Osserva in sentenza il Consiglio di Stato come la disposizione di cui all’art. 102, comma 1, D.Lgs. n. 104/2010, nel consentire l’appello alle parti tra le quali è stata pronunciata la sentenza di primo grado, secondo la preferibile interpretazione giurisprudenziale, non abbia inteso fare riferimento, alla stregua di un criterio rigorosamente formale, alle parti presenti od evocate nel giudizio, bensì alle parti sostanziali secondo un criterio parimenti sostanziale.
Ha precisato Cons. Stato, sez. III, 25 marzo 2013, n. 1656: <<la legittimazione all’appello dev’essere individuata in base al criterio della soccombenza, ossia dev’essere riconosciuta, anche per evidenti ragioni di economia processuale, alle parti che ricevono effetti giuridici pregiudizievoli dalla sentenza di primo grado; pertanto, nel caso di pronuncia di accoglimento del ricorso di primo grado e di annullamento dell’atto impugnato, non solo l’Autorità emanante è legittimata all’appello, ma lo è pure il soggetto il quale non abbia partecipato al giudizio di primo grado ma che avrebbe la possibilità di esperire il rimedio dell’opposizione di terzo in quanto portatore di una posizione sostanziale differenziata, autonoma e incompatibile con quella accertata dalla sentenza, in ordine al mantenimento in vita dell’atto annullato (cfr., ad es., Cons. St., sez. III, 6 giugno 2011 n. 3372; sez. VI, 29 settembre 2010 n. 7197; sez. V, 23 gennaio 2008 n. 167; sez. IV, 16 giugno 2008 n. 2985).
Sulla legittimazione all’appello nel giudizio amministrativo
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