Sull’impugnazione dell’atto c.d. plurimotivato

Secondo quanto affermato in sentenza, da parte dell’adito Collegio di Palazzo Spada, quando un provvedimento amministrativo si fonda su una pluralità di motivazioni autonome (c.d. atto plurimotivato), è sufficiente a sostenere la legittimità dell’atto stesso la conformità a legge anche di una sola delle ragioni addotte.

In altre parole, nel giudizio promosso contro un siffatto provvedimento, il Giudice, ove ritenga infondate le censure dedotte avverso una delle autonome ragioni poste alla base dell’atto impugnato, idonea, di per sé, a sorreggere la legittimità del provvedimento impugnato, ha la potestà di respingere il ricorso su tale base, con declaratoria di assorbimento delle censure dedotte contro altro capo del provvedimento, indipendentemente dall’ordine in cui le censure sono articolate dall’interessato nel ricorso, in quanto la conservazione dell’atto (indipendentemente dalla eventuale invalidità di taluna delle autonome argomentazioni che lo sorreggono) fa venir meno l’interesse del ricorrente all’esame dei motivi dedotti contro tali ulteriori argomentazioni.

A identica conclusione, nel senso cioè che basta la legittimità di una sola delle motivazioni per sorreggere l’atto lesivo, si perviene quando, nei riguardi di una delle motivazioni autonome poste a fondamento dell’atto medesimo, non sia stata sollevata censura alcuna.

Si è affermato altresì in giurisprudenza:

– <<Come già chiarito dalla Sezione in precedenti pronunce (ex multis, v. T.A.R. Bari sez. III, sent. n. 410 del 26.4.2017) “Secondo la consolidata giurisprudenza (ex pluribus, Cons. Stato, VI, 17 luglio 2008, n. 3609; V, 6 giugno 2011, n. 3382; V, 21 ottobre 2011, n. 5683; IV, 6 luglio 2012, n. 3970), quando un provvedimento amministrativo negativo è fondato su una pluralità di motivi, tra loro autonomi, proprio come nel caso in esame, è sufficiente che resti dimostrata, all’esito del giudizio, la fondatezza di uno solo di questi perché ne derivi la consolidazione dell’atto, stante l’impossibilità di disporne l’annullamento giurisdizionale. A fronte di un atto c.d. “plurimotivato”, l’eventuale fondatezza di una delle argomentazioni addotte, infatti, non potrebbe in ogni caso condurre all’annullamento del provvedimento impugnato, in quanto esso rimarrebbe sorretto dal primo versante motivazionale risultato immune ai vizi lamentati (T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, sent. n. 63 del 17 gennaio 2011)”>> (Tar Puglia, Bari, sez. III, 1 dicembre 2017, n. 1235);

– <<il provvedimento inibitorio si fonda su di una pluralità di motivazioni con la conseguenza che, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, “il rigetto della doglianza diretta a contestare una delle ragioni giustificatrici dell’atto lesivo comporta la carenza di interesse della parte ricorrente all’esame delle censure ulteriori volte a contestare le altre ragioni giustificatrici dell’atto medesimo, atteso che, seppur tali ulteriori censure si rivelassero fondate, il loro accoglimento non sarebbe comunque idoneo a soddisfare l’interesse del ricorrente a ottenere l’annullamento del provvedimento lesivo, che resterebbe supportato dall’autonomo motivo riconosciuto sussistente e legittimo” (sugli atti plurimotivati v. di questa Sezione, ex aliis, la sent. 21 novembre 2016, n. 11621; v. anche Cons. Stato, sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3194, nonché Cons, Stato, sez. III, 3 novembre 2016, n. 4611: “In presenza del cd. atto plurimotivato è sufficiente la legittimità di una sola delle giustificazioni per sorreggere l’atto in sede giurisdizionale”)>> (Tar Molise, Campobasso, sez. I, 07 settembre 2017, n. 282).

Riferimenti:

Consiglio di Stato, sez. VI, 02/01/2018, n. 3

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