Le ordinanze su strade comunali ex art. 6 E 7 del Codice della Strada: questioni competenziali

Avv. Carmela Puzzo

Com’è noto il potere di ordinanza in materia di strade comunali è distribuito dal legislatore tra Sindaco, dirigente del settore lavori pubblici e comandante della polizia municipale a seconda della materia che viene trattata.
Ciò pone sovente il problema dell’individuazione del soggetto competente all’emanazione delle ordinanze.
Sotto il profilo competenziale dubbi sono sorti nella pratica in ordine all’adozione delle ordinanze disciplinate dagli articoli 6 e 7 del Codice della Strada.
Come noto, l’art. 6 del Codice della strada al comma 4 precisa che l’ente proprietario della strada può con ordinanza motivata resa nota al pubblico mediante i prescritti segnali, disporre:
– per il tempo strettamente necessario la sospensione della circolazione di tutte o di alcune categorie di utenti per motivi di incolumità pubblica ovvero per urgenti e improrogabili motivi attinenti alla tutela del patrimonio stradale o ad esigenze di carattere tecnico;
‑ stabilire obblighi, divieti e limitazioni di carattere temporaneo o permanente per ciascuna strada o tratto di essa, o per determinate categorie di utenti, in relazione alle esigenze della circolazione o alle caratteristiche strutturali delle strade;
– vietare o limitare o subordinare al pagamento di una somma il parcheggio o la sosta dei veicoli.

Il comma 5 dell’art. 6 individua nel Sindaco il soggetto deputato ad emanare le ordinanze di cui al comma 4 quando riguardano le strade comunali e le strade vicinali.
La seconda delle citate disposizioni statuisce che “nei centri abitati i Comuni possono, con ordinanza del Sindaco limitare la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli per accertate e motivale esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale”.
Segnatamente, il comma 9 dell’art. 7 prevede che “i Comuni, con deliberazione della Giunta, provvedono a delimitare le aree pedonali e le zone a traffico limitato tenendo conto degli effetti del traffico sulla sicurezza della circolazione, sulla salute, sull’ordine pubblico, sul patrimonio ambientale e culturale e sul territorio.
In caso di urgenza il provvedimento potrà essere adottato con ordinanza del Sindaco ancorché di modifica o di integrazione della deliberazione della Giunta”.
Al di là della lettera della norma la su indicata competenza del Sindaco e della Giunta, non appare del tutto pacifica in giurisprudenza soprattutto dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 267 del 2000, che ha sancito il principio generale di separazione tra gli atti di indirizzo riservati agli organi di governo dell’ente e gli atti di gestione attribuiti alla dirigenza o ai responsabili dei servizi.
L’art. 107, comma 5, del D.Lgs. n. 267 del 2000 stabilisce che “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I, Titolo III l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall’art. 50, comma 3, e dall’art. 54”.
Sul punto in giurisprudenza si registra un orientamento minoritario secondo cui non vi è alcuna ragione per ritenere che la disciplina del codice della strada non sia compresa tra quelle per cui la competenza sia passata automaticamente ai dirigenti ai sensi dell’art. 107, comma 5 del Tuel. Ed invero, dal complesso della normativa si ricava che tutte le attribuzioni del Sindaco debbano essere previste espressamente, mentre la competenza generale è del dirigente. Non vi è alcuna competenza espressa in materia di regolamentazione della circolazione stradale, né si può ritenere che si tratti di atti di indirizzo politico.[1]
La prevalente giurisprudenza amministrativa sostiene al contrario che le norme in questione sebbene di epoca anteriore rispetto alle disposizioni di cui all’art. 107 del Tuel in materia di competenza della dirigenza degli Enti locali, restano comunque successive rispetto all’introduzione nell’ordinamento del principio di separazione tra compiti degli organi di governo e compiti dei dirigenti, a suo tempo introdotta già con la legge 8 giugno 1990, n. 142; deve pertanto ritenersi che, rispetto al predetto principio, le disposizioni del codice della strada assumono valore di legge successiva e, come tali, ben potevano proporsi come fattispecie derogatorie rispetto al preesistente principio di attribuzione di siffatte competenze alla dirigenza.[2]
A quest’ultimo orientamento, seppure con talune interessanti precisazioni, ha prestato adesione il Ministero dell’Interno a seguito di richiesta di parere avanzata da un ente locale[3].
A giustificazione della competenza sindacale delle ordinanze previste dagli articoli 6 e 7 del codice della strada il Ministero dell’Interno muove dalla stessa natura giuridica di tali provvedimenti, premurandosi di evidenziare che le stesse nella misura in cui regolamentano la circolazione sulle strade comunali disponendo obblighi, divieti, limitazioni, prescrizioni etc. sono ordinanze che hanno carattere “regolamentare” o “normativo” e si rivolgono ad una pluralità indifferenziata e non determinabile a priori di soggetti e a casi o situazioni generali ed astratte, contenendo, per così dire, una disciplina generale del traffico ad efficacia indeterminata e permanente, cioè valide fino a che non intervenga un successivo provvedimento che disciplini diversamente la materia o che ne dichiari la cessazione degli effetti.
Nel disciplinare tali ordinanze il legislatore non ha inciso in maniera penetrante, ma ha lasciato ampi spazi di discrezionalità applicativa da parte degli enti locali, sia pure entro i limiti e gli indirizzi fissati dalle norme.
Tali ordinanze essendo assunte nello svolgimento di poteri ampiamente discrezionali, che trascendono l’ordinaria attività gestionale degli organi burocratici, sono state opportunamente conservate alla competenza degli organi di governo dell’Ente per la loro natura e il tipo di potere che presuppongono, che non rientra nella normale gestione amministrativa.

[1] Sentenza del Tar Piemonte, Sez. I, N. 2000 DEL 2002.

[2] Sentenza del Tar Campania, Sez. I, 19 gennaio 2005, n. 1323.

[3] Parere del Ministero dell’Interno 11 aprile 2005.

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