Avv. Selene J. G. Maiella
La disciplina in materia di sanzioni disciplinari nel comparto difesa è una materia altamente complessa e specialistica che si compone di diverse aree, tutte legate al particolare status rivestito dagli appartenenti alle Forze Armate che, inevitabilmente, influisce sulle garanzie a questi applicabili e peculiari adattamenti della normativa generale.
Per meglio comprendere tale specificità, si deve partire proprio dalle modalità operative e di funzionamento che caratterizzano l’Amministrazione della Difesa. Questa, infatti, al pari delle altre Amministrazioni pubbliche, deve garantire il buon funzionamento della Pubblica Amministrazione così come previsto dall’art. 97 Cost., alla luce, in particolare, del principio di fedeltà alla repubblica, di cui all’art. 54 Cost., ed in rapporto al particolare status rivestito dai dipendenti dell’Amministrazione militare.
Uno strumento che l’ordinamento predispone a tal fine è proprio la disciplina sanzionatoria che ha lo scopo di assicurare non solo il corretto, efficiente ed efficace funzionamento dell’Amministrazione, ma altresì il rispetto delle norme comportamentali specifiche di questo settore.
La normativa di riferimento è oggi contenuta nel Codice dell’Ordinamento Militare (D.lgs. 15 marzo 2010, n. 66) e nel relativo Testo Unico (D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90) – andando così a sostituire il previgente assetto di cui alla L. 382/1978 e D.P.R. 545/1986.
L’art. 1352 c.o.m. definisce la disciplina militare come “ogni violazione dei doveri del servizio e della disciplina militare sanciti dal presente codice, dal regolamento, o conseguenti all’emanazione di un ordine”. La violazione dei doveri di cui agli artt. 712 ss D.P.R. 90/2010, nonché i generici principi di comportamento ai quali ogni militare deve attenersi, comporta l’irrogazione di una sanzione disciplinare di corpo ovvero una sanzione disciplinare di stato.
I principi cui si ispira la materia disciplinare sono diversi e tutti di pari importanza. Tra questi si annoverano: il principio di atipicità degli illeciti – con l’eccezione dei comportamenti punibili con la consegna di rigore; il principio di tipicità delle sanzioni disciplinari, in virtù del quale sono sanzioni solo quelle espressamente individuate dal c.o.m. e non sono sanzioni e non possono essere utilizzati ai fini sanzionatori strumenti diversi quali il trasferimento d’autorità ovvero le riservate personali; il principio di alternatività tra sanzioni di corpo e sanzioni di stato in virtù del quale uno stesso comportamento potrà essere oggetto alternativamente di una sanzione di corpo ovvero di stato; il principio di non alternatività tra procedimento penale e procedimento disciplinare, trattandosi un sistema a doppio binario ove uno stesso fatto potrà essere passibile di entrambe le sanzioni, penale e disciplinare; il principio per il quale il procedimento sanzionatorio è pur sempre un procedimento amministrativo e, in quanto tale, soggiacerà alle disposizioni in tema di difesa, garanzie partecipative e procedimentali, motivazione del provvedimento conclusivo e legittimità procedurale e così via.
Le sanzioni disciplinari di corpo sono – in ordine di gravità: richiamo, rimprovero, consegna, consegna di rigore. Queste attengono a violazioni della disciplina militare di minore gravità, la cui rilevanza in termini di conseguenze permane internamente alla Forza Armata. Pertanto, anche gli effetti di tali sanzioni sono più contenuti, potendo essere oggetto di cancellazione a determinate condizioni decorsi due anni dall’irrogazione dell’ultima delle sanzioni.
La rilevanza meramente interna delle condotte, delle conseguenze e della relativa sanzione irrogata consentono al militare di beneficiare di uno strumento di tutela anch’esso interno all’Amministrazione di appartenenza, ovvero il ricorso gerarchico. Solo successivamente, qualora questo abbia esito negativo, potrà proporsi ricorso al TAR ovvero, alternativamente, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
Le sanzioni disciplinari di stato, invece, sono: sospensione disciplinare dal servizio, sospensione disciplinare dalle funzioni del grado, cessazione dalla ferma o dalla rafferma, perdita del grado per rimozione.
Questa tipologia di sanzioni si applicherà in relazione a quei comportamenti gravi la cui risonanza è tale da destare attenzioni e giudizi anche esternamente alla Forza Armata dal militare. Proprio per tali ragioni non sarà possibile procedere con la cancellazione della sanzione disciplinare di stato le cui conseguenze potranno venire meno solo in caso di annullamento del provvedimento sanzionatorio in autotutela ovvero in caso di accoglimento del ricorso al TAR avverso lo stesso. Infatti, avverso le sanzioni disciplinari di stato potranno esperirsi solo il ricorso al TAR ovvero, in alternativa, il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
In termini di difesa v’è una differenza sostanziale tra le due macro categorie di sanzioni: solo nei procedimenti volti all’irrogazione di una sanzione disciplinare di stato, e solo per le sanzioni della cessazione dalla ferma o dalla rafferma ovvero della perdita del grado per rimozione per le quali viene nominata la Commissione di disciplina, sarà possibile per il militare farsi assistere da un Avvocato del libero foro.
Se, infatti, le generiche garanzie di difesa – quali la partecipazione al procedimento attraverso la produzione di memorie difensive, allegazioni, documentazioni, acquisizione di dichiarazioni, richieste istruttorie, istanza di accesso agli atti, ecc., nonché l’assistenza di un difensore militare limitatamente ai procedimenti relativi alla consegna di rigore e a tutte le sanzioni disciplinari di stato – sono applicabili ai procedimenti disciplinari in quanto tali; l’Avvocato del libero foro potrà intervenire – ai sensi dell’art. 1370 comma 3 bis c.o.m. – solo innanzi alla Commissione di disciplina, affiancando il difensore militare, nei procedimenti volti all’irrogazione della perdita del grado per rimozione e della cessazione dalla ferma o dalla rafferma.
Uno stesso comportamento può risultare disciplinarmente e penalmente rilevante allo stesso tempo. In tal caso, le sanzioni – disciplinari e penali – eventualmente irrogate non violeranno il principio del ne bis in idem laddove i relativi procedimenti andranno ad insistere su aspetti e conseguenze diverse dello stesso evento. Ciò nonostante, il Legislatore ha ritenuto – a ragion veduta – di dover disciplinare come questi procedimenti debbano tra loro “coordinarsi”.
Il rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale ha subito recentemente una sostanziale modifica. L’art. 1393 c.o.m. è infatti stato oggetto di riforma da parte dell’art. 15 della L. 7 agosto 2015, n. 124. Oggi, pertanto, l’assetto vede sostanzialmente 3 ipotesi, implicitamente o espressamente disciplinate.
La prima di queste attiene ai fatti di lieve entità in relazione ai quali il procedimento disciplinare dovrà essere avviato anche in pendenza del procedimento penale.
La seconda ipotesi, invece, riguarda comportamenti di maggiore gravità punibili con la consegna di rigore ovvero con una sanzione di stato il cui accertamento è particolarmente complesso ovvero al termine degli accertamenti disciplinari non vi siano elementi sufficienti per poter procedere disciplinarmente. Solo in tal caso, ovvero quando non vi sia certezza in merito al fatto, il procedimento disciplinare dovrà essere sospeso in attesa dell’esito del procedimento penale il quale per struttura, competenza e strumenti sarà in grado di porre chiarezza in merito ai fatti.
L’ultima ipotesi, poi, attiene a fatti compiuti nello svolgimento delle proprie funzioni in adempimento di obblighi e doveri di servizio in relazione ai quali il procedimento disciplinare dovrà necessariamente essere avviato solo dopo l’esito del procedimento penale. Qualora il procedimento disciplinare fosse già stato avviato, sarà onere dell’Amministrazione sospendere lo stesso per poi riaprirlo al termine del procedimento penale.
L’assetto disciplinare così a grandi linee delineato è estremamente articolato e complesso tanto da meritare un approfondimento maggiore anche in rapporto alle casistiche che necessiterebbero di uno studio specifico e dedicato.
Avv. Selene J. G. Maiella