Commento dell’art. 73, comma 4

di Alberto Zucchetti

Commento dell’art. 73, comma 4

“4. Per lo stesso tempo previsto dal comma 1, le associazioni private anche non riconosciute e le fondazioni che non abbiano regolamentato modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza, possono riunirsi secondo tali modalità, nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati, purché siano individuati sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti nonché adeguata pubblicità delle sedute, ove previsto, secondo le modalità individuate da ciascun ente”.

1) Nel quadro delle misure urgenti adottate dal Governo per contrastare e contenere la diffusione del virus COVID-19 è emersa l’impellente necessità di evitare assembramenti di persone.

Ciò riguarda anche gli organi collegiali di enti ed organismi; per evitare la loro paralisi, che necessariamente incide sull’attività degli stessi enti ed organismi, l’art. 73 prevede l’utilizzo dello strumento della videoconferenza. Questa costituisce pertanto l’unica opzione per poter svolgere le sedute.

Così la videoconferenza è, quindi, prevista per i consigli dei comuni, delle province e delle città metropolitane e le giunte comunali (comma 1), per gli organi degli enti pubblici nazionali, anche articolati su base territoriale, nonché degli enti e degli organismi del sistema camerale (comma 2); per le “associazioni private anche non riconosciute e le fondazioni” (comma 4 qui in esame).

2) L’applicazione della disposizione di cui al comma 4 apre una serie di problematiche.

In primo luogo è da definite il profilo soggettivo.

I soggetti interessati sono enti privati e non enti pubblici come quelli indicati al primo ed al secondo comma, ma tali enti privati vengono limitati:

a) alle associazioni private sia quelle riconosciute (art 14 ss. cod. civ.) che quelle non riconosciute (art. 36 ss. cod. civ.)

b) alle fondazioni (art. 14 ss. cod. civ.)

Non si parla delle società (art. 2247 ss. cod. civ.), dei comitati (art. 39 cod. civ.) o di altre istituzioni di carattere privato (art 1, comma 1, DPR 361/2000)

Le associazioni, come è noto, a differenza delle società, sono enti “non profit” (ad esempio, associazioni di volontariato; WWF; ecc.) in quanto non hanno scopo lucrativo e non perseguono finalità economiche, anche se possono svolgere un’attività di impresa (attività di produzione o scambio di beni e di servizi), ma solo in via secondaria, al fine di procurarsi entrate da destinare al perseguimento dello scopo ideale (si pensi, ad esempio alle associazioni ed ai circoli sportivi, ecc.).

Il riconoscimento comporta l’acquisizione della personalità giuridica. In ogni caso le associazioni hanno un ordinamento interno, previsto nell’atto costitutivo (o negli “accordi degli associati” per le associazioni non riconosciute), che deve necessariamente prevedere almeno un’assemblea degli associati e gli amministratori, ma può essere previsto anche il collegio dei probiviri, quello dei revisori, ecc.

Le fondazioni (che devono essere sempre riconosciute) sono organizzazioni stabili che si avvalgono di un patrimonio per il perseguimento di uno scopo non economico (art 14 cod. civ., DPR 361/2000). Anch’esse sono gestite da un organo amministrativo secondo le previsioni del loro statuto. Nel nostro ordinamento le fondazioni sono numerose: si pensi, ad esempio, al FAI, alla AIRC, alle fondazioni “privatizzate” quali i fondi pensione, le casse di previdenza ed assistenza dei professionisti, le fondazioni lirico-sinfoniche, ecc..

3) Agli organi di tali enti è consentita la facoltà di riunirsi, ma solo se vengano osservate precise modalità che peraltro sono temporanee, in quanto limitate al periodo fissato al comma 1 dell’art. 73, e cioè “fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020”.

La modalità – come già detto – è quella della videoconferenza.

A tal fine occorre distinguere se tali enti abbiano già abbiano regolamentato le modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza oppure non ancora.

Nel primo caso gli enti dovranno obbligatoriamente utilizzare tale strumento che si presume sia stato da essi già studiato e collaudato.

Nel secondo caso dovranno “ex novo” organizzare il mezzo della videoconferenza, che comporta una serie di problemi giuridici e pratici.

Difatti la norma statuisce in primo luogo che gli enti interessati devono individuare le modalità di videoconferenza in modo che siano:

a) rispettati i “criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati”;

b) individuati sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti;

c) adeguatamente pubblicizzate le sedute.

4) Si rende quindi necessario che l’ente, in via preventiva, fissi i criteri per assicurare i criteri adeguati ad assicurare trasparenza, pubblicità e tracciabilità delle sedute nonché i criteri che attestino la legittimità delle operazioni di convocazione, riunione, votazione delle deliberazioni assunte dagli organi collegiali. Si rende, quindi, necessario un atto, da parte dell’organo competente, di carattere regolamentare.

Un problema è come possa essere agevolmente predisposto in tempi brevi tale atto se è richiesta la predisposizione di esso da parte di un organo collegiale. La norma non precisa gli strumenti per predisporre tale regolamento, e cioè se l’organo collegiale competente possa utilizzare una videoconferenza che non attui le garanzie richieste dalla norma in esame. Di conseguenza se non si ritenga legittimo utilizzare un videoconferenza “informale” finalizzata a deliberare siffatto regolamento, occorrerà utilizzare altri mezzi di comunicazione a distanza (e-mail; fax; ecc.) perché l’espressione “previamente” indica che non sarebbe legittima una videoconferenza per determinare successivamente i criteri generali richiesti.

Tali criteri richiesti non possono essere indicati nella regolamentazione in modo generico, ma devono essere puntualmente precisati.

Nel silenzio della norma in esame, il regolamento dovrà altresì indicare la soluzione tecnologica, in particolare lo strumento software identificato come standard per la realizzazione e conduzione della videoconferenza. E’ poi opportuno che tale identificazione tenga conto dei criteri richiesti da rispettare.

5) I “criteri di trasparenza e tracciabilità

Il criterio di “trasparenza” – che richiama concettualmente concetti applicati alla P.A. – a differenza della trasparenza della pubblica amministrazione deve essere “interna”, nel senso che è limitata ai soli associati o agli organi della fondazione. Essa comporta l’accessibilità totale, da parte dei soli interessati, alle informazioni che riguardano l’organizzazione, la conoscenza del servizio reso, le caratteristiche quantitative e qualitative, le modalità di erogazione, in modo che nessuno degli interessati possa essere escluso. Ciò comporta la predisposizione di un sistema di controllo su ogni fase del ciclo di gestione della videoconferenza per consentirne il miglioramento.

La “tracciabilità” comporta che lo svolgimento delle sedute deve esser tale da consentire la documentazione di ciò che si è detto e votato.

6) L’individuazione dei “sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti”.

A monte dei criteri sopra indicati vi è il problema della sicurezza del sistema di videoregistrazione, che dovrà essere approntato, anche sotto il profilo della “privacy”. Il che comporta una serie di accorgimenti tecnici circa l’individuazione dei soggetti invitati alla videoconferenza; l’accertamento del luogo in cui essi si trovano, in modo da escludere che alla videoconferenza partecipino, anche come uditori, soggetti estranei; il divieto di registrare la videoconferenza e di divulgarne il contenuto a terzi; ecc..Tali sistemi dovranno essere analiticamente previsti ed indicati preventivamente dall’ente.

7) La “adeguata pubblicità delle sedute

Tale pubblicità può riguardare sia la convocazione della seduta con appropriate modalità (pec, mail, fax, ecc.) che possano dimostrare l’avvenuto adempimento dell’incombenza, sia la pubblicità dei contenuti della seduta (deliberazioni, decisioni assunte, ecc.) che dovranno essere divulgati ai soli soggetti interessati, sempre nell’ambito della tutela dei dati ai sensi della normativa sulla privacy.

8) Conclusioni

L’urgenza con la quale la norma è stata emanata giustifica il fatto che essa possa non essere di univoca interpretazione e non fornisca parametri maggiormente dettagliati, specie sui parametri indicati, lasciando ampia discrezionalità all’ente stesso.

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