Cassazione: l’uso della violenza non rientra nel delitto di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina

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Nella sentenza n. 13145 depositata il 6 aprile 2022 dalla VI Sezione penale della Suprema Corte di si procede a far chiarezza sulla configurabilità del delitto di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, di cui all’art. 571 c.p., esaminando il caso di un’insegnante di sostegno accusata di aver stretto al collo il bambino da lei assistito, nel tentativo di spingergli la testa in uno dei lavandini del bagno della scuola.

L’evento si è verificato nell’ambito di un diverbio tra i due e in assenza di testimoni, ma secondo quanto emerge dai fatti riportati durante il processo, il bambino sarebbe tornato in classe spaventato e con dei segni rossi sul collo.

La Suprema Corte, ritenendo plausibile la ricostruzione del giudice di merito, confermata in parte anche dall’insegnante che ha ammesso di aver accompagnato al bagno l’alunno e di aver avuto con lui una discussione, ha ribadito l’orientamento ormai consolidato in materia di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina.

In particolare, ha affermato che nelle fattispecie disciplinate dall’art. 571c.p. l’elemento oggettivo presuppone l’astratta liceità dell’uso dei mezzi di correzione. Di conseguenza l’abuso degli stessi può verificarsi nel momento in cui si tratti di mezzi consentiti ma utilizzati in maniera inappropriata.

Dunque, secondo tale orientamento giurisprudenziale, precondizione fondamentale al delitto di abuso dei mezzi di correzione è la liceità del mezzo impiegato. In altri termini, l’uso della violenza fisica o morale, seppur minima ed a scopo correttivo, non è più considerata strumento educativo consentito negli ordinamenti scolastici.

Sul punto, infatti, si è registrato un cambio di rotta soprattutto in seguito all’approvazione della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la quale ha riconosciuto il minore come un soggetto di diritti e non più soltanto come oggetto sottoposto alla protezione degli adulti.

Alla stregua di tali norme convenzionali, la VI Sezione penale della Suprema Corte, nella sentenza depositata in data 6 aprile 2022, afferma che: <<ai fini della determinazione dello jus corrigendi, l’uso di qualsiasi forma di violenza o vessazione non può più essere considerato come strumento educativo ed è riconducibile, invece, al delitto di percosse o lesioni personali […]>> e riqualifica la condotta dell’insegnante come delitto di percosse ai sensi dell’art.581 c.p..

Milena Adani

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