Vice Prefetto Aggiunto Dott.ssa Roberta Molè – Prof. Avv. Michele Pappone
Già autori del Codice dell’Attività Prefettizia, Key Editore, 2021 (in corso di pubblicazione nuova edizione)
Con una recentissima pronuncia del TAR Catania (sentenza sez. IV, n. 1219 del 1° maggio 2022), i giudici amministrativi hanno affrontato l’annosa questione dei rapporti tra interdittiva antimafia e controllo giudiziario, già oggetto di un precedente approfondimento da parte degli scriventi.
In particolare, i giudici siciliani hanno affermato che “l’impresa attinta da interdittiva è legittimamente esclusa dal mercato e solo se ammessa al controllo può riprendere ex nunc ad operare. All’esito di tale controllo sarà ammessa o esclusa dal mercato per effetto di un nuovo provvedimento prefettizio, obbligatoriamente adottato prima della conclusione del primo periodo di ammissione al controllo giudiziario, con conseguente improcedibilità del ricorso quanto alla originaria interdittiva”.
Il T.a.r. nella sentenza in esame è chiamato, in particolare, a decidere se, in caso di ammissione al controllo giudiziario dell’impresa attinta da interdittiva, possa residuare in sede giurisdizionale (nel ricorso avverso l’interdittiva) un interesse alla decisione ai fini meramente risarcitori. A tale interrogativo viene condivisibilmente data risposta negativa: invero l’impresa che, dopo aver proposto ricorso giurisdizionale al T.a.r., successivamente presenta al Tribunale ordinario istanza per l’ammissione al controllo giudiziario, implicitamente “riconosce la legittimità del provvedimento prefettizio impugnato e quindi esclude in radice finanche l’esistenza del fatto illecito, con ciò determinando, eventualmente, la necessaria declaratoria dell’infondatezza nel merito della domanda risarcitoria, ove già proposta”.
I giudici amministrativi evidenziano, infatti, che “nel caso di informativa prefettizia negativa, l’ammissione alla misura riabilitativa da parte del Tribunale ordinario, passa – oltre che per una esplicita istanza da parte dell’impresa attinta da interdittiva – anche e soprattutto da un vaglio in chiave sostanziale sulla “occasionalità” del contagio mafioso, che costituisce, però, un elemento fattuale incontestato, anzi è dato per presupposto dell’ammissibilità dell’istanza ex art. 34 bis, co. 6-7, d.lgs. n. 159/2011”.
La pronuncia in commento è degna di pregio, oltre che per le conclusioni raggiunte sul versante processuale, anche per la razionalizzazione della complessa materia trattata, in ciò discostandosi dagli orientamenti giurisprudenziali che si registrano sul punto. In particolare, secondo un primo consolidato indirizzo, l’ammissione dell’impresa al controllo giudiziario determina una causa necessaria di sospensione del giudizio, in conseguenza della sospensione ex lege dell’efficacia del provvedimento interdittivo (cfr. ex multis, Consiglio di Stato ord. nn. 4873/2019 e 5482/2019); secondo un’altra opzione interpretativa, invece, stante la non interferenza degli ambiti giurisdizionali appartenenti al giudice amministrativo e al giudice della prevenzione penale, il giudice amministrativo ha l’obbligo di definire nel merito il ricorso (cfr. ex multis T.a.r. Calabria – sez. staccata di Reggio Calabria, sentenze nn. 15/2019 e 350/2019).
Il T.a.r. Catania non si limita a prospettare la diversa soluzione sopra indicata ma, nell’esplicitare il percorso logico-giuridico sotteso alla definizione in rito della controversia per sopravvenuta carenza di interesse, rileva che:
- a) la misura interdittiva diviene inefficace al momento dell’ammissione dell’impresa al controllo giudiziario;
- b) sussiste un obbligo di aggiornamento della misura interdittiva in ragione dell’ammissione dell’impresa al controllo giudiziario e l’imputazione del citato obbligo di aggiornamento ricade ex officio in capo all’Amministrazione procedente;
- c) il provvedimento di aggiornamento non può essere un atto meramente confermativo della precedente interdittiva, ma un nuovo provvedimento, che giunge all’esito della necessaria, rinnovata istruttoria, la quale deve obbligatoriamente tenere conto di quanto accaduto durante il periodo di controllo giudiziario.
Il nuovo provvedimento prefettizio non potrà mai, pertanto, considerarsi meramente confermativo del precedente: ciò in quanto la Prefettura ha l’obbligo di avviare d’ufficio una nuova istruttoria che tenga conto del percorso di “self clearing” seguito dall’impresa durante tutto il periodo di ammissione al controllo giudiziario. Detto obbligo istruttorio in capo all’Autorità amministrativa comporta che, in caso di inerzia della stessa, l’interessato possa attivare il rito del silenzio-inadempimento ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a.. L’indagine dell’Autorità Prefettizia circa la permanenza o meno del pericolo di infiltrazione mafiosa deve avvenire, inoltre, contestualmente al decorso del termine di efficacia del disposto controllo ex art. 34 bis del Codice Antimafia.
Si riconosce, di conseguenza, l’interesse dell’impresa a proporre un nuovo ricorso qualora la nuova informativa contenga un giudizio prognostico negativo. In caso di giudizio prognostico positivo da parte della Prefettura, invece, il controllo giudiziario dovrà cessare.
Nella ricognizione degli approdi normativi e giurisprudenziali concernenti il coordinamento dei meccanismi e degli effetti propri degli istituti dell’informazione antimafia e del controllo giudiziario, la pronuncia si sofferma sull’incidenza nel sistema antimafia della recente riforma apportata al D. Lgs. n. 159/11 con decreto legge n. 152 del 2021, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose”, convertito in legge n. 233 del 2021. Nonostante la novella legislativa, invero, permane il vuoto normativo circa la soluzione da adoperare all’esito del controllo giudiziario, a fronte di un provvedimento interdittivo originariamente emanato nei confronti della stessa impresa ammessa al beneficio di cui all’art. 34 bis. Sul punto i giudici amministrativi statuiscono che, sebbene la nuova disciplina sia intervenuta successivamente all’adozione del provvedimento impugnato – oggetto dell’incardinato procedimento amministrativo – essa deve intendersi applicabile al momento dell’aggiornamento dell’interdittiva, da effettuarsi prima della conclusione del controllo giudiziario. Ne consegue che la Prefettura dovrà avviare una nuova istruttoria secondo il modello procedimentale c.d. “partecipato”.
Tali recenti modifiche normative si inseriscono nel solco di una tendenza evolutiva già ampiamente sperimentata con il controllo giudiziario ex art. 34 bis, d.lgs. n. 159/2011 ed ispirata ad un criterio di gradazione della risposta afflittiva sulla base dell’effettiva incidenza delle consorterie mafiose nell’economia legale del Paese.
In particolare, nell’ambito del procedimento amministrativo concernente l’informazione antimafia, l’art. 48 del d.l. n. 152/2021 introduce il preavviso di interdittiva ovvero della misura amministrativa di “prevenzione collaborazione” prevista e disciplinata dal nuovo art. 94 bis del Codice Antimafia. Detta nuova misura di prevenzione amministrativa, alternativa all’informazione interdittiva, si caratterizza per una vicinanza sistematica con la misura di prevenzione giudiziaria ex art. 34 bis. In linea con la ratio sottesa alla misura del controllo giudiziario, la nuova misura di prevenzione collaborativa (c.d. “controllo amministrativo”), sulla base del medesimo presupposto dell’occasionalità dell’agevolazione mafiosa, consente di attivare un meccanismo cooperativo col mondo produttivo, per mezzo del quale l’impresa può continuare a operare sotto la stretta vigilanza dell’Autorità Prefettizia.
La scelta del legislatore di individuare in capo al Prefetto, nel quadro del sistema preventivo antimafia, un potere che si estrinseca in una serie di misure prescrittive analoghe a quelle già riconosciute al Tribunale della Prevenzione, può accogliersi con assoluto favore, soprattutto ove si ponga mente al fatto che il compendio investigativo e conoscitivo della Prefettura non si basa solo sugli aspetti formali ed economico-contabili, oggetto delle relazioni dell’amministratore giudiziario, ma si estende a tutte quelle fattispecie non emergenti dall’attività formalizzata della società; si pensi, a titolo esemplificativo, al pagamento di estorsioni (nelle plurime forme ormai utilizzate dalla criminalità organizzata), all’agevolazione alle consorterie mafiose attraverso una coordinata attività di spartizione degli appalti, allo scambio di “favori” con esponenti della criminalità organizzata.
La misura di “prevenzione collaborativa” ex art. 94 bis evidenzia, pertanto, sin dalle sue prime applicazioni, importanti risvolti operativi, consentendo l’acquisizione di ulteriori elementi conoscitivi che possono rivelarsi dirimenti soprattutto nelle ipotesi in cui la permeabilità mafiosa appaia dubbia e dai contorni non netti.
Lo stesso Tribunale Amministrativo rileva l’importanza di questo nuovo strumento di prevenzione amministrativa che “ove opportunamente valorizzato, potrebbe costituire una ulteriore forma di anticipazione della tutela in chiave di tempestiva ripresa dell’attività economica dell’impresa sul libero mercato”, evitando le deflagranti conseguenze sull’impresa attinta da interdittiva antimafia, con riguardo alla perdita dei requisiti di partecipazione ad una gara pubblica o di pubblici finanziamenti non accantonati, in caso di accertata illegittimità ex post dell’interdittiva ovvero dell’occasionalità del contagio mafioso; l’ammissione al controllo giudiziario non sana, infatti, retroattivamente la perdita dell’aggiudicazione delle commesse e dell’attribuzione dei finanziamenti pubblici.
In tale prospettiva, al fine di non frustare l’effettività della tutela giurisdizionale e, altresì, garantire che le risorse economiche dello Stato vengano erogate a favore di società scevre da qualsivoglia legame con la criminalità organizzata, il T.a.r. prospetta de iure condendo la previsione di un termine di “stand-still” per la stazione appaltante/P.A. erogatrice dei contributi pubblici, nelle more del vaglio del Tribunale della Prevenzione, sottolineando l’opportunità che detto termine sia ancorato a quello fissato dal Tribunale ordinario per decidere sull’istanza di controllo.
In conclusione, atteso il parallelismo sistemico delle due misure di prevenzione ex artt. 34 bis e 94 bis, si ritiene coerente la scelta legislativa di “trasferire” in capo all’Autorità Amministrativa i poteri delineati dall’art. 94 bis, atteso che é la stessa Prefettura, grazie al supporto delle forze di polizia (Gruppo interforze), a seguire nel procedimento di rilascio delle certificazioni antimafia l’indagine circa il grado di inquinamento mafioso delle imprese. Inoltre, la nuova misura di prevenzione prefettizia rivela positivi risvolti anche in un’ottica deflattiva del contenzioso, recidendo quella sorta di automatismo che vedeva le imprese, attinte da interdittiva, ricorrere in modo pressoché sistematico al TAR, in un pericoloso circolo vizioso, al fine di chiedere – ed essere poi ammesse – al beneficio di cui all’art. 34bis.
Vice Prefetto Aggiunto Dott.ssa Roberta Molè – Prof. Avv. Michele Pappone
Già autori del Codice dell’Attività Prefettizia, Key Editore, 2021 (in corso di pubblicazione nuova edizione)