai fini dell’adozione di:

a) una decisione di esecuzione che sospenda temporaneamente l’applicazione di uno o più dei seguenti articoli, l’articolo 14, paragrafo 6, l’articolo 16, paragrafo 5, lettera b), l’articolo 23, paragrafo 1, o l’articolo 24, paragrafi 2 e 2 quater, a tutti i cittadini del paese terzo in questione o ad alcune categorie di tali cittadini;

b) una decisione di esecuzione che applichi, in maniera graduale, uno dei diritti per i visti di cui all’articolo 16, paragrafo 2 bis, a tutti i cittadini del paese terzo in questione o ad alcune categorie di tali cittadini, laddove, in seguito a una valutazione della Commissione, le misure applicate conformemente alla decisione di esecuzione di cui alla lettera a) del presente paragrafo siano ritenute inefficaci.

6. La Commissione valuta continuamente e riferisce, sulla base degli indicatori di cui al paragrafo 2, se possano essere constatati miglioramenti sostanziali e duraturi nella cooperazione con il paese terzo interessato in materia di riammissione dei migranti irregolari e, tenendo conto anche delle relazioni generali dell’Unione con detto paese terzo, può presentare al Consiglio una proposta intesa ad abrogare o modificare le decisioni di esecuzione di cui al paragrafo 5.

7. Entro sei mesi dall’entrata in vigore delle decisioni di esecuzione di cui al paragrafo 5, la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio in merito ai progressi conseguiti nella cooperazione del paese terzo in questione in materia di riammissione.

8. Qualora, sulla base dell’analisi di cui al paragrafo 2 e tenuto conto delle relazioni generali dell’Unione con il paese terzo in questione, segnatamente nella cooperazione in materia di riammissione, ritenga che il paese terzo interessato cooperi a sufficienza, la Commissione può presentare al Consiglio una proposta ai fini dell’adozione di una decisione di esecuzione concernente i richiedenti o le categorie di richiedenti cittadini del paese terzo in questione e che chiedono un visto nel territorio di detto paese terzo e recante una o più delle seguenti misure:

a) la riduzione a 60 EUR dei diritti per i visti di cui all’articolo 16, paragrafo 1;

b) la riduzione a 10 giorni del termine entro il quale vanno prese le decisioni su una domanda di cui all’articolo 23, paragrafo 1;

c) l’allungamento del periodo di validità dei visti per ingressi multipli di cui all’articolo 24, paragrafo 2. Tale decisione di esecuzione si applica per massimo un anno. Essa può essere rinnovata.

(1) Art. inserito dall’articolo 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 26. Rilascio di un visto di transito aeroportuale.

1. Il visto di transito aeroportuale è valido per il transito nelle zone internazionali di transito degli aeroporti situati sul territorio degli Stati membri.

2. Fermo restando l’articolo 12, lettera a), il periodo di validità del visto comprende una «franchigia» supplementare di quindici giorni. Gli Stati membri possono decidere di non concedere tale franchigia per motivi di ordine pubblico o in ragione delle relazioni internazionali di uno degli Stati membri.

3. Fatto salvo l’articolo 12, lettera a), i visti di transito aeroportuale multipli possono essere rilasciati con un periodo di validità massima di sei mesi.

4. Nell’adozione della decisione sul rilascio di visti di transito aeroportuale multipli sono rilevanti, in particolare, i seguenti criteri:

a) la necessità del richiedente di transitare frequentemente e/o regolarmente; e

b) l’integrità e l’affidabilità del richiedente, in particolare la correttezza nell’uso di precedenti visti uniformi, visti con validità territoriale limitata o visti di transito aeroportuale, la sua situazione economica nel suo paese d’origine e l’effettiva intenzione di proseguire il viaggio.

5. Se il richiedente deve essere in possesso di un visto di transito aeroportuale a norma dell’articolo 3, paragrafo 2, il visto di transito aeroportuale è valido solo per il transito nelle zone internazionali degli aeroporti situati sul territorio dello Stato membro o degli Stati membri interessati.

6. I dati di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento VIS sono inseriti nel VIS una volta presa la decisione sul rilascio del visto.

Art. 27. Modalità di compilazione del visto adesivo.

1. La Commissione adotta, mediante atti di esecuzione, le regole dettagliate di compilazione del visto adesivo. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 52, paragrafo 2(1).

2. Gli Stati membri possono aggiungere menzioni nazionali nella zona “annotazioni” del visto adesivo. Tali menzioni non duplicano le menzioni obbligatorie stabilite secondo la procedura di cui al paragrafo 1(2).

3. Tutte le diciture sul visto adesivo sono stampate e i visti adesivi stampati non possono recare correzioni o cancellature manuali.

4. Il visto adesivo per ingresso singolo può essere compilato manualmente solo in caso di forza maggiore per problemi di natura tecnica. Il visto adesivo compilato manualmente non può recare correzioni o cancellature(3).

5. In caso di compilazione manuale di un visto adesivo a norma del paragrafo 4 del presente articolo, questa informazione è inserita nel VIS conformemente all’articolo 10, paragrafo 1, lettera k), del regolamento VIS.

(1) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(3) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 28. Annullamento di un visto adesivo già compilato.

1. Se si individua un errore nel visto adesivo prima di apporlo sul documento di viaggio, il visto adesivo è annullato.

2. Se si individua un errore dopo aver apposto il visto adesivo sul documento di viaggio, il visto adesivo è annullato barrandolo con una croce decussata in inchiostro indelebile e si procede all’apposizione di un nuovo visto su un’altra pagina.

3. Se si individua un errore dopo che i dati rilevanti sono stati inseriti nel VIS conformemente all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento VIS, l’errore è rettificato a norma dell’articolo 24, paragrafo 1, dello stesso regolamento.

Art. 29. Apposizione di un visto adesivo.

1. Il visto adesivo è apposto sul documento di viaggio(1).

1 bis. La Commissione adotta, mediante atti di esecuzione, le norme dettagliate di apposizione del visto adesivo. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 52, paragrafo 2.(2)

2. Se lo Stato membro di rilascio non riconosce il documento di viaggio del richiedente, è utilizzato il foglio separato per l’apposizione del visto.

3. In caso di apposizione del visto adesivo sul foglio separato per l’apposizione del visto, questa informazione è inserita nel VIS conformemente all’articolo 10, paragrafo 1, lettera j), del regolamento VIS.

4. I visti individuali rilasciati alle persone figuranti sul documento di viaggio del richiedente sono apposti su tale documento di viaggio.

5. Se lo Stato membro di rilascio non riconosce il documento di viaggio su cui figurano tali persone, il visto adesivo individuale è apposto sui fogli separati per l’apposizione di un visto.

(1) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Paragrafo inserito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 30. Diritti derivati dal rilascio di un visto.

Il possesso di un visto uniforme o di un visto con validità territoriale limitata non conferisce un diritto automatico di ingresso.

Art. 31. Informazione delle autorità centrali degli altri Stati membri.

1. Uno Stato membro può chiedere che le proprie autorità centrali siano informate sui visti rilasciati da altri Stati membri ai cittadini di determinati paesi terzi o a specifiche categorie di tali cittadini, salvo in caso di visti di transito aeroportuale(1).

2. Gli Stati membri notificano alla Commissione l’introduzione o il ritiro della richiesta relativa a tale informazione almeno 25 giorni di calendario prima che detta misura diventi applicabile. Tale informazione è comunicata anche nell’ambito della cooperazione locale Schengen all’interno della giurisdizione interessata(2).

3. La Commissione informa gli Stati membri di tali notifiche.

[4. A decorrere dalla data di cui all’articolo 46 del regolamento VIS, le informazioni sono trasmesse conformemente all’articolo 16, paragrafo 3, di tale regolamento](3).

(1) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(3) Abrogato dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Art. 32. Rifiuto di un visto.

1. Ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 25, paragrafo 1, il visto è rifiutato:

a) quando il richiedente:

i) presenta un documento di viaggio falso, contraffatto o alterato;

ii) non fornisce la giustificazione riguardo allo scopo e alle condizioni del soggiorno previsto;

ii bis) non fornisce la giustificazione riguardo allo scopo e alle condizioni del transito aeroportuale previsto(1);

iii) non dimostra di disporre di mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno sia per il ritorno nel paese di origine o di residenza oppure per il transito verso un paese terzo nel quale la sua ammissione è garantita, ovvero non è in grado di ottenere legalmente detti mezzi;

iv) abbia già soggiornato per 90 giorni nell’arco del periodo di 180 giorni in corso, sul territorio degli Stati membri in virtù di un visto uniforme o di un visto con validità territoriale limitata(2);

v) è segnalato nel SIS al fine della non ammissione;

vi) sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica, quale definita all’articolo 2, paragrafo 19, del codice frontiere Schengen, o per le relazioni internazionali di uno degli Stati membri e, in particolare, sia segnalato nelle banche dati nazionali degli Stati membri ai fini della non ammissione per gli stessi motivi; oppure

vii) non dimostra di possedere un’adeguata e valida assicurazione sanitaria di viaggio, ove applicabile;

oppure

b) qualora vi siano ragionevoli dubbi sull’autenticità dei documenti giustificativi presentati dal richiedente o sulla veridicità del loro contenuto, sull’affidabilità delle dichiarazioni fatte dal richiedente o sulla sua intenzione di lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto richiesto.

2. La decisione di rifiuto e i motivi su cui si basa sono notificati al richiedente mediante il modulo uniforme di cui all’allegato VI nella lingua dello Stato membro che ha adottato la decisione definitiva in merito alla domanda e in un’altra lingua ufficiale delle istituzioni dell’Unione(3).

3. I richiedenti cui sia stato rifiutato il visto hanno il diritto di presentare ricorso. I ricorsi sono proposti nei confronti dello Stato membro che ha adottato la decisione definitiva in merito alla domanda e disciplinati conformemente alla legislazione nazionale di tale Stato membro. Gli Stati membri forniscono ai richiedenti informazioni sulla procedura cui attenersi in caso di ricorso, come precisato nell’allegato VI.

[4. Nei casi di cui all’articolo 8, paragrafo 2, il consolato dello Stato membro rappresentante informa il richiedente della decisione presa dallo Stato membro rappresentato.](4)

5. Le informazioni sui visti rifiutati sono inserite nel VIS conformemente all’articolo 12 del regolamento VIS.

(1) Inserito dall’art.1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Punto sostituito dall’art.6 del Reg. del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 610 del 26 giugno 2013.

(3) Paragrafo sostituito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(4) Abrogato dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

CAPO V
Modifica di un visto già rilasciato

Art. 33. Proroga.

1. Il periodo di validità e/o la durata del soggiorno, in relazione a un visto rilasciato sono prorogati qualora l’autorità competente di uno Stato membro ritenga che un titolare del visto abbia dimostrato l’esistenza di motivi di forza maggiore o di ragioni umanitarie che gli impediscono di lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del periodo di validità del visto o della durata del soggiorno da esso autorizzato. Tale proroga è concessa a titolo gratuito.

2. Il periodo di validità e/o la durata del soggiorno in relazione a un visto rilasciato possono essere prorogati qualora il titolare del visto dimostri l’esistenza di ragioni personali serie che giustifichino la proroga del periodo di validità o della durata del soggiorno. Tale proroga dà luogo alla riscossione di un diritto pari a 30 EUR.

3. Salvo diversa decisione dell’autorità che dispone la proroga del visto, la validità territoriale del visto prorogato rimane uguale a quella del visto originario.

4. L’autorità competente a prorogare il visto è quella dello Stato membro sul cui territorio si trova il cittadino del paese terzo al momento della richiesta della proroga.

5. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le autorità competenti per la proroga dei visti.

6. La proroga del visto assume la forma di un visto adesivo.

7. Le informazioni sul visto prorogato sono inserite nel VIS conformemente all’articolo 14 del regolamento VIS.

Art. 34. Annullamento e revoca.

1. Un visto è annullato qualora risulti che le condizioni di rilascio dello stesso non erano soddisfatte al momento del rilascio, in particolare se vi sono fondati motivi per ritenere che il visto sia stato ottenuto in modo fraudolento. Un visto è annullato, in linea di principio, dalle autorità competenti dello Stato membro di rilascio. Un visto può essere annullato dalle autorità competenti di un altro Stato membro, nel qual caso le autorità dello Stato membro di rilascio sono informate dell’annullamento.

2. Un visto è revocato qualora risulti che le condizioni di rilascio dello stesso non sono più soddisfatte. Un visto è revocato, in linea di principio, dalle autorità competenti dello Stato membro di rilascio. Un visto può essere revocato dalle autorità competenti di un altro Stato membro, nel qual caso le autorità dello Stato membro di rilascio sono informate della revoca.

3. Un visto può essere revocato su richiesta del suo titolare.

Le autorità competenti dello Stato membro di rilascio del visto sono informate di tale revoca.

4. La mancata presentazione da parte del titolare, alla frontiera, di uno o più dei documenti giustificativi di cui all’articolo 14, paragrafo 3, non dà automaticamente origine a una decisione di annullamento o di revoca del visto.

5. In caso di annullamento o revoca, è apposto sul visto il timbro «ANNULLATO» o «REVOCATO» e l’elemento otticamente variabile della vignetta visto, l’elemento di sicurezza «effetto immagine latente» e la scritta «visto» sono annullati cancellandoli.

6. La decisione di annullamento o di revoca di un visto e i motivi su cui si basa sono notificati al richiedente mediante il modulo uniforme di cui all’allegato VI.

7. Un titolare il cui visto sia stato annullato o revocato ha il diritto di presentare ricorso, a meno che il visto sia stato revocato su sua richiesta conformemente al paragrafo 3. I ricorsi sono proposti nei confronti dello Stato membro che ha adottato la decisione in merito all’annullamento o alla revoca e disciplinati conformemente alla legislazione nazionale di tale Stato membro. Gli Stati membri forniscono ai richiedenti informazioni sulla procedura cui attenersi in caso di ricorso, come precisato nell’allegato VI.

8. Le informazioni su un visto annullato o revocato sono inserite nel VIS conformemente all’articolo 13 del regolamento VIS.

CAPO VI
Visti rilasciati alle frontiere esterne

Art. 35. Visti chiesti alle frontiere esterne.

1. In casi eccezionali, i visti possono essere rilasciati ai valichi di frontiera se:

a) il richiedente soddisfa le condizioni di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a, c), d) ed e), del codice frontiere Schengen;

b) il richiedente non ha avuto modo di chiedere un visto anticipatamente e presenta, su richiesta, documenti giustificativi comprovanti l’esistenza di motivi imprevedibili e imperativi d’ingresso, e

c) il ritorno del richiedente nel paese di origine o di residenza ovvero il suo transito attraverso Stati diversi dagli Stati membri che applicano integralmente l’acquis di Schengen è considerato sicuro.

2. Quando un visto è chiesto alle frontiere esterne si può derogare all’obbligo per il richiedente di disporre di un’assicurazione sanitaria di viaggio se tale assicurazione non è disponibile al valico di frontiera o per motivi umanitari.

3. Un visto rilasciato alle frontiere esterne è un visto uniforme che autorizza il titolare a un soggiorno di una durata massima di quindici giorni, a seconda dello scopo e delle condizioni del soggiorno previsto. In caso di transito, la durata del soggiorno autorizzato corrisponde al tempo necessario per il transito.

4. Qualora non siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a), c), d) ed e), del codice frontiere Schengen, le autorità responsabili del rilascio del visto alla frontiera possono emettere, a norma dell’articolo 25, paragrafo 1, lettera a), del presente regolamento, un visto con validità territoriale limitata al solo Stato membro di rilascio.

5. Ai cittadini di paesi terzi che rientrano nella categoria di persone per le quali è richiesta la consultazione preliminare ai sensi dell’articolo 22 non viene, in linea di principio, rilasciato un visto alla frontiera esterna.

Tuttavia, in casi eccezionali, per queste persone può essere emesso alla frontiera un visto con validità territoriale limitata allo Stato membro di rilascio, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 1, lettera a).

6. Oltre ai motivi di rifiuto del visto previsti all’articolo 32, paragrafo 1, il visto è rifiutato al valico di frontiera se non sono soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 1, lettera b), del presente articolo.

7. Si applicano le disposizioni sui motivi e sulla notifica dei rifiuti e sul diritto di ricorso di cui all’articolo 32, paragrafo 3, e all’allegato VI.

Art. 36. Visti rilasciati alla frontiera esterna a marittimi in transito.

1. A un marittimo che deve essere in possesso di un visto per l’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri può essere rilasciato un visto ai fini del transito alla frontiera se:

a) soddisfa le condizioni di cui all’articolo 35, paragrafo 1; e

b) attraversa la frontiera in questione per l’imbarco, il reimbarco o lo sbarco da una nave a bordo della quale lavorerà o ha lavorato in qualità di marittimo.

[2. Prima di rilasciare un visto alla frontiera a un marittimo in transito, le autorità nazionali competenti si conformano alle norme di cui all’allegato IX, parte 1, e accertano l’avvenuto scambio delle necessarie informazioni concernenti il marittimo in questione mediante il modulo per i marittimi in transito, quale riportato nell’allegato IX, parte 2, debitamente compilato](1).

2 bis. La Commissione adotta, mediante atti di esecuzione, istruzioni operative per il rilascio alla frontiera di visti ai marittimi. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 52, paragrafo 2(2).

3. Il presente articolo si applica fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 35, paragrafi 3, 4 e 5.

(1) Paragrafo abrogato dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

(2) Paragrafo inserito dall’art. 1 del Reg. del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1155.

Artt. 37. – 58.

(omissis)

 

Decreto del presidente del consiglio dei ministri 7 luglio 2020
Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari nel territorio dello Stato per l’anno 2020.

Art. 1.

1. A titolo di programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari per l’anno 2020, sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro subordinato stagionale e non stagionale e di lavoro autonomo, i cittadini non comunitari entro una quota complessiva massima di 30.850 unità.

Art. 2.

1. Sono ammessi in Italia, nell’ambito della quota massima indicata all’art. 1, per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo, i cittadini non comunitari entro una quota di 12.850 unità.

Art. 3.

1. Nell’ambito della quota indicata all’art. 2, sono ammessi in Italia per motivi di lavoro subordinato non stagionale nei settori dell’autotrasporto merci per conto terzi, dell’edilizia e turistico-alberghiero, 6.000 cittadini dei Paesi che hanno sottoscritto o stanno per sottoscrivere specifici accordi di cooperazione in materia migratoria, così ripartiti:

a) n. 4.500 lavoratori subordinati non stagionali cittadini di Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Herzegovina, Corea (Repubblica di Corea), Costa d’Avorio, Egitto, El Salvador, Etiopia, Filippine, Gambia, Ghana, Giappone, India, Kosovo, Mali, Marocco, Mauritius, Moldova, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Repubblica di Macedonia del Nord, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Ucraina;

b) n. 1.500 lavoratori subordinati non stagionali cittadini di Paesi con i quali nel corso dell’anno 2020 entrino in vigore accordi di cooperazione in materia migratoria.

2. Per il settore dell’autotrasporto merci per conto terzi, sono ammessi in Italia i lavoratori cittadini dei Paesi compresi nell’elenco indicato al comma 1, lettera a), del presente articolo, che rilasciano patenti di guida equipollenti alla categoria CE e convertibili in Italia sulla base di vigenti accordi di reciprocità.

Art. 4.

1. Nell’ambito della quota indicata all’art. 2, sono ammessi in Italia 100 cittadini stranieri non comunitari residenti all’estero, che abbiano completato programmi di formazione ed istruzione nei Paesi d’origine ai sensi dell’art. 23 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

2. È inoltre consentito l’ingresso in Italia, nell’ambito della quota indicata all’art. 2, per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo, di 100 lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea diretta di ascendenza, residenti in Venezuela.

3. Nell’ambito della quota prevista all’art. 2, è autorizzata la conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato di:

a) n. 4.060 permessi di soggiorno per lavoro stagionale;

b) n. 1.500 permessi di soggiorno per studio, tirocinio e/o formazione professionale;

c) n. 200 permessi di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo rilasciati ai cittadini di Paesi terzi da altro Stato membro dell’Unione europea.

4. È inoltre autorizzata, nell’ambito della quota indicata all’art. 2, la conversione in permessi di soggiorno per lavoro autonomo di:

a) n. 370 permessi di soggiorno per studio, tirocinio e/o formazione professionale;

b) n. 20 permessi di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, rilasciati ai cittadini di Paesi terzi da altro Stato membro dell’Unione europea.

Art. 5.

1. È consentito l’ingresso in Italia per motivi di lavoro autonomo, nell’ambito della quota prevista all’art. 2, di 500 cittadini non comunitari residenti all’estero, appartenenti alle seguenti categorie:

a) imprenditori che intendono attuare un piano di investimento di interesse per l’economia italiana, che preveda l’impiego di risorse proprie non inferiori a 500.000 euro, nonché la creazione almeno di tre nuovi posti di lavoro;

b) liberi professionisti che intendono esercitare professioni regolamentate o vigilate, oppure non regolamentate ma rappresentate a livello nazionale da associazioni iscritte in elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni;

c) titolari di cariche societarie di amministrazione e di controllo espressamente previsti dal decreto interministeriale 11 maggio 2011, n. 850;

d) artisti di chiara fama o di alta e nota qualificazione professionale, ingaggiati da enti pubblici o privati, in presenza dei requisiti espressamente previsti dal decreto interministeriale 11 maggio 2011, n. 850;

e) cittadini stranieri che intendono costituire imprese «start-up innovative» ai sensi della legge 17 dicembre 2012, n. 221, in presenza dei requisiti previsti dalla stessa legge e che sono titolari di un rapporto di lavoro di natura autonoma con l’impresa.

Art. 6.

1. Nell’ambito della quota massima indicata all’art. 1, sono ammessi in Italia per motivi di lavoro subordinato stagionale nei settori agricolo e turistico-alberghiero, i cittadini non comunitari residenti all’estero entro una quota di 18.000 unità.

2. La quota indicata al comma 1 del presente articolo riguarda i lavoratori subordinati stagionali non comunitari cittadini dei Paesi indicati all’art. 3, comma 1, lettera a), del presente decreto.

3. Nell’ambito della quota indicata al comma 1 del presente articolo, è riservata una quota di 1.000 unità per i lavoratori non comunitari, cittadini dei Paesi indicati all’art. 3, comma 1, lettera a), che abbiano fatto ingresso in Italia per prestare lavoro subordinato stagionale almeno una volta nei cinque anni precedenti e per i quali il datore di lavoro presenti richiesta di nulla osta pluriennale per lavoro subordinato stagionale.

4. Nell’ambito della quota indicata al comma 1 del presente articolo, è inoltre riservata per il settore agricolo, una quota di 6.000 unità ai lavoratori non comunitari, cittadini dei Paesi indicati all’art. 3, comma 1, lettera a), le cui istanze di nulla osta all’ingresso in Italia per lavoro stagionale anche pluriennale, siano presentate dalle organizzazioni professionali dei datori di lavoro indicate nella circolare interministeriale emanata ai sensi del successivo art. 9. Tali organizzazioni assumono l’impegno a sovraintendere alla conclusione del procedimento di assunzione dei lavoratori fino all’effettiva sottoscrizione dei rispettivi contratti di lavoro, ivi compresi gli adempimenti di comunicazione previsti dalla normativa vigente, secondo le modalità precisate nella citata circolare interministeriale di cui al successivo art. 9.

Art. 7.

1. I termini per la presentazione delle domande ai sensi del presente decreto decorrono:

a) per le categorie dei lavoratori non comunitari indicate all’art. 3, comma 1, lettera a) ed all’art. 4, dalle ore 9,00 del decimo giorno successivo alla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana;

b) per i lavoratori non comunitari stagionali previsti all’art. 6, dalle ore 9,00 del quindicesimo giorno successivo alla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana;

c) per le categorie dei lavoratori non comunitari di cui all’art. 3, comma 1, lettera b), dalle ore 9,00 del quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dell’accordo di cui alla citata disposizione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Art. 8.

1. Le quote per lavoro subordinato, stagionale e non stagionale, previste dal presente decreto, sono ripartite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali tra gli Ispettorati territoriali del lavoro, le regioni e le province autonome.

2. Trascorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, qualora il Ministero del lavoro e delle politiche sociali rilevi quote significative non utilizzate tra quelle previste dal presente decreto, può effettuarne una diversa suddivisione sulla base delle effettive necessità riscontrate nel mercato del lavoro, fermo restando il limite massimo complessivo indicato all’art. 1.

3. Resta fermo quanto previsto dall’art. 34, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 con riferimento alla redistribuzione della quota di lavoratori non comunitari formati all’estero prevista dall’art. 4, comma 1.

Art. 9.

1. Le disposizioni attuative relative all’applicazione del presente decreto sono definite, in un’ottica di semplificazione, con apposita circolare congiunta del Ministero dell’interno, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, sentito il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che è comunicata sui siti web degli stessi anzidetti ministeri, contestualmente alla pubblicazione del presente decreto.

 

 

 

Legge 20 marzo 1865, n. 2248

Legge sul contenzioso amministrativo

 (All. E)

Artt. 1-2.

(omissis)

Art. 3.

Gli affari non compresi nell’articolo precedente saranno attribuiti alle autorità amministrative, le quali, ammesse le deduzioni e le osservazioni in iscritto delle parti interessate, provvederanno con decreti motivati, previo parere dei consigli amministrativi che pei diversi casi siano dalla legge stabiliti.

Contro tali decreti, che saranno scritti in calce del parere egualmente motivato, è ammesso il ricorso in via gerarchica in conformità delle leggi amministrative.

Art. 4.

Quando la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto dell’autorità amministrativa, i tribunali si limiteranno a conoscere degli effetti dell’atto stesso in relazione all’oggetto dedotto in giudizio.

L’atto amministrativo non potrà essere revocato o modificato se non sovra ricorso alle competenti autorità amministrative, le quali si conformeranno al giudicato dei Tribunali in quanto riguarda il caso deciso.

Art. 5.

In questo, come in ogni altro caso, le autorità giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali in quanto siano conformi alle leggi.

 

Decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27.
Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
(CURA ITALIA)

Artt. 1 – 5 sexies.

(omissis)

 Art. 6. Requisizioni in uso o in proprietà.

  1. Fino al termine dello stato di emergenza, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, il Capo del Dipartimento della protezione civile può disporre, nel limite delle risorse disponibili di cui al comma 10, anche su richiesta del Commissario straordinario di cui all’articolo 122, con proprio decreto, la requisizione in uso o in proprietà, da ogni soggetto pubblico o privato, di presidi sanitari e medico-chirurgici, nonché di beni mobili di qualsiasi genere, occorrenti per fronteggiare la predetta emergenza sanitaria, anche per assicurare la fornitura delle strutture e degli equipaggiamenti alle aziende sanitarie o ospedaliere ubicate sul territorio nazionale, nonché per implementare il numero di posti letto specializzati nei reparti di ricovero dei pazienti affetti da detta patologia.
  2. La requisizione in uso non può durare oltre sei mesi dalla data di apprensione del bene, ovvero oltre il termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata del predetto stato di emergenza. Se, entro la scadenza di detto termine, la cosa non è restituita al proprietario senza alterazioni sostanziali e nello stesso luogo in cui fu requisita, ovvero in altro luogo se il proprietario vi consenta, la requisizione in uso si trasforma in requisizione in proprietà, salvo che l’interessato consenta espressamente alla proroga del termine (1).
  3. I beni mobili che con l’uso vengono consumati o alterati nella sostanza sono requisibili solo in proprietà.
  4. Contestualmente all’apprensione dei beni requisiti, l’amministrazione corrisponde al proprietario di detti beni una somma di denaro a titolo di indennità di requisizione. In caso di rifiuto del proprietario a riceverla, essa è posta a sua disposizione mediante offerta anche non formale e quindi corrisposta non appena accettata. Tale somma è liquidata, secondo i valori correnti di mercato che i beni requisiti avevano alla data del 31 dicembre 2019 e senza tenere conto delle variazioni dei prezzi conseguenti a successive alterazioni della domanda o dell’offerta, come segue (2) :
  5. a) in caso di requisizione in proprietà, l’indennità di requisizione è pari al 100 per cento di detto valore;
  6. b) in caso di requisizione in uso, l’indennità è pari, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, a un sessantesimo del valore calcolato per la requisizione in proprietà.
  7. Se nel decreto di requisizione in uso non è indicato per la restituzione un termine inferiore, l’indennità corrisposta al proprietario è provvisoriamente liquidata con riferimento al numero di mesi o frazione di mesi intercorrenti tra la data del provvedimento e quella del termine dell’emergenza di cui al comma 1, comunque nel limite massimo di cui al primo periodo del comma 2.
  8. Nei casi di prolungamento della requisizione in uso, nonché in quelli di sua trasformazione in requisizione in proprietà, la differenza tra l’indennità già corrisposta e quella spettante per l’ulteriore periodo, ovvero quella spettante ai sensi della lettera a) del comma 4, è corrisposta al proprietario entro 15 giorni dalla scadenza del termine indicato per l’uso. Se non viene indicato un nuovo termine di durata dell’uso dei beni, si procede ai sensi della lettera a) del comma 4.
  9. Nei casi in cui occorra disporre temporaneamente di beni immobili per far fronte ad improrogabili esigenze connesse con l’emergenza di cui al comma 1, il Prefetto, su proposta del Dipartimento della protezione civile e sentito il Dipartimento di prevenzione territorialmente competente, può disporre, con proprio decreto, la requisizione in uso di strutture alberghiere, ovvero di altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità, per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare, laddove tali misure non possano essere attuate presso il domicilio della persona interessata.
  10. Contestualmente all’apprensione dell’immobile requisito ai sensi del comma 7, il Prefetto, avvalendosi delle risorse di cui al presente decreto, corrisponde al proprietario di detti beni una somma di denaro a titolo di indennità di requisizione. In caso di rifiuto del proprietario a riceverla, essa è posta a sua disposizione mediante offerta anche non formale e quindi corrisposta non appena accettata. L’indennità di requisizione è liquidata in forma di acconto, nello stesso decreto del Prefetto, applicando il coefficiente dello 0,42%, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, al valore ottenuto moltiplicando la rendita catastale, rivalutata del cinque per cento, per il moltiplicatore utilizzato ai fini dell’imposta di registro, di cui al comma 5 dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, relativo alla corrispondente categoria catastale dell’immobile requisito. L’indennità di requisizione è determinata in via definitiva entro quaranta giorni con successivo decreto del Prefetto, che ai fini della stima si avvale dell’Agenzia delle entrate, sulla base del valore corrente di mercato al 31 dicembre 2019 dell’immobile requisito o di quello di immobili di caratteristiche analoghe, in misura corrispondente, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, allo 0,42% di detto valore. In tale decreto è liquidata la differenza tra gli importi definitivi e quelli in acconto dell’indennità di requisizione. La requisizione degli immobili può protrarsi fino al 31 luglio 2020, ovvero fino al termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata dello stato di emergenza di cui al comma 1. Se nel decreto di requisizione in uso non è indicato per la restituzione un termine inferiore, l’indennità corrisposta al proprietario è provvisoriamente liquidata con riferimento al numero di mesi o frazione di mesi intercorrenti tra la data del provvedimento e quella del termine dell’emergenza, di cui ai commi 1 e 2. In ogni caso di prolungamento della requisizione, la differenza tra l’indennità già corrisposta e quella spettante per l’ulteriore periodo è corrisposta al proprietario entro 30 giorni dalla scadenza del termine originariamente indicato. Se non è indicato alcun termine, la requisizione si presume disposta fino al 31 luglio 2020, ovvero fino al termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata dello stato di emergenza di cui al comma 1 (3).
  11. In ogni caso di contestazione, anche in sede giurisdizionale, non può essere sospesa l’esecutorietà dei provvedimenti di requisizione di cui al presente articolo, come previsto dall’articolo 458 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
  12. Per l’attuazione del presente articolo e per l’acquisizione a diverso titolo, ad esclusione della proprietà, da parte del Dipartimento della protezione civile, del Commissario di cui all’articolo 122 e dei soggetti attuatori nominati ai sensi dell’Ordinanza del Capo dipartimento della protezione civile n. 630 del 2020 di strutture per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare è autorizzata la spesa nel limite massimo di 150 milioni di euro per l’anno 2020, cui si provvede ai sensi dell’articolo 18, comma 4 (4).

(1) Co. modificato dall’art. 1, co. 1, della L. 24 aprile 2020, n. 27, in sede di conversione.

(2) Testo modificato dall’art. 1, co. 1, della L. 24 aprile 2020, n. 27, in sede di conversione.

(3) Co. modificato dall’art. 1, co. 1, della L. 24 aprile 2020, n. 27, in sede di conversione e poi dall’art. 146, co. 1, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020, n. 77.

(4) Co. modificato dall’art. 17, co. 1, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla Legge 17 luglio 2020, n. 77.

 Artt. 7-14.

(omissis)

 Art.15. Disposizioni straordinarie per la produzione di mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale.

  1. Fermo quanto previsto dall’articolo 5-bis, per la gestione dell’emergenza COVID-19, e fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, è consentito produrre mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale in deroga alle vigenti disposizioni. (1)
  2. I produttori delle mascherine chirurgiche di cui al comma 1, i quali intendono avvalersi della deroga ivi prevista, inviano all’Istituto superiore di sanità una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche delle mascherine e dichiarano che le stesse rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa. Entro e non oltre 3 giorni dall’invio della citata autocertificazione, i produttori devono altresì trasmettere all’Istituto superiore di sanità ogni elemento utile alla validazione delle mascherine chirurgiche oggetto della stessa. L’Istituto superiore di sanità, nel termine di 3 giorni dalla ricezione di quanto indicato nel presente comma, si pronuncia circa la rispondenza delle mascherine chirurgiche alle norme vigenti (2).
  3. I produttori dei dispositivi di protezione individuale di cui al comma 1 e coloro che li immettono in commercio], i quali intendono avvalersi della deroga ivi prevista, inviano all’INAIL una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche dei citati dispositivi e dichiarano che gli stessi rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa. Entro e non oltre 3 giorni dall’invio della citata autocertificazione, i produttori devono altresì trasmettere all’INAIL ogni elemento utile alla validazione dei dispositivi di protezione individuale oggetto della stessa. L’INAIL, nel termine di 3 giorni dalla ricezione di quanto indicato nel presente comma, si pronuncia circa la rispondenza dei dispositivi di protezione individuale alle norme vigenti (3).
  4. Qualora all’esito della valutazione di cui ai commi 2 e 3 i prodotti risultino non conformi alle vigenti norme, impregiudicata l’applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione, il produttore ne cessa immediatamente la produzione (4).

4-bis. Al fine di favorire la sostenibilità ambientale e ridurre l’inquinamento causato dalla diffusione di dispositivi di protezione individuale monouso, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della  presente  disposizione,  il  Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro della salute, definisce con proprio decreto i criteri ambientali minimi, ai sensi dell’articolo 34 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, relativi alle mascherine filtranti e, ove possibile, ai dispositivi di protezione individuale e ai dispositivi medici, allo scopo di promuovere, conformemente ai parametri di sicurezza dei lavoratori e di tutela della salute definiti dalle disposizioni  normative  vigenti,  una  filiera  di  prodotti riutilizzabili più volte e confezionati, per quanto possibile, con materiali idonei al riciclo o biodegradabili (5).

(1) Co. modificato dall’art. 1, co. 1, della L. 24 aprile 2020, n. 27 e poi dall’art. 66-bis, co. 6, lett. a), del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla Legge 17 luglio 2020, n. 77.

Vedasi, in materia di dispositivi medici, il D. Lgs. 24/02/1997, n. 46 Attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici, ed in particolare:

Art. 9. Vigilanza sugli incidenti verificatisi dopo l’immissione in commercio.

  1. Ai fini del presente decreto si intende per incidente:
  2. a) qualsiasi malfunzionamento o alterazione delle caratteristiche e delle prestazioni di un dispositivo medico, nonché qualsiasi inadeguatezza nell’etichettatura o nelle istruzioni per l’uso che possono essere o essere stati causa di decesso o grave peggioramento delle condizioni di salute di un paziente o di un utilizzatore;
  3. b) qualsiasi motivo di ordine tecnico o medico connesso alle caratteristiche o alle prestazioni di un dispositivo medico che, per le ragioni di cui alla lettera a), comporti il ritiro sistematico dei dispositivi dello stesso tipo da parte del fabbricante.
  4. Gli operatori sanitari pubblici o privati che nell’esercizio della loro attività rilevano un incidente, come definito dal comma 1, lettera a), che coinvolga un dispositivo medico, sono tenuti a darne comunicazione al Ministero della salute, nei termini e con le modalità stabilite con uno o più decreti ministeriali.
  5. La comunicazione di cui al comma 2 è effettuata direttamente o tramite la struttura sanitaria ove avviene l’incidente segnalato, nel rispetto di eventuali disposizioni regionali che prevedano la presenza di referenti per la vigilanza sui dispositivi medici.
  6. La comunicazione di cui ai commi 2 e 3 deve essere inviata altresì al fabbricante o al suo mandatario, anche per il tramite del fornitore del dispositivo medico.
  7. Fatto salvo l’obbligo di comunicazione previsto al comma 4, il Ministero della salute assicura la comunicazione al fabbricante o al suo mandatario delle informazioni ricevute ai sensi dei commi 2 e 3, anche per il tramite del fornitore del dispositivo medico.
  8. Gli operatori sanitari pubblici o privati sono tenuti a comunicare al fabbricante o al mandatario, direttamente o tramite la struttura sanitaria di appartenenza e, quindi, anche per il tramite del fornitore del dispositivo medico, ogni altro inconveniente che, pur non integrando le caratteristiche dell’incidente di cui al comma 1, lettera a), possa consentire l’adozione delle misure atte a garantire la protezione e la salute dei pazienti e degli utilizzatori.
  9. Nei termini e con le modalità stabilite con uno o più decreti ministeriali, il fabbricante o il suo mandatario hanno l’obbligo di dare immediata comunicazione al Ministero della salute di qualsiasi incidente, come definito al comma 1, di cui siano venuti a conoscenza, nonché delle azioni correttive di campo intraprese per ridurre i rischi di decesso o di grave peggioramento dello stato di salute associati all’utilizzo di un dispositivo medico.
  10. Il Ministero della salute registra i dati relativi agli incidenti, come definiti al comma 1, riguardanti i dispositivi medici.
  11. Il Ministero della salute dopo aver effettuato una valutazione, se possibile insieme al fabbricante o al suo mandatario, informa immediatamente la Commissione europea e gli altri Stati membri in merito alle misure adottate o previste per ridurre al minimo il ripetersi di incidenti, ivi incluse le informazioni sugli incidenti dai quali la valutazione ha avuto origine.

Art. 11. Valutazione della conformità.

  1. Per i dispositivi appartenenti alla classe III, ad esclusione dei dispositivi su misura e dei dispositivi destinati ad indagini cliniche, il fabbricante deve, ai fini dell’apposizione della marcatura CE:
  2. a) seguire la procedura per la dichiarazione di conformità CE (sistema completo di assicurazione di qualità) di cui all’allegato II, oppure
  3. b) seguire la procedura relativa alla certificazione CE di conformità del tipo di cui all’allegato III, unitamente:

1) alla procedura relativa alla verifica CE di cui all’allegato IV, oppure

2) alla procedura relativa alla dichiarazione di conformità CE (garanzia di qualità della produzione) di cui all’allegato V.

  1. Per i dispositivi appartenenti alla classe a, ad esclusione dei dispositivi su misura e dei dispositivi destinati ad indagini cliniche, il fabbricante deve, ai fini dell’apposizione della marcatura CE, seguire la procedura per la dichiarazione di conformità CE di cui all’allegato VII unitamente:
  2. a) alla procedura relativa alla verifica CE di cui all’allegato IV, oppure
  3. b) alla procedura relativa alla dichiarazione di conformità CE (garanzia di qualità della produzione) di cui all’allegato V, oppure
  4. c) alla procedura relativa alla dichiarazione di conformità CE (garanzia di qualità del prodotto) di cui all’allegato VI.
  5. In sostituzione delle procedure, di cui al comma 2 il fabbricante può seguire la procedura prevista al comma 4, lettera a).
  6. Per i dispositivi appartenenti alla classe b, diversi dai dispositivi su misura e dai dispositivi destinati ad indagini cliniche, il fabbricante deve seguire, ai fini dell’apposizione della marcatura CE:
  7. a) la procedura relativa alla dichiarazione di conformità CE (sistema completo di garanzia di qualità) di cui all’allegato II; in tal caso non si applica il punto 4 dell’allegato II, oppure
  8. b) la procedura relativa alla certificazione CE di cui all’allegato III unitamente:

1) alla procedura relativa alla verifica CE di cui all’allegato IV, oppure

2) alla procedura relativa alla dichiarazione di conformità CE (garanzia di qualità della produzione) di cui all’allegato V, oppure

3) alla procedura relativa alla dichiarazione di conformità CE (garanzia di qualità del prodotto) di cui all’allegato VI.

  1. Per i dispositivi appartenenti alla classe I, ad esclusione dei dispositivi su misura e di quelli destinati ad indagini cliniche, il fabbricante ai fini dell’apposizione della marcatura CE, si attiene alla procedura prevista all’allegato VII e redige, prima dell’immissione in commercio, la dichiarazione di conformità CE.
  2. Chiunque mette in commercio sul territorio nazionale dispositivi «su misura» ha l’obbligo di comunicare l’elenco di detti dispositivi al Ministero della salute. Detto elenco deve essere aggiornato ogni sei mesi a partire dalla data di prima notifica. Ai fini di tale aggiornamento, è necessario inviare al Ministero della salute una dichiarazione solo in caso di variazione; per variazione si intende, in particolare, qualsiasi modifica sostanziale relativa alle tipologie di dispositivi prodotti e già comunicati al Ministero della salute.

6-bis. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per i dispositivi su misura il fabbricante deve attenersi alla procedura prevista dall’allegato VIII e redigere, prima della immissione in commercio di ciascun dispositivo, la dichiarazione prevista in tale allegato.

  1. Il fabbricante di dispositivi su misura o il rappresentante autorizzato deve essere iscritto presso il Ministero della salute e deve presentare, oltre all’elenco, una descrizione dei dispositivi ed il recapito della società al fine di rendere possibile la formazione di una banca dati dei produttori legittimamente operanti in Italia per gli adempimenti di cui al presente decreto senza oneri a carico del bilancio dello Stato.
  2. Nel procedimento di valutazione della conformità del dispositivo, il fabbricante e l’organismo notificato tengono conto di tutti i risultati disponibili delle operazioni di valutazione e di verifica eventualmente svolte, secondo il presente decreto anche in una fase intermedia della fabbricazione
  3. Il fabbricante può incaricare il mandatario di avviare i procedimenti previsti agli allegati III, IV, VII e VIII.
  4. Se il procedimento di valutazione della conformità presuppone l’intervento di un organismo notificato, il fabbricante o il suo mandatario può rivolgersi ad un organismo di sua scelta nell’ambito delle competenze per le quali l’organismo stesso è stato designato.
  5. L’organismo notificato può esigere, giustificando debitamente la richiesta, le informazioni o i dati necessari a mantenere il certificato di conformità ai fini della procedura scelta.

11-bis. Il Ministero della salute e il Ministero dello sviluppo economico possono richiedere agli organismi notificati italiani tutte le informazioni pertinenti relative alle autorizzazioni ed ai certificati rilasciati o rifiutati.

  1. La decisione dell’organismo notificato presa in base agli allegati II, III, V e VI ha validità massima di cinque anni e può essere prorogata per periodi successivi della durata massima di cinque anni, su richiesta presentata entro il termine convenuto nel contratto firmato fra le due parti.

12-bis. Per i dispositivi medici di cui all’articolo 2, comma 2-bis, gli organismi notificati ad attestare la conformità, a norma dell’articolo 15, devono valutare la conformità dei dispositivi stessi tenendo conto di ogni informazione utile riguardante le caratteristiche e le prestazioni di tali dispositivi, compresi in particolare i risultati di eventuali prove e verifiche sui dispositivi già svolte sulla base di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali preesistenti.

  1. La documentazione e la corrispondenza relativa ai procedimenti previsti dai commi da 1 a 6 è redatta in lingua italiana o in un’altra lingua comunitaria accettata dall’organismo notificato.
  2. Il Ministero della salute autorizza, su richiesta motivata, l’immissione in commercio e la messa in servizio, nel territorio nazionale, di singoli dispositivi per i quali le procedure di cui ai commi da 1 a 6 non sono state espletate o completate, il cui impiego è nell’interesse della protezione della salute. La domanda di autorizzazione deve contenere la descrizione del dispositivo, dell’azione principale cui è destinato e dei motivi per i quali la domanda è stata presentata. Il Ministero della salute comunica, entro trenta giorni, il provvedimento in merito all’autorizzazione.

14-bis. Per il trattamento di singoli pazienti a scopo compassionevole, in casi eccezionali di necessità ed urgenza e con le modalità stabilite con successivo decreto ministeriale, il Ministero della salute autorizza l’uso di dispositivi medici per i quali le procedure indicate ai commi da 1 a 6 non sono state espletate o completate.

  1. Sorveglianza del mercato e verifica di conformità.
  2. La sorveglianza sull’applicazione del presente decreto è demandata al Ministero della salute e al Ministero dello sviluppo economico nell’ambito delle rispettive competenze direttamente o per il tramite di organismi autorizzati nelle fasi di commercializzazione e di impiego.
  3. Al fine di verificare la conformità dei dispositivi medici alle prescrizioni del presente decreto, le Amministrazioni vigilanti di cui al comma 1 hanno facoltà di disporre verifiche e controlli mediante i propri uffici centrali o periferici.
  4. Gli accertamenti possono essere effettuati, anche con metodo a campione, presso il produttore, i depositi sussidiari del produttore, i grossisti, gli importatori, i commercianti o presso gli utilizzatori.

A tal fine è consentito:

  1. a) l’accesso ai luoghi di fabbricazione o di immagazzinamento dei prodotti;
  2. b) l’acquisizione di tutte le informazioni necessarie all’accertamento;
  3. c) il prelievo temporaneo e a titolo gratuito di un singolo campione per l’esecuzione di esami e prove.
  4. Per l’effettuazione delle eventuali prove tecniche, le Amministrazioni di cui al comma 1 possono avvalersi di organismi tecnici dello Stato o di laboratori conformi alle norme della serie EN 45.000 autorizzati con decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico.
  5. Al fine di agevolare l’attività di sorveglianza e di verifica, il fabbricante o il suo mandatario predispone e mantiene a disposizione degli organi di sorveglianza la documentazione prevista per la valutazione della conformità, nonché copia delle istruzioni e delle etichette in italiano fornite con i dispositivi messi in servizio in Italia, per il periodo indicato all’allegato 2, punto 6.1, o all’allegato 3, punto 7.3, o all’allegato 4, punto 7, o all’allegato 5, punto 5.1 o, infine, all’allegato 6, punto 5.1.
  6. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 23, il Ministero della salute, quando accerta l’indebita marcatura CE dei dispositivi medici, o l’assenza della stessa, in violazione alle disposizioni del presente decreto, ordina al fabbricante o al mandatario di adottare tutte le misure idonee a far venire meno la situazione di infrazione fissando un termine per adempiere non superiore a trenta giorni.
  7. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 6, il Ministero della salute ordina l’immediato ritiro dal commercio dei dispositivi medici, a cura e spese del soggetto destinatario dell’ordine.
  8. Nel caso in cui l’infrazione continui il Ministero della salute adotta le misure atte a garantire il ritiro dal commercio, a spese del fabbricante o del suo mandatario.

8-bis. Le disposizioni di cui ai commi 6, 7 e 8 si applicano anche se la marcatura CE è stata apposta in base alle procedure di cui al presente decreto, ma impropriamente, su prodotti che non sono contemplati dal decreto stesso.

  1. Sanzioni.
  2. I fabbricanti o i loro mandatari, gli operatori sanitari, i legali rappresentanti delle strutture sanitarie o, se nominati, i referenti per la vigilanza, che violano le prescrizioni dell’articolo 9, commi 2, 3 o 7, sono puniti con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da 7.200 euro a 43.200 euro.
  3. Chiunque viola le prescrizioni adottate dal Ministero della salute in attuazione degli articoli 7, comma 1, e 13-ter, comma 1, è punito con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da 10.000 a 100.000 euro. Quando le prescrizioni violate riguardano limitazioni o condizioni particolari di immissione in commercio o di messa in servizio la pena è diminuita in misura non eccedente ad un terzo.
  4. Chiunque viola gli obblighi previsti dall’articolo 19 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 6.000 euro a 36.000 euro.
  5. Chiunque viola le previsioni dell’articolo 5, commi 3 e 4, dell’articolo 11, comma 7, dell’articolo 13, commi 1, 2 e 3-bis, dell’articolo 14, comma 5 e comma 7, ultimo periodo, dell’articolo 15, commi 5-bis e 5-quater, dell’articolo 16, comma 2, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 3.000 euro.
  6. Chiunque viola le previsioni dell’articolo 16, comma 3, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 7.200 euro a 43.200 euro.
  7. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque immette in commercio, vende o mette in servizio dispositivi medici privi di marcatura CE di conformità o dispositivi privi di attestato di conformità è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 21.400 euro a 128.400 euro. Alla medesima sanzione amministrativa pecuniaria è sottoposto l’organismo notificato che viola il disposto dell’articolo 15, comma 5-ter.
  8. Salvo che il fatto costituisca reato, il fabbricante o il suo mandatario che appone la marcatura CE di conformità impropriamente, in quanto trattasi di prodotto non ricadente nella definizione di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a), o indebitamente, in quanto il prodotto non soddisfa tutti i requisiti essenziali previsti dal presente decreto, o chi comunque viola le previsioni dell’articolo 3, comma 1, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 21.400 euro a 128.400 euro. La stessa sanzione si applica a chi viola le disposizioni di cui all’articolo 9, comma 4.
  9. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli: 9, comma 6; 11, commi 6 e 6-bis; 12, commi 2 e 5; 14, commi 1, 2, 3, 6 e 7, primo e secondo periodo; 17, comma 5; è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 3.600 euro a 21.600 euro.
  10. All’accertamento delle violazioni e alla contestazione delle sanzioni amministrative, di cui al presente articolo, provvedono gli organi di vigilanza e gli uffici del Ministero della salute, competenti in tema di dispositivi medici. È fatta salva la competenza del giudice penale per l’accertamento delle violazioni e l’applicazione delle sanzioni amministrative per illeciti commessi in connessione obiettiva con un reato. Qualora non sia stato effettuato il pagamento della sanzione in forma ridotta, l’autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell’articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, recante modifiche al sistema penale, è il Prefetto.

(2) Co. modificato dall’art. 1, co. 1, della Legge 24 aprile 2020, n. 27 e poi dall’articolo 66-bis, co. 6, lett. b), del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla Legge 17 luglio 2020, n. 77.

(3) Co. modificato dall’art. 1, co. 1, della L. 24 aprile 2020, n. 27 e poi dall’art. 66-bis, co. 6, lettera c), del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla Legge 17 luglio 2020, n. 77.

(4) Co. modificato dall’art. 66-bis, co.6, lettera d), del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77.

(5) Co. aggiunto dall’art. 229-bis, co.5, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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