Un’importante volume sulla risorsa delle acque

È stato pubblicato dal Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli Studi di Trento un importante volume dal titolo: La gestione della risorsa acqua nelle aree montane, che raccoglie gli atti del Convegno di Trento del 14 giugno 2019, con il patrocinio del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento.

L’opera raccoglie gli scritti di Anna Argentati, Marco Ceruti, Michele Cozzio, Geremia Gios Vittorio Italia, Maria Cristina Osele, Gianfranco Postal Marcova lerio Pozzato, Filippo Romano. I problemi considerati ed approfonditi sono numerosi, ed il volume contiene anche, a cura di Marco Ceruti e di Michele Cozzio, un’addenda su Lo stato dell’arte sulla legislazione regionale e delle province autonome per l’assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni a fini idroelettrici.

Il volume è stato curato da due attenti Studiosi dell’Università di Trento, Michele Cozzio e Geremia Gios, che hanno redatto una Presentazione, che è qui testualmente riportata, perché ha il merito di delineato la struttura, le finalità ed anche le soluzioni che sono state proposte per questa complessa ed importante materia.

A giudizio dei curatori “le tematiche approfondite nel corso del Convegno hanno riguardato i modelli di gestione delle risorse naturali nelle aree montane, con particolare riferimento alle concessioni per lo sfruttamento delle acque a fini di produzione dell’energia idroelettrica.

L’angolo di visuale prescelto potrebbe sembrare limitato soprattutto se posto in relazione alle numerose prospettive di analisi di un bene complesso e multiforme quale l’acqua. Si pensi, per un verso, alle questioni di natura giuridica sull’appartenenza e sulla classificazione di questa risorsa in base alle categorie dominicali del “demanio pubblico” o del “dominio privato”, ovvero al confronto tra le molteplici forme di gestione applicabili, a trazione pubblica o privata, tema quest’ultimo emerso anche a seguito della consultazione referendaria nazionale del 2011.

Si pensi, per altro verso, alle elaborazioni teoriche e ai modelli associati dagli economisti al consumo e allo sfruttamento dell’acqua e alla loro profonda evoluzione. Smith e Ricardo, sviluppando una visione radicata nel diritto romano, rifiutavano il pensiero dell’acqua (dolce) come bene economico, perché sempre disponibile e inesauribile, dunque privo di interesse per la scienza economica. Lo sviluppo industriale e le conoscenze tecnologiche hanno presto svelato una realtà diversa, segnata dal passaggio in molte aree geografiche da situazioni di abbondanza a situazioni di scarsità, con quel che consegue in termini di rivalità nel consumo della risorsa.

Rispetto a tali questioni di fondo, la prospettiva offerta dal Convegno sembrerebbe, come detto, circoscritta ad argomenti, tensioni e problematiche specifiche, finanche di secondo piano e geograficamente limitate ai territori interessati dalla produzione idroelettrica.

Si tratta, tuttavia, di una percezione ingannevole.

A dimostrarlo sono proprio la ricchezza e la varietà degli interventi discussi nel corso del Convegno, di cui rimane traccia nelle relazioni raccolte in questo volume.

Il confronto tra accademici, studiosi, funzionari e magistrati ha fatto emergere una visione a tutto tondo sulla complessità delle scelte politiche, delle regole e delle responsabilità pubbliche e private che caratterizzano il ciclo produttivo idroelettrico. Al contempo, si è toccato con mano l’intreccio che lega queste scelte con altri temi strategici e di interesse per la collettività e il governo del territorio. Un intreccio che si manifesta qualunque sia la chiave di lettura, diacronica o sincronica, con la quale si pone attenzione allo sfruttamento dell’acqua per fini idroelettrici.

Ci si trova di fronte a una pluralità di interessi pubblici e privati – che rimandano a temi economici, ambientali, di utilità generale, di approvvigionamento, di tutela del mercato e dei consumatori – il cui tratto comune si può ravvisare nel loro continuo divenire. Volgendo lo sguardo all’indietro, anche solo all’ultimo trentennio, è facile constatare quanto i cambiamenti e le evoluzioni siano state numerose e profonde.

Di qui la necessità di cercare sempre nuovi equilibri (in funzione di sintesi) tra gli interessi che vengono messi in gioco quando si utilizza la risorsa acqua, disponendo di una scala di valori adattiva che possa tener conto della dimensione non solo etica, sociale, economica e giuridica, ma anche culturale: non si dimentichi che l’acqua, specie nel contesto alpino, ha una fortissima valenza identitaria.

Nella prima parte del volume sono raccolte le relazioni sulle caratteristiche economiche, i modelli e le regole che disciplinano lo sfruttamento idroelettrico dell’acqua.

L’analisi del contesto giuridico ha evidenziato alcuni aspetti paradossali.

I cambiamenti sollecitati dal legislatore europeo all’apertura dei mercati idroelettrici nazionali e al rispetto delle dinamiche concorrenziali sono stati tanto numerosi quanto insignificanti i risultati. Le istanze europee, infatti, si sono scontrate con le resistenze degli Stati membri, caratterizzati – da Nord a Sud dell’Unione – dalla presenza di società pubbliche che controllano la quasi totalità delle grandi derivazioni idroelettriche.

La situazione di stallo, che ne è derivata, si protrae irrisolta dagli anni Novanta, al punto da far paragonare il mercato delle gestioni idroelettriche – nonostante il susseguirsi di riforme e regole – a una “foresta pietrificata”.

Si consideri questo esempio. Il Consiglio e il Parlamento dell’UE hanno votato a settembre 2019 la prosecuzione del progetto politico sull’Unione dell’energia, dando mandato alla Commissione di realizzare nel quinquennio 2019-2024 un sistema di produzione e distribuzione dell’energia a ridotto impatto ambientale, performante, inclusivo, pilastro portante nella transizione verso un’economia a zero emissioni (nell’ambito del cd. Green Deal europeo). Tuttavia, a fronte di questa ben definita prospettiva, non riusciamo a trovare nell’articolato sistema delle regole europee – incidenti su tutta la filiera del mercato dell’energia (generazione, trasmissione, distribuzione, aggregazione, gestione della domanda, stoccaggio, fornitura, tariffazione) – una disciplina unitaria per l’assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni delle acque a fini idroelettrici.

Il legislatore dell’UE non ha avuto, fino ad ora, la forza di dettare regole uniformi per gli Stati, i quali hanno rinunciato a volere soluzioni di uniformazione, che implicherebbero lo spostamento delle scelte regolatorie verso il livello europeo.

Non meno schizofrenico è il quadro giuridico interno.

A fronte delle novità legislative che negli ultimi anni hanno definito un maggior equilibrio nel rapporto tra autonomie locali e Stato centrale, non è venuta meno la pratica dei continui rinvii delle concessioni idroelettriche (prassi proseguita anche nella fase dell’emergenza causata dal Covid).

In tal senso, sono rimaste senza riscontro le pressioni per l’assegnazione di nuove concessione esercitate dalla Commissione europea nonché gli interventi della Corte costituzionale, dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.

Infine, la scelta operata dal legislatore con la conversione del decreto-legge n. 135/2018 ha rimesso alle Regioni il compito di disciplinare entro il 31 ottobre 2020 le modalità e le procedure di assegnazione delle nuove concessioni. Si è aperta, dunque, l’ennesima delicata fase di passaggio.

Il Trentino è tra le realtà ‘guardate a vista’, non solo perché dotata di competenze legislative specifiche, in forza delle quali il legislatore provinciale ha recentemente ridefinito la disciplina del settore (il riferimento è alla l.p. 21 ottobre 2020 n. 9), ma anche perché tra le prime chiamate a gestire l’affidamento delle concessioni che in questo territorio termineranno il 31 dicembre 2023. Si prospetta una fase di passaggio definita “epocale”, tenuto conto del fatto che molte concessioni erano state assegnate nella prima metà del Novecento. Una fase di passaggio non priva di incognite e difficoltà; si consideri che le nuove concessioni potranno avere durata fino a trent’anni e costituiranno – tra canoni e forme di compensazione – un’entrata significativa del futuro bilancio provinciale e degli enti locali.

Nella seconda parte del volume sono raccolte le relazioni che attengono a profili di responsabilità e giurisdizione, con riferimento alla posizione delle Amministrazioni.

Nel caso dei Comuni, ad esempio, non è infrequente che si creino situazioni di potenziale conflitto di interesse, laddove essi risultano proprietari o comproprietari delle aziende che producono l’energia idroelettrica. A questi enti, infatti, spetta operare per la tutela del territorio e dell’ambiente, l’incolumità dei cittadini, la gestione dei servizi pubblici, tra i quali la distribuzione dell’energia, la promozione dello sviluppo sociale ed economico delle rispettive comunità.

Analogo conflitto di interessi può ricorrere quando vi siano enti titolari di funzioni legislative e amministrative in materia di tutela ambientale, usi civici, opere di prevenzione e pronto soccorso per calamità pubbliche, acquedotti e opere idrauliche, utilizzo delle acque pubbliche, etc.

È il caso, ad esempio, delle Province Autonome di Trento e di Bolzano.

Con riferimento al Trentino, le relazioni hanno approfondito il tema del mancato accatastamento o mancato adeguamento e aggiornamento delle rendite catastali dei terreni di proprietà comunale sui quali insistono opere funzionali alla produzione di energia idroelettrica.

Le conseguenze per le Amministrazioni proprietarie non sono di poco conto.

In primo luogo, per il mancato accertamento di considerevoli entrate, derivanti dalle imposte di competenza comunale su tali beni, ai quali si aggiunge un indebito arricchimento delle società concessionarie, derivante da minori oneri fiscali.

In secondo luogo, per le conseguenze che possono svilupparsi in sede di contenzioso, con gli Enti impegnati su più fronti giurisdizionali, compresa la Corte dei Conti per l’eventuale danno erariale recato alle casse comunali.

Le relazioni hanno evidenziato la molteplicità di interessi che le Amministrazioni rappresentano, propri e della collettività che in esse si identifica, con criticità che si riflettono anche sull’individuazione del Giudice competente.

Di qui l’utilità del confronto fra coloro che applicano quotidianamente gli strumenti giuridici di questo settore, non sempre facilmente maneggiabili, e coloro che, dall’altra parte, sono all’origine di determinate scelte, vuoi per il ruolo decisionale che ricoprono, vuoi per le conoscenze di cui sono portatori”.

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