Incompatibilità tra l’impiego pubblico ed altre attività

Note alla Ordinanza della Cassazione – Sezione Lavoro – n. 27420 del 1.12.2020

Disciplina delle incompatibilità tra l’impiego pubblico ed altre attività, chiarita esaminando il caso specifico di un dipendente di ente pubblico territoriale, che risultava socio ed amministratore di azienda agricola

Nell’ordinanza in commento la Suprema Corte torna a prendere in esame la questione delle incompatibilità fra l’impiego pubblico – nel caso di specie, presso un Comune – ed altre attività, precisando che la relativa disciplina è distribuita fra fonti primarie e – ma solo in via residuale – contrattazione collettiva nazionale.

La materia è stata infatti espressamente sottratta alla regolamentazione pattizia dalla L. Delega 421/1992, che all’art. 2, c.1, lett c)[1] la ha sottoposta a riserva di legge. Come sottolinea la Corte, tale riserva deriva dalla “necessità di preservare i principi di buon andamento della pubblica amministrazione e di esclusività della prestazione del pubblico dipendente, entrambi costituzionalmente previsti, rispettivamente dagli artt. 97, comma 1 e 98 comma 1 Cost., e quindi di attuarli in modo omogeneo per tutti i rapporti di lavoro dei comparti del pubblico impiego, interessati o meno alla depubblicizzazione”.

La portata dell’ordinanza è quindi molto ampia e supera i confini dell’impiego nel comparto Regioni-Enti Locali – oggi Funzioni Locali – essendo riferibile a tutti i pubblici impiegati, compreso quelli il cui rapporto è rimasto pubblico e non rientra nella disciplina del TUPI.

Per tutti, la norma di riferimento è l’art. 53 D.Lgs 165/01[2], che sancisce l’ultravigenza appunto per tutti i pubblici dipendenti, centrali e locali, privatizzati e non, dei risalenti artt. da 60 a 64 del DPR 3 del 1957. Tale normativa ha carattere cogente, come più volte ribadito dalla giurisprudenza della Suprema Corte, recentemente anche delle Sezioni Unite, che, nella sentenza n. 25369 dell’11.11.2020, ribadiscono la cogenza di tale normativa, anche in considerazione del diritto comunitario: “ormai da tempo in ambito UE e OIL si sostiene che le Pubbliche Amministrazioni sono determinanti per la reputazione e quindi l’affidabilità dello Stato, requisiti che, a loro volta, hanno grande rilevanza dal punto di vista economico. Pertanto, grazie alle suddette sollecitazioni anche nel nostro ordinamento si è diffusa l’esigenza di puntare su Pubbliche Amministrazioni organizzate in modo da tutelare sia la salute e la sicurezza dei lavoratori sia la “salus” di tutto il contesto lavorativo, quindi la legalità e l’etica di tale contesto e – tramite il lavoro pubblico – la legalità e l’etica dello Stato, per dare migliore attuazione al disegno dei nostri Costituenti e, in particolare, agli artt. 97 e 98 Cost. A questa logica risponde, per quel che qui interessa, la disciplina generale in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi del lavoro pubblico contrattualizzato, originariamente contenuta nel D. Lgs 29 del 1993, art. 58 ed ora dettata dal D. Lgs. N.165 del 2001, art. 53e s.m.i. attualmente vigente”

Già la recente sentenza Cass. N. 12626 del 25.6.2020 sottolineava: “ è stato già affermato da questa Corte, e deve essere qui ribadito, che l’obbligo di esclusività, desumibile dal richiamato art. 53, ha particolare rilievo nel rapporto di impiego pubblico perchè trova il suo fondamento costituzionale nell’art. 98 Cost, con il quale il legislatore costituente, nel prevedere che “i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”, ha voluto rafforzare il principio di imparzialità di cui all’art. 97 Cost., sottraendo il dipendente pubblico dai condizionamenti che potrebbero derivare dall’esercizio di altre attività (fra le più recenti Cass. N. 3467/2019, n. 427/2019, che richiama Cass. 20880/2018, Cass. (n. 28797/2017; Cass. n. 722/2017, Cass. N. 28975/2017).. la “ratio” che ispira la disposizione orienta nell’interpretazione della stessa, che va compiuta tenendo conto dell’intera disciplina dettata dalla medesima e non certo dalle circolari ….., che …. non costituiscono fonti del diritto e dalle quali ….non è nemmeno possibile ricavare alcun canone ermeneutico della legge (art. 12 disp. gen.); il comma 7 è chiaro nel vietare al dipendente lo svolgimento di incarichi non autorizzati e nell’affermare la rilevanza disciplinare della violazione del divieto ed in considerazione di ciò si giustifica il potere sostitutivo previsto dal comma 10, finalizzato a rendere possibile l’accettazione dell’incarico autorizzabile e lo svolgimento dello stesso, una volta ottenuta l’autorizzazione, anche in caso di inerzia del conferente…”

La disciplina vigente prevede tre diverse tipologie di attività: quelle assolutamente escluse e dunque non autorizzabili, indicate dall’art. 60 DPR 3/1957[3]; quelle consentite, anche senza autorizzazione, indicate dal comma 6 dell’art. 53 e quelle consentite solo previa autorizzazione.

Come precisato nella ordinanza in commento, la previsione di cui all’art. 60 DPR 3/57, che individua le attività “escluse”, è molto ampia e ricomprende tutte le attività che abbiano carattere di abitualità e professionalità, idonei a disperdere all’esterno le energie lavorative del dipendente pubblico, che invece il legislatore vuole conservare in via esclusiva a vantaggio della PA. La Corte ritiene quindi che essa ricomprenda qualsiasi attività, anche se non precipuamente indicata dalla norma di riferimento, in particolare, per il caso in esame, anche l’attività agricola. Per ricomprendervi anche siffatta attività, la Corte dà una interpretazione dell’art. 60 in senso evolutivo, che tenga conto della realtà attuale, ben diversa da quella che si registrava quando la norma era stata promulgata, in cui la struttura economico-sociale del Paese vedeva praticamente tutte le famiglie coinvolte, in qualche modo, nell’agricoltura. Oggi il contesto sociale è estremamente mutato ed anche l’attività agricola ha assunto caratteri imprenditoriali, come ben chiarito dalla L. 153/1975, di “Attuazione delle direttive del Consiglio delle Comunità Europee per la riforma dell’Agricoltura”, riferibili non solo alla persona fisica, ma anche a una società, di persone, o di capitali, o cooperativa, la “società agricola” di cui all’art. 2 D.Lgs 99/2004.

Concludendo, se il criterio guida per identificare l’attività incompatibile con l’impiego pubblico a tempo pieno è la sua interferenza sull’attività ordinaria del pubblico dipendente, che non deve essere comunque distolto da tale sua prestazione di lavoro pubblico, svolta al servizio della Nazione, anche la partecipazione in imprese agricole – che sono quelle cui un soggetto dedichi almeno 2/3 del proprio tempo-lavoro complessivo e da cui ricavi almeno 2/3 del proprio reddito globale da lavoro (cfr. art. 12 L 153/75) – non può che rientrare fra quelle non esercitabili, ai sensi dell’ancora vigente art. 60 DPR 3/57.

Si sottolinea peraltro che anche lo svolgimento di attività che possono essere esercitate previa autorizzazione è visto dalla giurisprudenza oggi prevalente con notevole rigore, tanto che si ritiene che anche un’autorizzazione intervenuta a posteriori non possa sanarne a posteriori l’esercizio, iniziato illegittimamente. Così pronuncia, fra le altre, la sentenza Cassazione n. 11811 del 18.6.2020: In tema di pubblico impiego privatizzato, l’espletamento di incarichi retribuiti da parte dei dipendenti della P.A. è condizionato al rilascio dell’autorizzazione preventiva da parte dell’amministrazione di appartenenza, il cui scopo è di verificare, necessariamente “ex ante”, l’insussistenza di situazioni anche potenziali, di conflitto di interessi, sicché l’illecito non può essere sanato da un’autorizzazione intervenuta successivamente al conferimento dell’incarico.

[1] Stralcio art. 2, c.1, lett.c) L. 421/92: “Il Governo della Repubblica e’ delegato a emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge uno o piu’ decreti legislativi, diretti al contenimento, alla razionalizzazione e al controllo della spesa per il settore del pubblico impiego, al miglioramento dell’efficienza e della produttivita’, nonche’ alla sua riorganizzazione; a tal fine e’ autorizzato a:………..c) prevedere l’affidamento delle controversie di lavoro riguardanti i pubblici dipendenti, cui si applica la disciplina di cui al presente articolo, escluse le controversie riguardanti il personale di cui alla lettera e) e le materie di cui ai numeri da 1) a 7) della presente lettera, alla giurisdizione del giudice ordinario secondo le disposizioni che regolano il processo del lavoro, a partire dal terzo anno successivo alla emanazione del decreto legislativo e comunque non prima del compimento della fase transitoria di cui alla lettera a); la procedibilita’ del ricorso giurisdizionale resta subordinata all’esperimento di un tentativo di conciliazione, che, in caso di esito positivo, si definisce mediante verbale costituente titolo esecutivo. Sono regolate con legge, ovvero, sulla base della legge o nell’ambito dei principi dalla stessa posti, con atti normativi o amministrativi, le seguenti materie: 1) le responsabilita’ giuridiche attinenti ai singoli operatori nell’espletamento di procedure amministrative; 2) gli organi, gli uffici, i modi di conferimento della titolarita’ dei medesimi; 3) i principi fondamentali di organizzazione degli uffici; 4) i procedimenti di selezione per l’accesso al lavoro e di avviamento al lavoro; 5) i ruoli e le dotazioni organiche nonche’ la loro consistenza complessiva. Le dotazioni complessive di ciascuna qualifica sono definite previa informazione alle organizzazioni sindacali interessate maggiormente rappresentative sul piano nazionale; 6) la garanzia della liberta’ di insegnamento e l’autonomia professionale nello svolgimento dell’attivita’ didattica, scientifica e di ricerca; 7) la disciplina della responsabilita’ e delle incompatibilita’ tra l’impiego pubblico ed altre attivita’ e i casi di divieto di cumulo di impieghi e incarichi pubblici;

[2] Stralcio D. Lgs. 165/01, Art. 53 – Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi (A) (Art. 58 del d.lgs n. 29 del 1993, come modificato prima dall’art. 2 del decreto legge n. 358 del 1993, convertito dalla legge n. 448 del 1993, poi dall’art. 1 del decreto legge n. 361 del 1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 437 del 1995, e, infine, dall’art. 26 del d.lgs n. 80 del 1998, nonché dall’art. 16 del d.lgs n. 387 del 1998): “ 1. Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957 n.3 , salva la deroga prevista dall’articolo 23-bis del presente decreto, nonché, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall’articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 marzo 1989 n.117 e dall’articolo 1, commi 57 e seguenti della legge 23 dicembre 1996 n. 662. Restano ferme altresì le disposizioni di cui agli articoli 267, comma 1, 273, 274, 508 nonché 676 del decreto legislativo 16 aprile 1994 n. 297, all’articolo 9, commi 1 e 2 della legge 23 dicembre 1992 n. 498, all’articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991 n. 412, ed ogni altra successiva modificazione ed integrazione della relativa disciplina (1) (2) . 1-bis. Non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni (3) . 2. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati (4). 3. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti, da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988, n.400, sono individuati gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato, sentiti, per le diverse magistrature, i rispettivi istituti. 3-bis. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti emanati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con i Ministri interessati, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sono individuati, secondo criteri differenziati in rapporto alle diverse qualifiche e ruoli professionali, gli incarichi vietati ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2 (5). 4. Nel caso in cui i regolamenti di cui al comma 3 non siano emanati, l’attribuzione degli incarichi è consentita nei soli casi espressamente previsti dalla legge o da altre fonti normative. 5. In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall’amministrazione, nonché l’autorizzazione all’esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgano attività d’impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell’interesse del buon andamento della pubblica amministrazione o situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi, che pregiudichino l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente (6) . 6. I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, compresi quelli di cui all’articolo 3, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali. Sono nulli tutti gli atti e provvedimenti comunque denominati, regolamentari e amministrativi, adottati dalle amministrazioni di appartenenza in contrasto con il presente comma. Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. Sono esclusi i compensi e le prestazioni (7):

a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;

b) dalla utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali;

c) dalla partecipazione a convegni e seminari;

d) da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;

e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;

f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita.

f-bis) da attivita’ di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione nonche’ di docenza e di ricerca scientifica (8) .

7. I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti (9) . 7-bis. L’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilita’ erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti (10). 8. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Salve le più gravi sanzioni, il conferimento dei predetti incarichi, senza la previa autorizzazione, costituisce in ogni caso infrazione disciplinare per il funzionario responsabile del procedimento; il relativo provvedimento è nullo di diritto. In tal caso l’importo previsto come corrispettivo dell’incarico, ove gravi su fondi in disponibilità dell’amministrazione conferente, è trasferito all’amministrazione di appartenenza del dipendente ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti. 9. Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. In caso di inosservanza si applica la disposizione dell’articolo 6, comma 1, del decreto legge 28 marzo 1997 n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997 n. 140 e successive modificazioni ed integrazioni. All’accertamento delle violazioni e all’irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza, secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981 n. 689, e successive modificazioni ed integrazioni. Le somme riscosse sono acquisite alle entrate del Ministero delle finanze (11) . 10. L’autorizzazione, di cui ai commi precedenti, deve essere richiesta all’amministrazione di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o privati, che intendono conferire l’incarico; può, altresì, essere richiesta dal dipendente interessato. L’amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta stessa. Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza, l’autorizzazione è subordinata all’intesa tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere è per l’amministrazione di appartenenza di 45 giorni e si prescinde dall’intesa se l’amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte dell’amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere, l’autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente negata. 11. Entro quindici giorni dall’erogazione del compenso per gli incarichi di cui al comma 6, i soggetti pubblici o privati comunicano all’amministrazione di appartenenza l’ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici (12) .12. Le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l’indicazione dell’oggetto dell’incarico e del compenso lordo, ove previsto. [La comunicazione e’ accompagnata da una relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell’autorizzazione, i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai principi di buon andamento dell’amministrazione, nonché le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa. Entro il 30 giugno di ciascun anno e con le stesse modalità le amministrazioni che, nell’anno precedente, non hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche se comandati o fuori ruolo, dichiarano di non aver conferito o autorizzato incarichi] (13) .13. Le amministrazioni di appartenenza sono tenute a comunicare tempestivamente al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica [o su apposito supporto magnetico] , per ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, i compensi [, relativi all’anno precedente,] da esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto comunicazione dai soggetti di cui al comma 11 (14) .14. Al fine della verifica dell’applicazione delle norme di cui all’articolo 1, commi 123 e 127 della legge 23 dicembre 1996 n.662 e successive modificazioni e integrazioni, le amministrazioni pubbliche sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica, tempestivamente e comunque nei termini previsti dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, i dati di cui agli articoli 15 e 18 del medesimo decreto legislativo n. 33 del 2013, relativi a tutti gli incarichi conferiti o autorizzati a qualsiasi titolo. Le amministrazioni rendono noti, mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l’oggetto, la durata e il compenso dell’incarico nonche’ l’attestazione dell’avvenuta verifica dell’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Le informazioni relative a consulenze e incarichi comunicate dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica, nonche’ le informazioni pubblicate dalle stesse nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica ai sensi del presente articolo, sono trasmesse e pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici. Entro il 31 dicembre di ciascun anno il Dipartimento della funzione pubblica trasmette alla Corte dei conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui al terzo periodo del presente comma in formato digitale standard aperto. Entro il 31 dicembre di ciascun anno il Dipartimento della funzione pubblica trasmette alla Corte dei conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di effettuare la comunicazione, avente ad oggetto l’elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza (15). 15. Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi da 11 a 14 non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9 (16). 16. Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 dicembre di ciascun anno, riferisce al Parlamento sui dati raccolti, adotta le relative misure di pubblicità e trasparenza e formula proposte per il contenimento della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei criteri di attribuzione degli incarichi stessi (17) .16-bis. La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica può disporre verifiche del rispetto delle disposizioni del presente articolo e dell’articolo 1, commi 56 e seguenti, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per il tramite dell’Ispettorato per la funzione pubblica. A tale fine quest’ultimo opera d’intesa con i Servizi ispettivi di finanza pubblica del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (18) .16-ter. I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è’ fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti (19).

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[1] Comma rettificato con comunicato 16 ottobre 2001(in Gazz. Uff., 16 ottobre 2001, n. 241), e successivamente modificato dall’art. 3 L.15 luglio 2002, n.145

[2] In riferimento al presente articolo vedi: Circ. CNR 5.4.2013, n. 13

[3] Comma inserito dall’art. 52, c.1, lett.a) D.Lgs. 150/09. In riferimento al presente comma vedi: Circolare Presidenza Consiglio Ministri 11/2010

[4] Vedi art. 52 c.67, L. 448/2001

[5] Comma inserito dall’art. 1, c.42 lett. a) L 190/92

[6] Comma modificato dall’art. 1, c.42 lett. b) L. 190/12

[7] Alinea modificato dall’art. 2, c. 13 quinquies, lett.a) DL 101/13, convertito, con modificazioni, dalla L. 125/2013, successivamente dall’art. 15, c.2bis DL 76/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. 120/2020 e da ultimo dall’art. 15, c.2 DL 76/2020, convertito con modificazioni dalla L. 120/2020.

[8] Lettera aggiunta dall’art. 7 novies DL 7/2005 e, successivamente, modificata dall’art. 2, c.13 quinquies, lett. b) DL 101/13, convertito, con modificazioni, dalla L. 125/2013

[9] Comma modificato dall’art. 1, c.42 lett.c) L. 190/2012

[10] Comma inserito dall’art. 1, c.42 lett.d) L. 190/12

[11] Comma modificato dall’art. 1, c.42 lett.c) L. 190/12

[12] Comma sostituito dall’art. 1, c.42 lett.e) L. 190/12.

[13] Comma modificato dall’art. 1, c.42 lett.f) L. 190/12 e successivamente dall’art. 8, c.1 lett.a) D.Lgs 75/2017.

[14] Comma modificato dall’art. 1, c.42 lett.g) L. 190/12e successivamente dall’art. 8, c.1 lett.b) D. Lgs. 75/2017

[15] Comma modificato dall’art. 34 DL 223/2006 e successivamente dall’art. 61, c.4 DL 112/2008, come modificato dalla L. 133/2008, in sede di conversione, dall’art. 1, c.42 lett.h) e lett.i) L. 190/12 e da ultimo dall’art. 8,c.1, lett.c) DLgs 75/2017.

[16] La Corte Costituzionale, con sentenza 29 aprile 2015 (in Gazz. Uff., 10 giugno 2015, n. 23), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui prevede che «I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9».

[17] Comma modificato dall’art. 34 DL 223/2006.

[18] Comma aggiunto dall’art. 47 DL 112/2008 e successivamente sostituito dall’art. 52, c.1 lett. b) DLgs 150/2009.

[19] Comma aggiunto dall’art. 1, c.42 lett.l) L. 190/12 d. Vedi inoltre il c.43 del medesimo articolo 1 della Legge n. 190 del 2012.

[3]Stralcio DPR 3/1957, art. 60: “L’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del Ministro competente.

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