La lex specialis non può imporre l’applicazione di un determinato contratto collettivo

Il T.r.g.a Bolzano si sofferma sulla corretta esegesi della norma di cui all’art. 30, comma 4, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 secondo cui “al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”.

Tale normativa consente che possa essere applicata più di una tipologia di C.C.N.L. esistente, a condizione che il tipo di contratto scelto sia connesso e compatibile con l’effettiva attività da espletare.

Nel tempo la giurisprudenza, intervenuta in materia, ha precisato come sia rimessa alla stazione appaltante la scelta dei requisiti da richiedere ai fini della partecipazione alla gara e come tra questi non possa esservi l’applicazione di un determinato contratto collettivo nazionale di lavoro, qualora una o più tipologie di questi si possano adattare alle prestazioni da affidare all’aggiudicatario (Cons. Stato, sez. III, n. 5597/2015).

In altre parole, l’applicazione di un determinato contratto collettivo non può essere imposta dalla lex specialis alle imprese concorrenti quale requisito di partecipazione, né la mancata applicazione di questo può validamente essere a priori sanzionata dalla stazione appaltante con l’esclusione, sicché deve negarsi in radice che l’applicazione di un determinato contratto collettivo anziché di un altro possa determinare, in sé, l’inammissibilità dell’offerta (Cons. Stato, sez. III, n. 5597/2015 cit.).

La scelta del contratto collettivo da applicare rientra nelle prerogative di organizzazione dell’imprenditore partecipante alla gara e nella libertà negoziale delle parti, salvo limite che esso risulti coerente con l’oggetto dell’appalto.

Imporre un determinato contratto di lavoro si traduce nella violazione del principio di libera iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost. e del derivato principio di libera contrattazione delle condizioni di lavoro previsto nel nostro ordinamento (T.a.r. Toscana, Firenze, sez. I, 11 luglio 2013, n. 1160).

Per completezza espositiva si precisa nella sentenza in esame come l’indicazione dell’applicazione di uno specifico contratto possa eventualmente essere indicata nella legge di gara, e ciò anche a pena di esclusione, e come clausola debba rispondere ad una ferrea logica di correlazione tra requisiti da indicare e prestazioni da appaltare; in caso contrario il principio del favor partecipationis ne risulterebbe gravemente sminuito ed in conclusione la legge di gara sarebbe stata emanata in assoluta violazione del principio di concorrenza.

Riferimenti:

T.r.g.a. Trentino Alto Adige, Bolzano, 30/10/2017, n. 299

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