Messa in sicurezza di immobili abbandonati e fatiscenti: come individuare i proprietari

Innanzi al Tar Firenze viene impugnata l’ordinanza contingibile e urgente adottata da un Sindaco per la messa in sicurezza di un edificio abbandonato e fatiscente.

I destinatari di tale provvedimento venivano individuati acquisendo informazioni presso il catasto senza che, peraltro, dalle risultanze catastali emergesse il nominativo degli stessi, bensì unicamente quello dei loro de cuius, tutti deceduti.

Osserva l’adito G.A. come alle risultanze catastali non possa riconoscersi valore probatorio decisivo in ordine alla proprietà di un bene.

Si afferma, invero, in giurisprudenza:

– <<ai fini della determinazione dell’effettiva proprietà del bene, alle risultanze catastali non può essere riconosciuto un definitivo valore probatorio, bensì una valenza meramente sussidiaria rispetto a quanto desumibile dagli atti traslativi in quanto contenenti utili indicazioni in ordine all’estensione dei fondi confinanti>> (Cons. Stato, sez. VI, 5 gennaio 2015, n. 5);

– <<ai fini della determinazione del confine tra fondi, se va data prevalenza agli atti traslativi della proprietà, in quanto contenenti utili indicazioni sull’estensione dei fondi confinanti, è peraltro utilizzabile ogni mezzo istruttorie, anche di carattere tecnico e persino la prova testimoniale (fermo il vaglio dell’ammissibilità e concludenza), avendo le risultanze catastali, valore meramente sussidiario, ai sensi del terzo comma dell’art. 950 c.c.>> (Cass. civ., sez. II, 23 dicembre 2004, n. 23933).

Al tempo stesso, il G.A. toscano considera come neppure possa disconoscersi che, in mancanza di risultanze contrarie, le mappe catastali siano idonee a costituire un elemento di prova sufficiente che può essere utilizzato ai fini dell’accertamento della proprietà, deponendo in tal senso l’art. 950 ultimo comma, c.c., ai sensi del quale, in mancanza di altri elementi, l’azione di regolamento di confini deve essere decisa in base alle risultanze delle mappe catastali (T.a.r. Lombardia, Milano, sez. II, 20 maggio 2015 n. 1195).

Ha affermato Cass. civ., sez. II, 17 febbraio 2012, n. 2369: << L’affermazione di principio, secondo cui le risultanze catastali devono cedere a quelle dei titoli, può essere corretta e dirimente soltanto nel caso in cui queste ultime siano univoche e non si prestino ad incertezze interpretative, nel qual caso, invece, i dati catastali degli immobili oggetto di alienazione, ove riportati negli stessi non a fini meramente indicativi, ma identificativi dell’immobile trasferito, possono valere ad integrare il contenuto del negozio e ad individuare il bene oggetto dello stesso, secondo la volontà delle parti>>.

Avuto riguardo al caso sottoposto al suo esame, osserva il G.A. Toscano come, a fronte di una situazione di incertezza e disinteresse degli eredi dei proprietari a far constare dai pubblici registri l’esistenza di titoli di proprietà, ovvero il trasferimento degli stessi ad altri soggetti, la P.A. abbia eseguito accurate ricerche tanto presso la Conservatoria dei registri immobiliari, quanto presso gli Uffici catastali, integrandole con ricerche anagrafiche, giungendo alla conclusione che i soggetti indicati nell’ordinanza fossero i proprietari dell’immobile.

La circostanza che dai registri immobiliari non risulti alcuna volturazione o continuità di trascrizioni in favore dei destinatari di detta ordinanza (poi ricorrenti in giudizio) non vale ad escludere la perdurante sussistenza del diritto di proprietà dei medesimi.

Alcune norme depongono chiaramente in tal senso.

Ed invero, a mente dell’art. 457 c.c., “l’eredità si devolve per legge o per testamento”; contrariamente all’accettazione dell’eredità che può essere espressa o tacita (artt. 475 e 476 c.c.), la rinunzia ex art. 519 c.c. “…deve farsi con dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, e inserita nel registro delle successioni”.

Dunque, secondo il Tar Firenze, ove i ricorrenti (che rientrano nelle categorie dei successibili ex lege) non dimostrino di avere rinunciato all’eredità, la mera inerzia in ordine all’esecuzione delle formalità di trascrizione o volturazione (nei registri immobiliari o catastali) della proprietà del bene, non comporta la rinuncia all’eredità e conseguentemente non esclude la loro responsabilità patrimoniale in ordine alle sorti del bene in questione.

Né i ricorrenti possono dolersi della loro indicazione nominativa nell’atto, e della loro indistinta qualificazione come eredi, ben potendo far constare, ove interessati, di avere rinunciato alla proprietà dell’immobile.

Si consideri, infine, che nell’espropriazione per pubblica utilità secondo la giurisprudenza: <<conformemente al disposto dell’art. 16 del d.P.R. n. 327/2001, deve ritenersi che la mancata notifica degli atti espropriativi ai proprietari effettivi, diversi da quelli indicati in catasto, non soltanto non assume carattere invalidante degli atti espropriativi stessi, ma nemmeno legittima una difesa tardiva da parte di questi ultimi – sia nella fase dell’impugnazione giurisdizionale, che della presentazione di osservazioni in sede amministrativa – in ordine alle scelte compiute dalla P.A.: è, infatti, onere del privato interessato curare l’esatta corrispondenza delle risultanze catastali alla reale situazione giuridica del bene oggetto della procedura ablatoria, senza che eventuali sue negligenze possano andare comunque a discapito del buon andamento dell’azione amministrativa, a tutela del quale può dirsi anche posto il principio della certezza delle situazioni giuridiche nell’attività della P.A. (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. IV, 30 novembre 2006, n. 7014; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 9 giugno 2016, n. 731; T.A.R. Veneto, Sez. I, 19 gennaio 2005, n. 127)>> (T.a.r. Veneto, Venezia, sez. I, 18 luglio 2017, n. 681).

Riferimenti:

Tar Toscana, Firenze, sez. III, 28/11/2017, n. 1465

Art. 457, 475, 476, 519.950 c.c.

 

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