Addetti all’Ufficio per il processo: mansioni, criticità, scorrimenti e nuovi concorsi

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L’Ufficio per il processo nasce con il Decreto legge 90/2014, nel quale è stato predisposto che il personale di cancelleria, laureati, tirocinanti, giudici onorari o ausiliari componessero l’Ufficio e riorganizzassero le loro funzioni anche attraverso un più largo impiego di strumenti informatici, al fine di garantire la giusta durata del processo.

Tuttavia, gli obiettivi posti dal decreto poc’anzi menzionato sono stati realizzati e potenziati negli ultimi mesi dell’anno 2021, attraverso l’approvazione dei progetti appartenenti al Piano nazionale ripresa e resilienza (PNRR), volto a fronteggiare gli effetti della pandemia da Covid-19. Si è reso necessario potenziare l’organizzazione dell’amministrazione della giustizia e fornire una struttura di supporto al lavoro dei giudici nei Tribunali, Corti d’Appello e Corte di Cassazione.

A tale scopo è stata introdotta la figura di “addetto all’Ufficio per il processo” dal Decreto legge 80/2021, seguito dalla l. 134/2021 che, prevedendo una riforma della giustizia penale, ha chiarito le funzioni di tale Ufficio.  L’addetto Ufficio per il processo deve occuparsi sia dello studio delle controversie e giurisprudenza sia dello svolgimento di attività ausiliarie alla cancelleria.

I vincitori del primo concorso, indetto per il reclutamento di 8.171 unità UPP, hanno preso servizio dalla metà del mese di febbraio 2022, con la consapevolezza che il loro non sarà un incarico a tempo indeterminato: durerà precisamente due anni e sette mesi.

La temporaneità dei loro incarichi è dovuta all’appartenenza del progetto al Recovery Plan (PNRR), che, come accennato prima, prevede il finanziamento di una serie di interventi, temporanei e non, nei vari settori e livelli della pubblica amministrazione e del sistema produttivo.

Nei mesi scorsi, tuttavia, l’attenzione si è spostata rapidamente sulle criticità che queste nuove assunzioni hanno sollevato. Infatti, è emersa con tutta evidenza l’incompatibilità per gli avvocati vincitori tra la professione e l’impiego come addetto all’Ufficio del processo.

In un primo momento, non è stato chiaro ai legali reclutati all’Ufficio per il processo quale fosse il loro destino rispetto alla possibilità o meno di continuare a svolgere il mestiere di avvocato una volta assunti alle dipendenze del Ministero.

Successivamente, il legislatore governativo con il D.L. PNRR è intervenuto consentendo ai professionisti assunti di mantenere l’iscrizione all’albo professionale. Novità che però ha allarmato il Consiglio Nazionale Forense, il quale, in una delibera indirizzata a tutti i Consigli territoriali degli avvocati, ha evidenziato il preoccupante contrasto tra la nuova norma contenuta nell’art.31 del D.L. PNRR e il regime di incompatibilità tra la professione di avvocato e il lavoro subordinato.

In particolare, il CNF ha posto l’accento sui potenziali conflitti di interesse che ne sarebbero potuti derivare e sulle effettive violazioni dei doveri sanciti dal Codice deontologico forense.

Pertanto, nella stessa sede, il rappresentante dell’intera classe forense ha invitato il Governo a prendere le misure necessarie: o a sospendere l’esercizio dell’attività professionale per tutta la durata dell’incarico pubblico o a limitare l’attività nello stesso circondario in cui sono stati assunti i legali come addetti all’Ufficio per il processo.

Dello stesso avviso anche l’Aiga, che in una nota ha avanzato anche la proposta di prevedere “un periodo cuscinetto” per ammortizzare eventuali criticità tra la fine del contratto e la ripresa dell’attività forense.

Infine, il Governo con il Decreto legge “bollette” n. 17/2022, entrato in vigore il 2 marzo, ha determinato la sospensione degli avvocati dall’esercizio dell’attività forense per il periodo alle dipendenze del Ministero della Giustizia. Nella norma viene specificato l’obbligo per i professionisti e i praticanti di comunicare la loro assunzione al Consiglio dell’ordine in cui sono iscritti.

Benché si sia giunti a un chiarimento e ad una soluzione in grado di prevenire situazioni di conflitto, la Cassa forense ha espresso le sue perplessità su tale norma considerando la sospensione dall’esercizio della professione alla stregua di una cancellazione, ai fini previdenziali.

Si è aggiunta, dunque, quest’ultima criticità a convincere molti avvocati a rinunciare all’impiego pubblico, stante la probabile precarietà e temporaneità dell’incarico.

Nonostante tutto, mentre si auspica a una loro stabilizzazione e si attendono gli scorrimenti di graduatoria che permetteranno di sostituire i rinunciatari, il Ministero della Giustizia annuncia nuovi concorsi che, entro il 2024, comporteranno il reclutamento di altri circa 8.000 addetti UPP, alcuni dei quali verranno assunti a tempo indeterminato presso i nuovi Uffici per il processo penale.

 

 Milena Adani

 

 

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