7. La revisione periodica degli statuti e dei regolamenti comunali e provinciali

IL PUNTO N. 7

Prof. Vittorio Italia

Ogni opera umana richiede periodici controlli ed una revisione della sua struttura e del suo funzionamento. Ciò è stabilito, come esempio, per il controllo ed il “tagliando” degli autoveicoli, ma vale anche per le leggi, e – nell’ambito degli Enti locali – per gli statuti ed i regolamenti comunali e provinciali.

Gli statuti dei Comuni e delle Province risalgono a circa tre decenni fa, e non sono stati modificati ed aggiornati tranne che per qualche piccolo ritocco. Una situazione ancora più criticabile riguarda i regolamenti locali, alcuni dei quali sono rimasti immutati da tempo ancora maggiore, mentre appare necessario un loro completo rinnovamento, specie alla luce dei nuovi princìpi inseriti nelle leggi dello Stato, nelle Direttive e nei Trattati europei. Si tratta di una revisione che incide sull’intelaiatura giuridica dell’Ente locale, e che è quindi destinata ad avere conseguenze per gli anni successivi.

Si deve però aggiungere che il procedimento per la revisione e l’aggiornamento degli statuti e dei regolamenti degli Enti locali è complesso, e richiede una preparazione ed una riflessione politico-amministrativa da parte delle forze politiche di ogni Comune ed ogni Provincia. Infatti, per lo statuto vi è un procedimento “aggravato”, simile al cambiamento delle norme della Costituzione di cui all’art. 138 Cost. Il procedimento per la modifica e l’aggiornamento dei regolamento è meno complesso, ma esso è dipendente dalle modifiche dello statuto, che il regolamento (ai sensi dell’articolo 7 del d.lgs. 267/2000) deve “rispettare”.

Il procedimento della modificazione dello statuto del Comune e della Provincia deve poi tenere conto di alcune recenti posizioni del Consiglio di Stato, che nel parere 129/2021 ha stabilito che in base all’art. 6, comma 4, del d.lgs. 267/2000, ai fini del quorum necessario dei due terzi dei consiglieri assegnati, deve essere calcolato anche il Sindacoa meno che ciò non sia espressamente escluso dalle disposizioni normative. Secondo questo importante e condivisibile parere, la presenza ed il voto del Sindaco sono quindi necessari per le modificazioni statutarie, e – si ritiene qui di affermare – anche per la modificazione dei regolamenti locali.

Come “vi è un tempo per ogni cosa”, così vi è un tempo per le modifiche e l’aggiornamento delle regole di base della vita amministrativa locale, ed il tempo per queste modificazioni è maturo. Appare perciò necessario che si proceda all’aggiornamento e alla conseguente solidificazione delle strutture amministrative locali, tenendo conto dei problemi che riguardano gli Enti locali (ad es., sanità, lotta all’inquinamento, turismo, sviluppo economico, ecc.), che devono essere risolti nell’equilibrio politico-amministrativo locale.

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Statuti e Regolamenti , strumenti di autonomia normativa e gestionale 

Avv. Lorenzo Camarda

Premessa

Tra le novità più interessanti attorno alle quali ruota la riforma delle autonomie locali rispettivamente si collocano l’introduzione dello Statuto, che si configura come la “carta di identità” del Comune, e la reinvenzione dei regolamenti che da meri strumenti esecutivi della legge diventano regolamenti anche di autonomia normativa e gestionale.

Lo Statuto

     “ I comuni e le province adottano il proprio statuto” (art. 6, comma 1, TUEL). Dalla norma si evince che lo Statuto è un atto obbligatorio che il Comune deve adottare per stabilire ( fissare, rendere stabili )  le norme fondamentali dell’organizzazione dell’ente civico, così come prevede il comma 2, dello stesso articolo 6, TUEL. Dunque, oltre che obbligatorio lo Statuto è anche uno strumento imprescindibile di organizzazione,  cioè deve dettare norme che delineino la fisonomia gestionale dell’ente, sia essa prevalentemente identificativa del Comune come ente erogatore di servizi in house o in outsourcing. Dalla cui scelta dipende l’ organizzazione interna dell’ente: con una burocrazia più ampia nel primo caso, più snella nel secondo. Con tutte le conseguenze che derivano sotto il profilo della gestione del personale e dei controlli che sono necessariamente diversi a secondo dell’opzione esercitata. Pertanto la scelta deve, a mio giudizio, essere di competenza dello Statuto dell’ente.

I regolamenti

“ Nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dallo statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l’organizzazione e… degli uffici e per l’esercizio delle funzioni” ( art. 7, comma 1, TUEL)

Preliminarmente si evidenzia che i regolamenti delle autonomie locali si differenziano dai regolamenti del regime previgente. Questi ultimi sono diretti eredi della legge fondamentale del 1865 e pertanto, almeno “temporaneamente”, dovevano assolvere la funzione di “mantenere unito” lo Stato italiano appena nato. Se ne fece una ragione persino il conte di Cavour, peraltro convinto assertore del “self government” che diede vita ad un assetto burocratico centralista di matrice napoleonica. Seguendo questa logica i regolamenti si configuravano come meri strumenti di esecuzione della legge. Diversi sono, invece, i regolamenti promossi dalla autonomia locale che hanno il potere di dettare delle norme autonome, anche di natura gestionale, non sempre vincolati alle disposizioni di legge.

Fermando l’attenzione sul comma 1, art. 7, TUEL, la norma prevede che  il regolamento, in quanto rispettoso “dei principi fissati dalla legge” non possa stabilire alcunché che sia in contrasto e neppure di diverso dai principi della legge (TUEL) ed inoltre sia conforme alle norme dello Statuto. In questo ambito il Regolamento può normare in autonomia. Il Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi si configura come uno strumento di gestione celere in quanto la sua approvazione avviene con delibera di Giunta comunale (art. 48, comma 3, TUEL), fatti salvi “i criteri generali stabiliti dal Consiglio”, come previsto in chiusura dell’ art. 48, comma 3, citato.

Rapporto tra Statuto e Regolamento

Come si ricava dall’impianto normativo, come confermato nella prassi amministrativa, manca un preciso criterio idoneo a delimitare l’area di autonomia del Regolamento rispetto allo Statuto. In linea generale, stando al regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, è plausibile sostenere che mentre lo Statuto esercita la propria autonomia nell’indicare la fisionomia gestionale dell’ente ( prevalenza dei servizi gestiti in house rispetto ai servizi gestiti in outsourcing ) al Regolamento  compete normare la mappatura dei poteri in funzione dei budget assegnati ai singoli dirigenti.

Conclusioni

E’ questa, a parere di chi scrive, la logica gestionale che si ricava dalla scelta del legislatore di attribuire al Consiglio il compito di tracciare le linee di indirizzo generale e alla Giunta l’approvazione del Regolamento. Infatti, stante la variabilità degli obiettivi da raggiungere nel PEG annuale,  la filosofia gestionale che permea l’intero impianto della riforma, assicura alla Giunta, organo esecutivo, la possibilità di agire agevolmente sul Regolamento degli uffici e dei servizi (inteso come strumento gestionale) senza pregiudicare la gestione che risulterebbe appesantita allorquando gli strumenti di gestione si prestassero ad essere oggetto di interdizione politica.

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