Sulla solidarietà passiva nel contratto di ospitalità in RSA pubblica

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Dott. Marco Ruggeri

La Corte d’Appello di Milano, Sezione I Civile, con sentenza del 14.07.2020, n. 1816, riformando la sentenza del Tribunale civile di Milano n. 2945/2017, ha stabilito un importate principio, quello della solidarietà passiva dei soggetti che sottoscrivono un contratto di ospitalità per l’ingresso in una RSA gestita da un’Azienda pubblica.

Nel caso di specie, il contratto risultava sottoscritto dall’ospite e dalla nipote, che si impegnavano a versare all’ASP mensilmente la retta di degenza. Sennonché, a seguito dell’inadempimento nel pagamento di alcune rette, l’Azienda procedeva a notificare alla nipote l’ingiunzione di pagamento ex RD 639/1910, in virtù dell’obbligazione solidale tra i due, al fine di escutere le rette di degenza rimaste insolute. Ai sensi dell’art. 1292 del codice civile, infatti, il soggetto creditore, l’Azienda, può legittimamente pretendere l’obbligazione assunta, il pagamento delle rette, nella sua interezza ad uno solo degli obbligati.

La nipote incardina un giudizio di cognizione ordinario mediante atto di citazione in opposizione volto a revocare l’ingiunzione e a sospenderne gli effetti, nelle more del giudizio, eccependo come l’obbligazione, nonostante fosse stata convenzionalmente assunta dalla stessa, non potesse essere qualificata come tale, visto l’art. 23 della L. 328/2000, rubricato “Reddito minimo di inserimento”, il quale ha come scopo il contrasto della povertà, disciplinando le condizioni di accesso dei soggetti ricoverati in RSA al contributo pubblico.

In primo grado il Giudice con sentenza revocava la suddetta ingiunzione affermando che l’art. 23 della citata legge, escluderebbe i congiunti dall’obbligo di pagamento delle rette a carico dei ricoverati nelle RSA e che, di conseguenza, “i contratti che prevedano ab initio e vincolativamente l’obbligo di un congiunto di farsi carico, in solido con il ricoverato, del pagamento della retta, non revocabile se non unitamente alla cessazione del rapporto di ricovero, dovessero considerarsi non meritevoli di tutela per violazione di una normativa di interesse pubblico”.

Pertanto l’assunzione del debito da parte della nipote non costituirebbe un’obbligazione solidale, bensì un’“assunzione di garanzia per futuri debiti dell’obbligato”, con facoltà di recesso unilaterale ex art 1373 c.c., correttamente esercitato nel caso concreto.

La sentenza di appello in esame statuisce in maniera difforme al primo grado e ne riforma il contenuto ritenendo fondato l’appello proposto dall’azienda dal momento che l’obbligazione assunta dalla nipote è volontaria e non è esclusa dall’art. 23 della L. 328/2000, il quale non limita e non inficia restrittivamente la possibilità di stipulare convenzionalmente l’obbligo di pagare, alle scadenze pattuite, in solido, le rette di degenza dell’ospite da parte di un familiare.

Il vincolo per il quale la nipote è chiamata a rispondere su espressa domanda dell’Azienda creditrice non è un obbligo legale, in quanto non è imposto espressamente da una legge, ma è un obbligo di natura negoziale derivante dalla sottoscrizione del contratto di ospitalità.

Sulla base del principio formulato dalla Corte d’Appello di Milano, il soggetto creditore (pubblico o privato che sia) di un contratto di ospitalità in RSA può indifferentemente azionare il suo diritto di credito non solo nei confronti dell’ospite che ha sottoscritto il contratto ma anche nei confronti di uno o più degli altri soggetti che si sono impegnati alla corresponsione delle rette di degenza unitamente all’ospite stesso, confermando quindi il vincolo di solidarietà passivo dei soggetti obbligati.

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