di Giorgio Lezzi.
Gli effetti della normativa volta al contrasto del COVID-19 sulle gare pubbliche: considerazioni critiche
La copiosa normativa di natura emergenziale recentemente emanata al fine di contrastare la diffusione del COVID-19 non ha risparmiato neppure il settore delle procedure di gara finalizzate all’affidamento dei contratti pubblici.
Tuttavia, si può sostenere che i più rilevanti effetti che si sono prodotti su tali procedure sono stati procurati quasi “ad insaputa” del Legislatore.
In particolare, va rilevato che il d.l. 17/3/2020 n. 18 (c.d. Cura Italia), all’art. 103, c. 1, ha (semplicemente) stabilito che “Ai fini del computo dei termini ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi su istanza di parte o d’ufficio, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, non si tiene conto del periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020”.
Tale previsione è stata successivamente interessata dall’art. 37 del d.l. 8 aprile 2020, n. 23, il quale ha statuito che “Il termine del 15 aprile 2020 previsto dai commi 1 e 5 dell’art. 103 del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020 è prorogato al 15 maggio 2020”.
Sulla portata di tale disposizione normativa è dapprima intervenuto il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, che, con propria circolare in data 23 marzo 2020, avente ad oggetto “applicazione dell’articolo 103 del decreto – legge 17 marzo 2020 alle procedure disciplinate dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”, al dichiarato fine di corrispondere alle specifiche richieste di chiarimenti formulate al Ministero dalle stazioni appaltanti dallo stesso dipendenti e vigliate, nonché allo scopo di assicurare un’uniforme interpretazione della disciplina in questione, ha affermato che il citato “articolo 103 prevede l’esclusione, a tutti i procedimenti amministrativi e, dunque, anche alle procedure di appalto o di concessione disciplinate dal decreto legislativo 30 aprile 2016, n. 50”.
A tale convincimento il Ministero è pervenuto affermando “che tali procedure rappresentano la sedes materiae tipica di applicabilità della suddetta disposizione, in quanto in esse la fase di formazione del vincolo contrattuale è retta da regole di diritto pubblico e si sviluppa in una sequenza procedimentale che culmina nell’adozione di un provvedimento di aggiudicazione e nella successiva stipulazione di un contratto. Tale interpretazione è, peraltro, coerente con la ratio legis sottesa alla disposizione di cui trattasi da individuarsi, da un lato, nella necessità di assicurare la massima partecipazione dei soggetti interessati nonostante la situazione emergenziale in atto e, dall’altro, nella necessità di “…evitare che la PA, nel periodo di riorganizzazione dell’attività lavorativa in ragione dello stato emergenziale, incorra in eventuali ritardi o nel formarsi del silenzio significativo”.
Secondo il Ministero, pertanto, l’art. 103 c. 1 del d.l. n. 18/2020 risulterebbe (immediatamente ed automaticamente) applicabile a tutti i termini stabiliti dalle singole disposizioni della lex specialis (esemplificativamente: termini per la presentazione delle domande di partecipazione e/o delle offerte; termini previsti dai bandi per l’effettuazione di sopralluoghi; termini concessi ai sensi dell’art. 83, c. 9, del Codice per il c.d. “soccorso istruttorio”), nonché a quelli eventualmente stabiliti dalle commissioni di gara relativamente alle loro attività.
Quanto agli effetti pratici che ne discenderebbero (probabilmente non ipotizzati neppure dal Legislatore), ciò significherebbe che i termini inerenti le procedure di affidamento di appalti o di concessioni, già pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, dovrebbero ritenersi sospesi sino alla data del 15 maggio 2020, con conseguente necessità, per le stazioni appaltanti, di differire quanto meno di egual durata tutti i termini di presentazione delle offerte.
In tale contesto si è inserita l’ANAC, che, nell’esercizio dei compiti alla stessa attributi dall’art. 213, c. 2, del codice dei contratti pubblici (secondo cui, testualmente, l’Autorità “garantisce la promozione dell’efficienza, della qualità delle stazioni appaltanti”), con propria Delibera del 9/04/2020, n. 312, recante “Prime indicazioni in merito all’incidenza delle misure di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 sullo svolgimento delle procedure di evidenza pubblica di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 e s.m.i. e sull’esecuzione delle relative prestazioni”, ha affermato quanto segue.
Con riferimento alle “Procedure di gara per le quali non si è ancora addivenuti alla pubblicazione del bando di gara, dell’avviso o dell’invito a presentare offerte”, l’Autorità ha rilevato che “Le stazioni appaltanti valutano la necessità o l’opportunità di differire l’avvio delle procedure di gara già programmate tenendo conto dell’urgenza di approvvigionamento, della necessità di prevedere il sopralluogo o la consultazione sul posto di atti o documenti, della complessità delle operazioni richieste per la preparazione delle offerte, dell’esigenza di garantire, in ogni caso, la massima partecipazione alla procedura e di favorire l’agevole adempimento degli oneri di partecipazione, delle difficoltà organizzative interne connesse alla situazione di emergenza. In linea generale, le amministrazioni dovrebbero avviare soltanto le procedure di gara ritenute urgenti e indifferibili, adottando tutte le cautele volte a favorire la massima partecipazione e garantire la par condicio tra i concorrenti”.
Con riferimento, invece, alle “Procedure di selezione in corso di svolgimento” (quelle, cioè, che maggiori criticità presentano ai fini dell’applicazione dell’art. 103, c. 1, cit.), l’Autorità ha affermato che “Le stazioni appaltanti danno atto con avviso pubblico riferito a tutte le gare: 2.1 della sospensione dei termini disposta dall’articolo 103 del decreto-legge n. 18 del 17/3/2020, così come modificato dall’articolo 37 del decreto-legge n. 23 dell’8/4/2020, chiarendo che detta sospensione si applica a tutti i termini stabiliti dalle singole disposizioni della lex specialis e, in particolare sia a quelli “iniziali” relativi alla presentazione delle domande di partecipazione e/o delle offerte, nonché a quelli previsti per l’effettuazione di sopralluoghi, sia a quelli “endoprocedimentali” tra i quali, a titolo esemplificativo, quelli relativi al procedimento di soccorso istruttorio e al sub-procedimento di verifica dell’anomalia e/o congruità dell’offerta; 2.2 della nuova scadenza dei termini già assegnati così come ricalcolata con applicazione della sospensione di cui al citato decreto-legge, specificando che alla conclusione del periodo di sospensione (cioè dal 16 maggio 2020) i termini suindicati riprenderanno a decorrere per il periodo residuo”.
Solo in via residuale, l’ANAC ha dato atto in tale provvedimento “2.4 della possibilità per la stazione appaltante, laddove il tipo di procedura e la fase della stessa lo consentano, di determinarsi per la disapplicazione della sospensione di alcuni [NdR: la sottolineatura è di chi scrive] termini di gara previsti a favore dei concorrenti, precisando per quali termini conseguenti resta ferma l’applicazione dell’articolo 103, comma 1, del decreto-legge n. 18/2020, così come modificato dall’articolo 37 del decreto-legge n. 23 dell’8/4/2020”.
Il contenuto di tale delibera è stato letto (obiettivamente: non a torto, data la precisa portata del provvedimento) come una sorta di indicazione generalizzata al differimento delle procedure di gara da indire e di proroga ex lege di tutti i termini previsti dalle gare già avviate, il che ha creato rilevanti problemi alle stazioni appaltanti che – oggi più che mai – intendono rendersi parte attiva nella fase di rilancio dell’economia del Paese.
È nell’ambito di tale situazione che la stessa ANAC, con propria nota in data 20/04/2020, ha sentito la necessità di precisare “di non avere mai chiesto la sospensione di dette procedure [di gara]. In considerazione della situazione attuale, Anac si è limitata a suggerire l’opportunità di differire l’avvio delle procedure di gara già programmate e di avviare soltanto quelle “ritenute urgenti e indifferibili, assicurando tuttavia la massima pubblicità e trasparenza delle determinazioni adottate”, rilevando, contestualmente, che “l’Autorità con la segnalazione 4/2020 ha sollecitato Governo e Parlamento a individuare misure ad hoc in vista della cd. “fase 2”, in modo da scongiurare che l’applicazione delle disposizioni adottate in via generale per i procedimenti amministrativi possa comportare rilevanti problemi applicativi al settore”.
Ad ogni modo, la conseguenza pratica che molte stazioni appaltanti hanno dovuto affrontare negli ultimi giorni è stata quella di valutare la (presunta) necessità di provvedere all’automatico differimento delle gare, motivata proprio dal contenuto della circolare del MIT e della delibera ANAC n. 312/2020, e ciò a scapito delle numerose associazioni di categoria che chiedono con vigore di poter riattivare (e anzi incrementare) il volume dei contratti pubblici, quale forma di incentivo alla ripresa economica.
Di certo si può affermare che mai come in questo difficile momento sia opportuno che ciascuno faccia la propria parte, anche a livello istituzionale, soppesando e valutando al meglio gli effetti – a volte probabilmente non voluti – derivanti dal proprio operato, perché vi è il rischio che nel prossimo futuro non ci sarà la possibilità di porre rimedio agli effetti negativi di natura economica potenzialmente procurabili nella presente fase, quella maggiormente critica in cui diversi operatori economici rischiano di uscire definitivamente dal mercato.