LA GIUSTIZIA RIPARATIVA E LE DIVERSE FORME DI RIPARAZIONE PENALE

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Avv. Pasquale Lattari *Curatore collana “Percorsi di giustizia riparativa” della Key Editore ed autore di monografie Key in materia. Mediatore esperto e formatore in giustizia riparativa iscritto elenco mediatori esperti in Giustizia riparativa Ministero Giustizia. Responsabile delle attività di giustizia riparativa del Consultorio Familiare della Diocesi di Latina – sede sin dal 2006 dell’ufficio di mediazione penale in ambito minorile e dal 2017 della mediazione adulti ex lege 67 del 2014 – e responsabile Centro di Giustizia riparativa e mediazione penale minorile della Regione Lazio.

La Giustizia riparativa e la disciplina organica contenuta nel d.leg.vo 150 del 2022 è solo l’ultimo istituto in punto di riparazione penale.

In generale riparazione è anche sinonimo della soddisfazione che l’espiazione della pena restituisce alle vittime del reato: “Vale forse la pena richiamare un dato storico-linguistico noto non solo agli addetti ai lavori, ma di comune conoscenza: in passato si è assistito, e pure oggi si assiste con una certa frequenza all’impiego di espressioni del tipo “il colpevole deve riparare il danno provocato dal suo crimine con lunghi anni di prigione” et similia, dove è chiaro che in questi casi il concetto di riparazione assume un significato ideale o simbolico, per cui esso funge nella sostanza da equivalente concettuale (ed emotivo) dei concetti di retribuzione o espiazione”[1]

L’’Istituto della riparazione fa parte degli studi penalistici – in particolare nella teoria della pena – ed è presente nel nostro ordinamento positivo.

Elaborazioni sul concetto di riparazione. Tra le varie elaborazioni dottrinali:

-la riparazione “non è più un istituto puramente civilistico, ma apporta un contributo essenziale all’attuazione degli scopi della pena. Essa ha efficacia risocializzatrice poiché induce l’autore a confrontarsi con le conseguenze della sua azione e a prendere coscienza dei legittimi interessi della vittima. Essa può da lui essere vissuta – spesso più della pena – come necessaria e giusta e in questo modo favorire un riconoscimento delle norme. Infine la riparazione può condurre a una riconciliazione tra autore e vittima e con ciò facilitare il reinserimento sociale dell’autore del reato. Infine la riparazione è molto funzionale alla prevenzione integratrice, perché essa fornisce un apporto significativo al ristabilimento della pace giuridica. Infatti da quando il danno è riparato la vittima e la collettività – molte volte persino a prescindere da una punizione – considerano rimosso il turbamento sociale provocato dal fatto criminoso[2]

-«Riparare» è un verbo polisemico e polisemantico. Quante realtà si possono riparare? Dagli oggetti, agli errori, alle relazioni.
L’azione del riparare, si muove, quindi, su un duplice livello: quello materiale e quello simbolico.[3]

Le norme penali. L’articolo 185 del codice penale, al primo comma, stabilisce che “ogni reato obbliga alla restituzioni, a norma delle leggi civili.” “La restituzione, come è noto consiste nella reintegrazione dello stato di cose esistenti prima della violazione della legge(restitutio in pristinum)… La restituzione è materiale se si concretizza nell’effettiva tradizione della cosa, all’eventuale diritto, oppure simbolica…L’obbligo del risarcimento nascente dal reato non comprende solo i danni patrimoniali, ma si estende anche ai danni non patrimoniali.

Il secondo comma dell’articolo 185 infatti reca: “ogni reato che abbia abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale obbliga al risarcimento il colpevole, le persone che a norma delle leggi civili debbono rispondere per il fatto di lui.

Il danno non patrimoniale o morale si risarcisce di regola al pari di quello economico, mediante mediante un indennizzo pecuniario Il quale, però, non mira alla reintegrazione del patrimonio., Ma tende a dare al danneggiato una soddisfazione in compenso del pregiudizio sofferto.

Accanto a questa forma di riparazione il codice all’articolo 186 ne ha ammessa un’altra statuendo che “ogni reato obbliga il colpevole alla pubblicazione a sue spese della sentenza di condanna qualora la pubblicazione costituisca un mezzo per riparare il danno non patrimoniale cagionato dal reato.

In virtù della disposizione contenuta nell’articolo 187 del codice condannati per uno stesso reato sono obbligati in solido al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale. L’obbligo alle restituzioni e alla pubblicazione della sentenza di condanna, inoltre, è indivisibile.”[4]

La riscoperta della riparazione. Nel nostro ordinamento sono presenti diverse norme che manifestano l’interesse per le condotte riparatorie post delictum tese alla limitazione o elisione delle conseguenze del reato e ritenute meritevoli ed idonee ad attenuare la pena o ad escludere la punibilità del reato:

-l’art. 56 comma 4 cp che prevede il cd recesso attivo per impedire la realizzazione dell’evento che attenua cospicuamente la pena

-l’art. 62 n. 6 cp che prevede l’attenuante comune in caso di riparazione dell’intero danno o con risarcimento o restituzioni

-l’articolo 162 bis. cp con l’oblazione discrezionale nelle contravvenzioni che estingue il reato

-l’articolo 162 ter cp con l’estinzione del reato per condotte riparatorie intere del danno cagionato con risarcimento o restituzioni.

-la ritrattazione dei reati – falso giuramento o falsa testimonianza – contro l’amministrazione della giustizia

-l’adempimento nell’insolvenza fraudolenta.

-in materia societaria il risarcimento, estingue il reato in numerose ipotesi 2627 e seguenti CC.

– l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose per l’azione degli enti – ai sensi del d.leg.vo 231/ 2001 – attiva la non punibilità

-il pagamento del debito tributario nel decreto legislativo 74./2000

-la riparazione integrale del danno nell’inquinamento idrico e la bonifica dei siti decreto legislativo 152./2006

Sotto tali ambiti “la riparazione si identifica con la condotta antagonistica finalizzata a scongiurare la lesione del bene giuridico o a reintegrarlo dopo l’avvenuta offesa”[5] “Si tratta di un vero e proprio codice diffuso della riparazione che ha indotto un geniale studioso a proporre la distinzione tra una riparazione prestazionale – appropriata per descrivere l’insieme di queste fattispecie – per distinguerla dalla riparazione interpersonale che descrive invece la forma dialogica fondata sul tipo della mediazione posta a fondamento dell’attuale disciplina organica della giustizia riparativa. La Giustizia riparativa: alla riparazione del sistema penale tradizionale aggiunge quella relazionale. “[6]

La riparazione della Giustizia riparativa. La riparazione concepita dalla Giustizia Riparativa intende essere una risposta “differente” – per natura, aspetto e qualità – alla complessità del fenomeno reato ed al fenomeno della vittimizzazione.

Il reato, specie se grave, è un evento tragico, luttuoso che suscita sentimenti di dolore e sofferenza per le parti protagoniste e coinvolte. I pregiudizi sono – anche sotto il profilo naturale, fisico e morale – irreversibili, ineliminabili irreparabili. Il reato secondo la visione della Giustizia Riparativa non è solo un torto alla società una violazione della legge penale ma anche violazione dei dei diritti personali delle vittime (vd n.9 direttiva UE 29 del 2012) e rottura o lacerazione della relazionalità personale e sociale che arreca dolore e sofferenza alle vittime e che necessitano – tutti – di essere restaurati e ristabiliti.

La vittima – in considerazione di tale eccedenza rispetto al reato nel suo aspetto giuridico e giudiziario – dopo la risposta della giustizia ordinaria è caricata di un residuo, un resto[7].

La riparazione della Giustizia riparativa vuole cercare di ridurre questo “resto”, di affrontare “l’eccedenza”.. tutte le sofferenze ed i pregiudizi derivanti dal reato che riguardano la dignità e relazionalità della persona e che non hanno predisposizione al trattamento giudiziario ed alla quantificazione economica. ”[8]

L’incontro ed il dialogo tra la vittima e l’indicato autore dell’offesa con diverse modalità sono l’ essenza dei programmi di Giustizia Riparativa che secondo la nuova legge (art. 53 d.leg.vo) possono essere la mediazione, il dialogo riparativa ed ogni altro programma dialogico.

A differenza della riparazione “prestazionale” qui la riparazione si ottiene attraverso la partecipazione – con varie modalità (diretta, indiretta, con vittima aspecifica etc..) – delle persone coinvolte e di rappresentanti della comunità: è la peculiare natura dei programmi di giustizia riparativa.

“ I programmi di giustizia riparativa in materia penale sono aperti a coinvolgere la comunità non soltanto quale destinataria delle politiche di riparazione, ma anche quale “attore sociale” che assume un ruolo attivo nel percorso di ricomposizione. In tal modo si chiarifica ulteriormente come la giustizia riparativa in materia penale è giustizia penale pubblica che mai si risolve in una ‘questione privata’ fra vittima del reato e reo. La giustizia riparativa in materia penale dà bensì concretezza a modi e interventi atti a promuovere cittadinanza attiva ed a far maturare un clima di sicurezza sociale al fine di costruire una società del rispetto, capace di contemplare e accogliere le vulnerabilità individuali e collettive.”[9]

Solo l’incontro ed il dialogo fa emergere e palesa alle persone partecipanti e coinvolte l’eccedenza della vita rispetto alla legge ed al processo, l’ “incontenibilità formale del vissuto umano”.[10]

Solo queste attività di Giustizia Riparativa consentono – contrariamente alla Giustizia ordinaria penale – di toccare e “vedere” da vicino l’esperienza dell’ingiustizia: del dolore e gli effetti del reato sulla vita concreta delle persone.[11]

L’esperienza dell’incontro con l’altro come persona – non ridotto al ruolo processuale – fa elaborare a ciascuno il proprio vissuto e le proprie condotte. Ciò è effettuato in uno spazio dedicato, in un luogo non evocativo del giudizio, in un tempo adeguato.“per comprendere non tanto e non solo “cosa è successo”, ma “cosa mi è successo” devo ascoltare la tua storia; per comprendere non solo “cosa ho fatto”, ma ”cosa ho fatto nella mia vita” , E per assumere responsabilmente e biograficamente tutte le conseguenze devo ascoltare la tua storia.” [12]

Nel lessico della Giustizia Riparativa si usano varie metafore per rendere la significanza dell’incontro: “faccia a faccia” – sinonimo di verifica e sincerità – “guardare il volto” – immagine della totalità della persona – “guardarsi negli occhi” – simbolo di profondità e verità.

E già questo incontro e dialogo di giustizia è una forma di riparazione.

E tuttavia il programma può – è sempre consensuale e libero – attivare e condurre a un esito riparativo secondo la denominazione legislativa (art.56-57 d. leg.vo 150 ) che possono dare adito a valutazioni da parte dell’autorità giudiziaria ai fini dell’applicazione dei provv.ti sanzionatori o in ambito di esecuzione. (art. 58 d. leg.vo 150 )

L’esito riparativo. Nozione cruciale nella disciplina organica della Giustizia riparativa è “l’esito riparativo” anche in ragione delle ricadute e degli effetti penali che da esso possono derivare. “Esito riparativo” è “qualunque accordo, risultante dal programma di giustizia riparativa, volto alla riparazione dell’offesa e idoneo a rappresentare l’avvenuto riconoscimento reciproco e la possibilità di ricostruire la relazione tra i partecipanti” .

Tale definizione dell’art. 42 lett e) del decreto 150 “si muove tra due opposte esigenze, non facilmente conciliabili, sulle quali il legislatore delegato ha speso approfondite riflessioni: da un lato, l’esigenza di tassatività, determinatezza e precisione della “materia penale”; dall’altro, l’esigenza di cogliere nel testo normativo la flessibilità, e financo la ‘creatività’, della giustizia riparativa. La definizione ruota attorno ai lemmi “accordo”, “riparazione dell’offesa”, “riconoscimento reciproco” e “relazione”, concetti mutuati dalla scienza della giustizia riparativa, i quali assumono qui la natura di ‘risultato’ del metodo riparativo stesso.

La nozione è da correlarsi strettamente con l’articolo 56, dove l’esito riparativo è tassativamente disciplinato come esito “simbolico” o “materiale” (o entrambi), nonché con le disposizioni di modifica del codice penale, dell’ordinamento penitenziario e del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121.

Se, in particolare, la “riparazione dell’offesa” è nozione già nota alla dottrina e alla cultura penalistiche, nuova e più ricca è la specifica incurvatura data dal programma di restorative justice alle condotte di riparazione, le quali possono essere, appunto, sia materiali, sia simboliche. Nuovo è altresì il riferimento all’idoneità dell’accordo che scaturisce dall’incontro a significare l’avvenuto riconoscimento reciproco e la possibilità di ricostruire la relazione tra i partecipanti: concetti indispensabili ad esprimere la tipica vocazione relazionale della giustizia riparativa, necessariamente aperti e flessibili e purtuttavia ricondotti nei confini della materialità, tassatività e determinatezza negli articoli 56, 57, 58, dove la formulazione delle disposizioni è particolarmente attenta a tipizzare indicatori concreti, specialmente per le ipotesi in cui essi sono offerti all’apprezzamento dell’autorità giudiziaria per gli effetti processuali e sostanziali previsti dalla disciplina organica. Anche gli obiettivi di cui all’articolo 43, comma 2, sono da leggersi nello specchio della nozione di esito riparativo;”[13]

Gli esiti della mediazione meritano una riflessione attenta in vista della loro valutazione ai fini processuali, ai sensi dell’art. 58.

La riparazione può essere simbolica o materiale:

La riparazione simbolica tende al superamento di un evento storico attraverso un gesto che esprime il rimorso ingeneratosi negli autori di un reato e l’impegno dei predetti a non ripeterlo; la sua forma più spettacolare è il pentimento, consistente in un atto pubblico di contrizione.

La riparazione materiale si realizza, invece, non solo mediante un indennizzo, ma anche attraverso l’utilizzo di mezzi concreti e positivi che eliminino in via definitiva le tracce di iniquità storica ancora presenti.

Mentre la riparazione simbolica attribuisce valore alle persone e agisce sulla ricostituzione di una relazione interpersonale, la riparazione pecuniaria attribuisce valore all’offesa, ponendo tre ineludibili questioni:

– l’identificazione del metro quantitativo della riparazione materiale (tema destinato a rimanere irrisolto, perché non esiste in rerum natura un parametro che consenta di commisurare due entità eterogenee come la sofferenza e il denaro);

il significato della riparazione materiale, stante la diversità tra materialità e simbolismo del denaro, mai perfettamente separabili (invero l’indennizzo attribuisce un valore alla sofferenza, a un dramma individuale che acquista così rilevanza ed esistenza obiettive, ma al tempo stesso, toglie individualità all’esperienza rendendola comune, in tutti i sensi del termine, sicché la riparazione pecuniaria è chiamata a muoversi tra la dimensione giuridico-economica della materialità del danno e quella giuridico-morale del riconoscimento dell’altro e della memoria del male);

– gli effetti della riparazione materiale (la cui valenza, prevalentemente satisfattoria rispetto alla perdita economica subita, si presenta molto più problematica quando è in gioco il cd. pretium doloris, posto che, in relazione ad esso, le istanze di giustizia devono fare i conti con quelle legate alla dignità della persona e non sempre la dimensione materiale entra in sintonia con quella morale, sicché, talora, per attivare il riconoscimento ci vuole qualcosa di diverso dal denaro, che abbia a che fare con la persona, da cui discende la sovrapposizione, di cui si è detto, tra riparazione materiale e riparazione simbolica).

La riparazione materiale trova senso nel dialogo tra le parti e diventa la prova dell’impegno a riconoscere il danno cagionato, a non cancellare la memoria del male e, perciò, ad offrire una chance di superamento dell’esperienza di vittimizzazione.

Il valore del denaro fa sì che anche il profilo della proporzione tra offesa e riparazione diventi secondario, o quanto meno perda importanza agli occhi delle vittime, rispetto alle possibilità di riconoscimento che si iscrivono in una dimensione relazionale della giustizia.[14]

Quindi: “la Restorative Justice persegue un obiettivo che va ben al di là della mera riparazione delle conseguenze dannose del reato: tende infatti anche il recupero della relazione interpersonale tra offensore e offeso, e/o alla ricostituzione di un legame fiduciario con la Comunità. Da questo punto di vista si comprende allora come il suo principale strumento di intervento sia la mediazione penale. C’è un processo di interazione comunicativa tra autore e vittima (diretta, indiretta o simbolicamente sostitutiva) gestito da terzo imparziale, diverso dal giudice (vale a dire un esperto Mediatore) ed è finalizzato a: far dialogare le due parti contrapposte, così da mettere ciascuno in condizione di poter comprendere le ragioni dell’altra; dare ascolto alle esigenze della vittima e, nel contempo, responsabilizzare il colpevole inducendolo a rendersi conto delle sofferenze causate con l’atto illecito; promuovere, raccordi a carattere riparatorio.( concreto o simbolico) tendere alla riconciliazione tra offeso e offensore e/o alla ricostituzione dei legami con la Comunità.” [15]

Conclusione. Le diverse forme di riparazione penale – sopra classificate .. prestazionale e relazionale – pur accomunate tuttavia hanno una diversa natura e quindi una diversa finalità:

la riparazione all’interno della giustizia penale cosiddetta retributiva è “parte integrante di un rinnovato concetto di pena proposto da recenti teorizzazioni dottrinali. La cosiddetta Giustizia Riparativa di cui ora ci occupiamo rispecchia invece un modello di giustizia che ambisce a differenziarsi profondamente dalla giustizia punitiva: nel suo orizzonte, la riparazione non si combina con la punizione, e non vi si combina perché intende essere altra cosa, cioè una reazione al reato priva di significato ed effetti punitivi. (quantomeno intesi nell’accezione tradizionale.)”[16]

E’ il nuovo paradigma di giustizia che rende la riparazione l’esito del programma di Giustizia Riparativo volto a promuovere il riconoscimento della vittima del reato, la responsabilizzazione della persona indicata come autore dell’offesa, e la ricostituzione dei legami con la Comunità (art. 43 n.2 d.leg.vo 150) che il reato – lacerazione o rottura di dirtti personali della vittima e di legami personali e sociali e non solo come violazione di legge penale – ha provocato.[17]

Q.G.Fiandaca NOTE SU PUNIZIONE, RIPARAZIONE E SCIENZA PENALISTICA di in sistema penale online 2020 ma anche in G Fiandada Punizione Bologna 2024 pg 127-128

[2] C. ROXIN, Zur Wiedergutmachung als einer “Dritten Spur” im Sanktionssystem, in Festschrift fuer Juergen Baumann, Bielefeld, 1992, 243 ss. citato in NOTE SU PUNIZIONE, RIPARAZIONE E SCIENZA PENALISTICA di Giovanni Fiandaca in sistema penale online 2020

[3] GA Lodigiani Del riparare. Disposizioni cognitive ed affettive per un comportamento gravido di dignità umana in Mediares n.1/2022

[4] F.Antolisei Manuale di diritto penale Varese 1982 pg 721 e seg.ti

[5] F.Giunta Oltre la logica della punizione: linee evolutive e ruolo del diritto penale, p. 345 ss.

[6] In M bouchard. Fabio Fiorentin. La giustizia riparativa. Milano, 2024. Pagina 50, 51.

[7] Il diritto civile sembra avviato a rendersi conto, pur con certe contraddizioni e difficoltà, che un evento traumatico e ‘ingiusto’, un reato per esempio, può diffondere i propri effetti distruttivi lungo tutta l’esistenza di una persona e appuntarsi nelle pieghe più recondite delle sue quotidiane attività. Ceretti fa però osservare come il risarcimento del danno abbia finito per “divenire la nuova e pressoché unica modalità di parlare istituzionalmente non solo di un avvenimento luttuoso, ma anche di un’offesa subita […]. Risarcire un pregiudizio morale e materiale significa pensare a degli equivalenti materiali e simbolici della sofferenza, cioè un modo di darle un valore, un prezzo e una qualità” . Detto altrimenti, la monetizzazione del dolore mediante il risarcimento del danno ha finito per rappresentare un “anestetico”, una sorta di stratagemma dell’ordinamento giuridico incapace di offrire una soddisfacente “politica pubblica della sofferenza”: si insinua così – prosegue il criminologo – il legittimo sospetto che il “denaro si im-ponga, in questo contesto, quale mimesi della sofferenza”, quale suo “doppio equivoco”, con l’impressione, per giunta, che fino a quando si affermeranno “all’attenzione pubblica le pratiche di mediazione […], la modalità risarcitoria […] corra il rischio di finire semplicisticamente col sovrapporsi alla perdita irreparabile sofferta, all’offesa subita” C Mazzuccato Appunti per una teoria “dignitosa” del diritto penale a partire dalla restorative justice in quaderni del dipartimento di scienze giuridiche Università cattolica del Sacro Cuore sede di piacenza Lecce 2010 pg 152

[8] «Un atto di violenza, per chi lo subisce e per chi ne è responsabile, lascia delle conseguenze permanenti. Una di queste è il blocco di una parte importante di sé nel tempo e nello spazio. Nella propria esperienza è come avere dentro un elastico. Si va avanti, si cresce, si invecchia, si ha una vita professionale, sociale, affettiva. Ma non si è interi in questo cammino. Qualcosa di importante di sé è ferma là, a quei fatti. L’elastico si è allungato e ha lasciato la possibilità di arrivare fino ad oggi. Ma ogni istante un incontro, un’immagine, un pensiero, un profumo, un luogo può far scattare l’elastico e riportare istantaneamente a quei giorni. Sono le porte girevoli del dolore e del rimorso. Non si è mai davvero padroni di sé. E non si sa che cosa succederà, come andrà a finire con l’elastico […] Che farà di ciascuno l’elastico? Seguiterà a tendersi all’infinito e non si sarà mai più liberi dall’orrore e dalla morte? Sciogliere l’elastico. Delicatamente. Senza perdere nulla, né di ieri, né di oggi. Ricordare per amore, perché lo si vuole. Non perché l’orrore domina e inghiotte.G. Bertagna, A. Ceretti, C. Mazzuccato IL LIBRO DELL’INCONTRO Milano 2015 pg. 257 che richiama materiale allegato in ebook a pg. 13 “l’elastico e le porte girevoli del dolore di AGNESE MORO”.

[9] Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: «Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, non- ché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari». IN GU SUPPL STRAORDINARIO ALLA GU N. 245/2022

[10] Cfr C.Mazzuccato Appunti op.cit pg115. In nota 43: “ l’evocativo termine è usato in varie occasioni dal Card. C.M. MARTINI, fra cui da ultimo, in Il Discorso della Montagna. Meditazioni, Milano, Mondadori, 2006. Avevo usato il termine ‘eccedenza’ in un precedente lavoro (Consenso alle norme e prevenzione dei reati), in riferimento ai compiti ‘difficili’ del diritto minorile che si trova a regolare bisogni ed esperienze umane primordiali e decisive (la nascita, lo sviluppo fisico, psichico e umano di un bambino, gli affetti, ecc.) che ‘eccedono’ sempre i confini astratti e generali posti dalle norme, le quali però, nel caso di specie, devono tentare di governare in modo propositivo e promozionale tali delicate situazioni.

[11] come mediatori possiamo dire, timidamente e senza pretesa di avere capito fino in fondo quella realtà, di “esserci stati” e di avere avuto un’occasione per “renderci conto”. L’attraversamento di simili territori dolorosi, senza mai sfuggire al “tragico” bensì rimanendoci immersi, il contributo della mediazione al “vedere” il reato e l’insegnamento che il diritto penale ne può trarre, in armonia con una antica e saggia tradizione giuridica liberal-democratica. Non solo la realtà e l’esperienza della pena, e dunque il ‘lato’ del reo, bensì anche la realtà e l’esperienza dell’offesa, e dunque il ‘lato’ della vittima. Cfr C Mazzuccato Appunti per una teoria “dignitosa” del diritto penale a partire dalla restorative justice in quaderni del dipartimento di scienze giuridiche Università cattolica del Sacro Cuore sede di piacenza Lecce 2010 pg 161

[12] CMazzuccato La giustizia dell’incontro, in G Bertagna A Ceretti, C Mazzuccato (a cura di ) il libro dell’incontro pg. 291

[13] Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: «Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recan- te delega al Governo per l’efficienza del processo penale, non- ché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari». IN GU SUPPL STRAORDINARIO ALLA GU N. 245/2022

 [14] CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE UFFICIO DEL MASSIMARIO SERVIZIO PENALE Rel.: n.2/2023 Roma, 5 gennaio 2023 RELAZIONE SU NOVITÀ NORMATIVA LA “RIFORMA CARTABIA”

[15] G Fiandaca Punizione Bologna 2024 pg 143-144

[16] G. Fiandaca Punizione op. cit. pg. 139.

[17] Su ciò si veda ormai la copiosa bibliografia in materia di giustizia riparativa meglio richiamata nei precedenti articoli su questa rivista online.

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