Opposizione all’esecuzione (art. 615 C.P.C.)

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Premessa – Facciamo una prima ipotesi: chi, esplicitamente nell’atto di precetto o implicitamente con la notifica di un titolo in forma esecutiva, ha affermato di essere legittimato a dare coattiva esecuzione a un suo diritto, tale legittimazione non ha; ad esempio, perché tale diritto non é stato, almeno nei modi dovuti, accertato (é il caso, di chi nel precetto pretende il pagamento anche degli interessi, mentre la sentenza pronunciava condanna solo al pagamento del capitale) o perché, sì, esiste una sentenza passata in giudicato che tale diritto ha accertato, ma dopo tale sentenza é intervenuto un fatto, che questa sentenza rende superata e obsoleta (é il caso del convenuto, condannato a pagare tot, che, dopo la sentenza, spontaneamente ha pagato tot).

Facciamo ora una seconda ipotesi, chi afferma la sua legittimazione a procedere esecutivamente, tale legittimazione ha effettivamente, però, all’esecuzione, procede senza seguire quelle modalità che il legislatore ha imposto a salvaguardia degli interessi del esecutato: ad esempio, il legislatore, a salvaguardia di questi interessi, impone di dar la possibilità al debitore di pagare spontaneamente, notificandogli un atto di precetto, e il creditore, invece, procede nell’esecuzione, richiedendo il pignoramento, ancorché la notifica del precetto sia nulla.

In entrambe le ipotesi, é chiaro che si deve dare all’esecutato la possibilità di instaurare una procedura, a conclusione della quale un giudice possa dire se l’esecutante é legittimato all’esecuzione, o no. Cosa che effettivamente il nostro legislatore fa prevedendo, negli articoli 615 e 616, una “opposizione all’esecuzione” (per i casi contemplati nella prima ipotesi da noi fatta) e, negli articoli 617, 618, una “opposizione agli atti esecutivi” (per i casi contemplati nella seconda ipotesi da noi fatta).

Queste due procedure hanno dei punti in comune e altri no.

I punti in comune sono dati:

I – dal fatto che entrambe prevedono una tutela avanzata, cioé un’opposizione preventiva: la persona che si vede minacciata di un’esecuzione, può giocare di anticipo facendo opposizione prima che l’esecuzione abbia inizio – e ovviamente in tal caso il giudice a cui si potrà rivolgere non sarà il “giudice dell’esecuzione” (per la semplice ragione che tale giudice viene nominato dopo l’inizio di questa), ma altro giudice (quello indicato nel primo comma degli articoli 615 e 617) e tale giudice (abbastanza naturalmente) sarà adito, non con ricorso, ma con atto di citazione.

II- dal fatto che, sia pure con qualche diversità nei presupposti, entrambe le procedure prevedono, a tutela dell’esecutato, uno stop, una sospensione dell’esecuzione (vedi il primo comma art. 615 nella sua seconda parte e il primo comma art. 624, vedi ancora il secondo comma art. 618) e, a tutela dell’esecutante e per frustrare eventuali intenti defatigatori dell’opposizione, stretti termini acceleratori e, con l’adozione del rito camerale (vedi art. 185 disp. att.), una semplificazione dell’iter processuale;

III– dal fatto che, quando l’opposizione non é preventiva (c.d. “opposizione contestuale”) e cioé avviene quando il giudice dell’esecuzione é già nominato e con la possibilità di rivolgersi a lui (naturalmente con ricorso), il legislatore adotta cautele (di cui diremo postea) per evitare situazioni di incompatibilità (vedi prima parte dell’art. 616, vedi secondo comma dell’art. 618).

E ora veniamo alle differenze tra le due procedure.

La principale differenza é data dal fatto che, le sentenze sull’opposizione all’esecuzione (art. 615), sono impugnabili, mentre, quelle sull’opposizione agli atti esecutivi (art.617), non lo sono. Ciò deriva con tutta evidenza dal diverso peso che può avere un errore commesso nelle prime o nelle seconde sentenze. Per rendercene conto, si ponga mente all’esempio, di cui alla “prima ipotesi” da noi fatta: se il giudice per errore dà torto all’esecutante, viene a ingiustamente privarlo di un diritto, che potrebbe anche avere il valore di centinaia di migliaia di euro; si ponga ora mente all’esempio di cui alla seconda ipotesi: se il giudice per errore dà torto all’esecutante, gli provoca solo il danno inerente alla rinotifica dell’atto di precetto.

Una differenza ancora tra le due procedure (quella nata da un’opposizione all’esecuzione e quella nata da un’opposizione agli atti esecutivi) deriva dal fatto che, mentre il giudice competente a decidere sull’opposizione agli atti esecutivi, é, sì, diverso dal giudice adito col ricorso, ma pur sempre é un giudice che appartiene al suo stesso ufficio giudiziario ed é…un “giudice dell’esecuzione”; invece il giudice competente a decidere sull’opposizione all’esecuzione (art. 615), non solo può appartenere a un ufficio giudiziario diverso (il giudice adito col ricorso appartiene al ufficio giudiziario–tribunale di Milano, mentre il giudice competente sull’opposizione appartiene all’ufficio giudiziario-tribunale di Genova), ma può avere una particolare competenza (Giudice di Pace, Tribunale) o può decidere secondo particolari riti (tribunale ordinario, tribunale del lavoro). Ciò determina, nell’ipotesi di opposizione all’esecuzione, delle complicazioni, che invece non sussistono nell’ipotesi di opposizione agli atti esecutivi – come vedremo subito.

Tanto premesso vediamo, sia pure a grandi linee, gli incombenti e lo svolgimento di un’opposizione all’esecuzione (art. 615).

I- Se l’opposizione é preventiva (comma primo art. 615), si redige un atto di citazione (con tutti i requisiti voluti dall’art. 163 – arg. ex art. 184 disp. att.), lo si notifica, ci si costituisce ecc., il tutto come in una ordinaria causa di cognizione. Non sembra infatti che nell’ipotesi sia applicabile l’art. 185 disp. attuazione, che rinvia alla procedura camerale – questo anche se è un po’ strano, dato che, invece, lo diciamo subito, nel caso di opposizione non preventiva, tale articolo é applicabile, e quindi l’udienza davanti al giudice (e, secondo alcuni Autori, tutto il processo) deve seguire il rito camerale – e non si capisce il perché, processi che hanno uno stesso oggetto, debbono essere regolati da riti diversi.

II- se l’opposizione non é preventiva, si redige ricorso (che, per espressa disposizione dell’art. 184 disp. att., deve avere tutti i requisiti dell’art. 163) diretto al giudice dell’esecuzione e, naturalmente, lo si deposita in cancelleria (volendo, anche telematicamente).

 Non sarà, però, il giudice, a cui il ricorso é rivolto, che deciderà sull’opposizione: egli si limiterà a instradare, mi si perdoni il termine, le parti indicando il giudice, che dovrà decidere sull’opposizione: giudice che potrà appartenere allo stesso ufficio giudiziario del giudice dell’esecuzione adito, oppure no. Ma in entrambi i casi

(secondo la interpretazione migliore dell’articolo 616) egli (idest, il giudice dell’esecuzione adito) dovrà stabilire un termine entro cui l’atto, che introduce il giudizio sull’opposizione, dovrà essere, notificato, se é un atto di citazione, depositato, se si tratta di un ricorso. Ovviamente – e il legislatore si poteva risparmiare di dirlo – spetta all’interessato provvedere all’iscrizione a ruolo eccetera.

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Sanguineti, Pratica civile ragionata
Key Editore



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