La nuova governance societaria alla luce della riforma della crisi d’impresa e del decreto correttivo

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Avv. Emmanuele Serlenga

Introduzione

Come noto, il D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 febbraio 2019 ha introdotto, a lato del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, alcune rilevanti modifiche al Codice Civile, segnatamente dedicandovi gli artt. 375-384 C.C.

La prima importante opzione del legislatore è stata quella di anticipare l’entrata in vigore di una significativa parte delle modifiche al Codice Civile al 16 marzo 2019 (trentesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale) rispetto a quella del Codice della crisi,  originariamente prevista per il 14 agosto 2020 (ossia trascorsi 18 mesi dalla predetta data di pubblicazione) e ora rinviata al 1° settembre 2021  a seguito della legislazione di contrasto all’emergenza economico – finanziaria seguita alla pandemia da Covid 19[1].

In particolare, le novelle alle norme del Codice Civile riguardano:

  • L’art. 2086, riscritto dall’art. 375 del Decreto;
  • Gli artt. 2257 in tema di società di persone, 2380 bis, 2409 novies riguardanti le società per azioni e 2475 con riferimento alle società a responsabilità limitata, riformati dall’art. 377;
  • Gli artt. 2476 e 2477 sulle società a responsabilità limitata, sui quali è intervenuto l’art. 378 comma I;
  • L’art. 2486 circa i poteri e la responsabilità degli amministratori di società di capitali.

Nelle more, il corpus normativo in parola è già stato oggetto del restyling dettato dal D.lgs. 26 ottobre 2020, n. 147, c.d. Decreto correttivo, che ha interessato anche la disciplina che ci si appresta ad analizzare.

 

Questo contributo intende soffermare la propria attenzione su alcuni aspetti, che appaiono di particolare interesse.

  • Nuovi assetti organizzativi a seguito della riforma dell’art. 2086 comma II

L’art. 375 del D.Lgs. 14/19 modifica la rubrica dell’art. 2086 C.C., portandola da Direzione e gerarchia dell’impresa a Gestione dell’impresa e aggiunge alla disposizione un secondo comma che recita:

“L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

In collegamento con tale disposizione il successivo art. 377 riscrive gli artt. 2257 in tema di società di persone, 2380 bis, 2409 novies riguardanti le società per azioni e 2475 con riferimento alle società a responsabilità limitata, riformati dall’art. 377 C.C., il quale prevede che:

“La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’art. 2086, comma II (e dunque sulla base di: “Un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa”) e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”.

Giova ricordare che già l’art. 14 della Legge Delega prevedeva l’introduzione del: “Dovere dell’imprenditore e degli organi sociali di istituire assetti organizzativi adeguati per la rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi per l’adozione tempestiva di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

Come osservato da attenta dottrina: “Viene in tal modo a culminare un percorso normativo che, muovendo per le società quotate dal TUF (art. 149) e attraverso le evoluzioni operate dal legislatore nell’ultimo ventennio in tema di società azionarie, di enti collettivi (D.Lgs. 231/2001) e di discipline di settore (da quello bancario e assicurativo sino alle società a partecipazione pubblica) ha progressivamente consacrato la regola di adeguatezza degli assetti organizzativi come principio di corretta gestione imprenditoriale, in quanto tale destinata a valere in tutte le realtà imprenditoriali in forma collettiva o societaria”[2].

In altre parole: “Il paradigma degli assetti organizzativi adeguati assurge a canone necessario di organizzazione interna all’impresa, sul piano gestionale, amministrativo e contabile, e conseguentemente a direttrice fisiologica dell’attività, strumento di tracciabilità dei processi, criterio di valutazione della responsabilità di amministratori, dirigenti e controllori. Segmento e fulcro degli assetti organizzativi adeguati è il sistema di controllo interno, che costituisce lo snodo cruciale dell’articolazione del potere d’impresa e delle regole di responsabilità[3]

Non si tratta dunque, a ben vedere, di un cambio di paradigma inteso come rivoluzione scientifica nel senso kuhniano del termine, bensì della sublimazione di un processo legislativo, che si ritiene sia altresì figlio del superamento delle teorie liberiste cui era ispirata la precedente riforma di cui al D.Lgs. 6/2003 in favore di una visione più vicina a principi neokeynesiani, secondo i quali perché vi sia stabilizzazione macroeconomica occorre l’intervento del governo centrale; in particolare vi sono fasi, quando l’economia fallisce l’obiettivo della piena occupazione, che non possono essere risolte solo lasciando fare al mercato.

In ambito bancario, merita citare tra i padri del moderno approccio regolamentare teso all’adeguatezza dell’approccio organizzativo l’Accordo sui requisiti minimi di capitale, meglio noto come Basilea 2, sottoscritto nel 2004 in base al quale le banche dei paesi aderenti devono accantonare quote di capitale proporzionate al rischio assunto valutato attraverso lo strumento del rating. In questo modo si è attribuita alle banche una maggiore discrezionalità nelle decisioni imprenditoriali delle imprese che chiedono un credito: in questo senso la banca ha finito per assumere un ruolo di consulente – controllore di qualità dell’impresa.

Come detto, gli antesignani normativi sono molteplici, ci piace ricordarne due:

  • Lgs. 231/2001, che individua un reticolo di competenze professionali endo ed extra aziendali finalizzate a prevenire reati, alla stregua di quanto oggi previsto onde prevenire le crisi aziendali[4].
  • Il Lgs. 175/2016 che prevede agli artt. 12ss, l’obbligo in capo alle aziende di adottare strumenti di allerta finalizzati, unitamente agli obblighi organizzativi posti a carico dell’imprenditore dal codice civile, alla tempestiva rilevazione degli indizi di crisi dell’impresa e alla sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione. Dopo di che viene individuata e predisposta dal legislatore una procedura a rilevanza esterna, con l’interessamento dell’OCRI (Organismo di composizione della crisi d’impresa) ossia una struttura a rilevanza esterna con interessamento della struttura riferita alla Camera di commercio. Invece, per le società a carattere pubblico, come si è visto sopra, il dovere di adottare i provvedimenti necessari a prevenire l’aggravamento della crisi è affidata all’organo amministrativo[5].

Ritornando al mutamento della  rubrica dell’art. 2086 C.C., ora Gestione dell’impresa, si ritiene che tale passaggio  non sia privo di significati, specialmente se si considera che l’art. 375 è a sua volta rubricato Assetti organizzativi dell’impresa, per cui, leggendolo in combinato disposto con le definizioni generali di impresa e di azienda contenute rispettivamente negli artt. 2082 e 2555 C.C., si evince come la predisposizione degli assetti, quindi la loro adeguatezza, costituisca il cuore della gestione dell’impresa[6].

In altre parole, il concetto di organizzazione viene ora declinato per tutte le tipologie d’impresa, come: “Istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa”[7], il che rappresenta senz’altro un lodevole punto di raccordo tra il diritto dell’impresa e quello della crisi d’impresa, che prima effettivamente mancava nel diritto positivo[8].

 

  • L’art. 377 e la competenza gestionale: problemi interpretativi e Decreto correttivo

Come detto, l’art. 377 del D.Lgs. 14/19 ha altresì riscritto gli artt. 2257 in tema di società di persone, 2380 bis, 2409 novies riguardanti le società per azioni e 2475 con riferimento alle società a responsabilità limitata, stabilendo che:La gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori”, il che naturalmente sembrerebbe, quantomeno prima facie, comportare una sottrazione di poteri agli altri organi societari, a cominciare dall’assemblea dei soci.

Di fatto la norma estende a tutte le tipologie societarie il principio che la riforma del 2003, ispirata, come suesposto, a principi neoliberisti, aveva previsto per le società per azioni, e naturalmente alle società cooperative per azioni e alle società in accomandita per azioni, spostando il baricentro della gestione dall’assemblea all’organo amministrativo.

Tuttavia, il legislatore del 2003 aveva comunque previsto un bilanciamento, consentendo, all’art. 2364 C.C. per le società prive di consiglio di sorveglianza e all’art. 2409 terdecies per le società che invece ne erano dotate, allo statuto di prevedere che determinati atti degli amministratori fossero sottoposti all’autorizzazione dell’assemblea.

Per ciò che riguarda le società di persone e quelle a responsabilità limitata invece, fino ad ora l’amministrazione si è sempre considerata spettante disgiuntamente all’organo amministrativo e a quello assembleare.

Quali conseguenze dunque avrà l’estensione anche a siffatte tipologie di società del principio della gestione affidata esclusivamente agli amministratori?

In dottrina sono state fin qui avanzate tre ipotesi.

  • Abrogazione implicita di tutte le norme incompatibili con l’art. 377 C.C.

Esse sono tuttavia molteplici:

  • 2257 comma II C.C. dettato per la società semplice in tema di diritto di veto in capo all’amministratore dissenziente;
  • 2320 C.C. circa la possibilità per i soci accomandanti di trattare e concludere affari per conto della società in forza di procura speciale;
  • 2475 comma III C.C. che consente allo statuto di prevedere l’amministratore disgiuntiva tra assemblea ed organo amministrativo;
  • 2468 comma III C.C. che consente di attribuire a soci anche particolari diritti riguardanti l’amministrazione;
  • 2476 C.C. dove è prevista la responsabilità in solido con gli amministratori dei soci che abbiano: “Intenzionalmente deciso il compimento di atti dannosi”, i quali ben possono riguardare la gestione dell’impresa;
  • 2479 C.C. che assegna ai soci la decisione sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo, nonché sugli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale sottopongono alla loro approvazione;

Considerare abrogate implicitamente tali norme, oltre a configurare un eccesso di delega, provocherebbe un inaccettabile vuoto normativo.

  • Un’altra ipotesi è quella di ricondurre l’intervento dei soci previsto dalle norme citate poc’anzi al genus delle autorizzazioni, necessaria per compiere atti di gestione. Anche quest’opzione ermeneutica non convince, in quanto cozza in modo insanabile con i dati normativi succitati, in quanto in essi i soci decidono o addirittura concludono affari e non autorizzano.
  • Una terza opzione, che secondo chi scrive si lascia preferire, è quella di restringere la portata della gestione esclusiva degli amministratori ai soli doveri di istituzione degli assetti organizzativi adeguati e di vigilanza e aggiornamento circa gli stessi[9].

Secondo attenta dottrina, che si condivide:

“La norma sull’esclusività della competenza gestoria sembra dover essere letta in stretta correlazione con il dovere di rispettare il disposto dell’art. 2086 C.C., con il quale si apre il comma in esame”, il quale, come sopra esposto, impone in capo a qualsiasi imprenditore, sia che operi in forma societaria  o collettiva, di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

La dottrina citata ricostruisce il collegamento tra tale dovere e l’attribuzione in via esclusiva agli amministratori della gestione dell’impresa nei seguenti attraverso la:

“Constatazione che la disciplina della società a responsabilità limitata è stata integrata con il richiamo integrale dell’art. 2381 c.c., che attribuisce espressamente agli amministratori il compito di curare l’assetto organizzativo e contabile della società (con distinzione di ruoli fra organi delegati e organo delegante).

Nel senso della direzione interpretativa assunta si può ricorrere, I) da un lato al tenore dell’art. 2380 bis c.c. nella formulazione anteriore alla riforma della legge fallimentare (anche l’art. 2380 bis è stato modificato dal Codice, ma già prima conteneva il riferimento all’esclusività della competenza gestoria degli amministratori) ed alle (sia pure attenuate rispetto alla s.r.l.) possibilità che gli statuti di Spa attribuiscano qualche competenza gestoria agli azionisti (art. 2364 n. 5 del C.C.) – profilo della operatività; II) dall’altro lato al fatto che l’art. 2381 è oggi, in base al quinto comma dell’art. 377, dichiarato espressamente applicabile alle s.r.l. in quanto compatibile, – profilo della organizzazione”.

 

Il legislatore, con il c.d. Decreto correttivo, sembra avere accolto tale terza ipotesi, ossia di restringere la portata della gestione esclusiva degli amministratori ai soli doveri di istituzione degli assetti organizzativi adeguati e di vigilanza, novellando l’art. 377 del CCII, norma, come detto già in vigore, nei seguenti termini:

“La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’art. 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. L’istituzione degli assetti di cui all’art. 2086, secondo comma, spetta esclusivamente agli amministratori”[10].

[1] Cfr., ex aliis MONTALENTI, P., Gestione dell’impresa, assetti organizzativi e procedure d’allerta nella riforma Rordorf in Il Nuovo Diritto delle Società, 2018, 951ss

[2] ABRIANI, N. – ROSSI, A., La nuova disciplina della crisi d’impresa e modificazioni del codice civile: prime letture, in Le società, 4/19, 394.

[3] MONTALENTI, P. Amministrazione e controllo nella società per azioni tra codice civile e ordinamento bancario, in Banca borsa e titoli di credito, 2015, n. 6, Giuffrè, Milano, parte I, p. 707

[4] ABRIANI, N. – ROSSI, A., op. loc. cit.

[5] Sul punto, ci si permette di rinviare a SERLENGA, E., Le società a partecipazione pubblica, Key Editore, 2019, pag. 63

[6] ABRIANI, N. – ROSSI, A., op.loc. cit.

[7] Sulla declinazione dell’adeguatezza degli assetti organizzativi negli organi societari, vedi ABRIANI, N. – PANZANI, L., Crisi e insolvenza nei gruppi di società in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, a cura di CAGNASSO, O. – PANZANI. L., Utet, Torino, 2011, TOMBARI, U., Crisi d’impresa e doveri di “corretta gestione societaria” delle società capogruppo. Prime considerazioni, in Rivista di diritto commerciale, 2011, I, 631ss, SERLENGA, E., I gruppi, direzione e coordinamento, in Trattato di diritto civile a cura di CENDON, P., Giuffrè, Milano, 2018, vol. XIX, 44

[8] ROSSI, A., La legge delega per la riforma della disciplina della crisi d’impresa: una prima lettura, in Le società, 12/2017, 1375ss

[9] Così ATLANTE, N., – MALTONI, M. – RUOTOLO, A., Il nuovo art. 2475 c.c. Prima lettura, Studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 58/2019 del 14/3/2019. Nello stesso senso, ex aliis, MONTALENTI, P., Gestione dell’impresa, assetti organizzativi e procedure di allerta nella Riforma Rordorf, cit. e CAGNASSO, O., Diritto societario e mercati finanziari, cit., ABRIANI, N. – ROSSI, A., op.cit., 400,

[10] Un primo sintetico ma autorevole commento si rinviene in PANZANI, L., Le novità del decreto correttivo: un primo bilancio, in http://www.dirittobancario.it/approfondimenti, 10/12/2020

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