Cass. Civ., sez. II, ord., 25 luglio 2019, n. 20184

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Cass. Civ., sez. II, ord., 25 luglio 2019, n. 20184

[Omissis].

RILEVATO IN FATTO

che:

1. Con citazione innanzi al Tribunale di Saluzzo […] ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore di […] per l’importo di € 924,00 a titolo di residuo corrispettivo dovuto per alcuni lavori di ristrutturazione edilizia del fabbricato di proprietà di parte opponente in […].

2. A sostegno dell’opposizione ha contestato l’integrale esistenza e debenza dei crediti per i lavori indicati in una delle due fatture poste a fondamento della pretesa monitoria, evidenziando inoltre come anche l’altra fattura esponesse crediti derivanti da presunti pregiudizi subiti dal signor […] nel corso dei lavori che in realtà non erano concretamente riscontrabili. Ha chiesto in via riconvenzionale la condanna della parte opposta al risarcimento dei danni subiti a causa della non perfetta esecuzione dei lavori, da cui erano scaturite ulteriori spese.

3. […] si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto delle istanze dell’opponente e affermando in particolare che le somme oggetto della seconda fattura fossero relative all’aggravio per i lavori derivante dalla mancata consegna di materiali e dall’indisponibilità di acqua nel cantiere.

4. Con sentenza depositata in data 22 maggio 2008 il Tribunale di Saluzzo ha revocato il decreto ingiuntivo condannando il signor […], in accoglimento della riconvenzionale, a risarcire a parte opponente i danni quantificati nella somma di € € 560,00.

5. Avverso la predetta decisione […] ha proposto appello. […] si è costituita chiedendo il rigetto del gravame.

6. Con sentenza depositata in data 6 giugno 2013 la Corte d’appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di prime cure, ha rigettato la domanda riconvenzionale proposta in primo grado, ritenendo che:

  • che l’avvenuta comunicazione effettuata dalla parte opponente al difensore della controparte della relazione tecnica con la quale erano stati accertati gli asseriti difetti strutturali dell’immobile non potesse assumere valore di denuncia dei vizi;
  • che, dunque, vi “(fosse) decadenza della denunzia dei vizi e ciò sia che la fattispecie contrattuale sia inquadrabile nel contratto d’opera sia in quello di appalto” (p. 12 della sentenza impugnata);
  • che, tra le varie “ipotesi” (contratto d’opera o di appalto e, all’interno di quest’ultimo, vizi denunciabili ex art. 1669 c.c., o ex art. 1667 c.c.) quella dei vizi ex art. 1667 c.c., entro un contratto di appalto fosse comunque l’ipotesi che più propriamente apparirebbe comprendere i fatti di causa” (p. 12 della sentenza impugnata).

7. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso […] sulla base di un motivo illustrato da memoria. […]. ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

  1. 1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1667 e 1669 c.c., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), per aver la Corte ritenuto decorso il termine di decadenza per la denuncia dei vizi, non prendendo in considerazione:
  • che, anche a non voler ritenere idonea quale denuncia la consegna della perizia al difensore in data 8 maggio 2007 (su cui la Corte d’appello si è soffermata), era sicuramente qualificabile come denuncia la contestazione contenuta nell’atto di citazione in opposizione, notificato in data 14 gennaio 2008, come sostenuto alle pp. 20 e 21 della comparsa di risposta in appello (cfr. p. 26 del ricorso per cassazione, nonché p. 22 ove è riportata la sentenza del Tribunale nel diverso senso di cui si è detto), su cui invece la Corte d’appello aveva omesso ogni esame;
  • che, posto che i vizi erano stati scoperti in data 4 maggio 2007, la denuncia era nel rispetto del termine di cui all’art. 1669 c.c., (annuale e non di sessanta giorni, a differenza di quello ex art. 1667 c.c.) cui la fattispecie è riconducibile, al di là della valutazione perplessa della Corte d’appello che, comunque, aveva inquadrato nell’art. 1667 c.c. i vizi in questione (cfr. pp. 26 e 22 cit.).

2. Il motivo è fondato in entrambe le sue formulazioni.

2.1. Va anzitutto affermato che, dalla lettura della sentenza impugnata, si evince che —  pur se con una espressione incongrua che a prima vista potrebbe far dedurre che la Corte d’appello, con motivazione perplessa, non abbia qualificato la fattispecie contrattuale tra contratto d’opera e di appalto —  la qualificazione sia stata comunque effettuata, posto che, anche alla luce della sentenza di primo grado, la Corte —  condividendo l’approccio del primo giudice — ha ritenuto che l’“ipotesi che più propriamente apparirebbe comprendere i fatti di causa” è quella dell’appalto (cfr. p. 12 della sentenza).

2.2. Fermo tale accertamento non investito da censura in sede di legittimità, sussiste invece anzitutto, in via conseguenziale rispetto all’accertamento in fatto, la dedotta violazione dell’art. 1669 c.c., avendo la Corte d’appello — ­con la sintetica espressione anzidetta —  sussunto la fattispecie concreta tra i vizi di cui all’art. 1667 c.c. (allo stesso tempo, come si dirà, implicitamente parificando i termini di denuncia ivi previsti e omettendo di esaminare quale denuncia il fatto storico della notifica dell’atto di opposizione), trattandosi invece di difetti costruttivi incidenti (come ritenuto nella sentenza del Tribunale) sulla funzionalità dell’immobile (scorretta sopraelevazione dei pilastri, instabilità delle teste di camino sul tetto, non perfetta aderenza delle travi di colmo e non corretto appoggio della copertura sulle travi) e, quindi, tali da imporre alla Corte di merito di valutare la loro sussunzione nella fattispecie dell’art. 1669 c.c., in una corretta visione della “concorrenza delle garanzie” in tema di appalto.

2.3. In tal senso, va data continuità al principio giurisprudenziale per cui, nell’esercizio del potere d’interpretazione e qualificazione della domanda, il giudice non è condizionato dalla formula adottata dalla parte (nel caso di specie, peraltro, avendo la parte dedotto anche esplicitamente l’applicabilità dell’art. 1669 c.c.), dovendo tenere conto piuttosto del contenuto sostanziale della pretesa desumibile dalla situazione dedotta in causa e del provvedimento chiesto in concreto, senza altri limiti che quello di rispettare il principio della corrispondenza della pronuncia alla richiesta. In tal senso, di fronte alla domanda con la quale venga chiesta la condanna dell’appaltatore a risarcire o eliminare i vizi dell’opera, allorchè a suo fondamento siano dedotti difetti della costruzione così gravi da incidere sugli elementi essenziali dell’opera stessa, influendo sulla sua durata e compromettendone la conservazione, il giudice è sempre tenuto ove le circostanze lo richiedano (come ad es. di fronte a denuncia tardiva ex art. 1667 c.c., ma tempestiva ex art. 1669 c.c., o anche per garantire la durata ragionevole del processo prescindendo dall’istruttoria in tema di rispetto del termine ex art. 1667 c.c., ove sia incontestato il rispetto del termine ex art. 1669 c.c.) — a qualificare la domanda, in via alternativa o concorrente, di risarcimento in forma generica o specifica da responsabilità extracontrattuale ex art. 1669 c.c., rispetto alle corrispondenti richieste di adempimento contrattuale o riduzione del prezzo e risoluzione ex art. 1667 c.c..

Il principio per cui, in tema di appalto, il giudice può qualificare la domanda proposta ricollegandola all’art. 1669 c.c., invece che considerarla quale richiesta di adempimento contrattuale ex art. 1667 c.c., allorchè a suo fondamento siano dedotti difetti della costruzione così gravi da incidere sugli elementi essenziali dell’opera stessa, asseverato dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 7537 del 20/04/2004 e n. 7080 del 22/06/1995), è coerente con la ratio di rafforzamento della tutela del committente sottesa alla stessa introduzione nell’ordinamento dell’art. 1669 c.c., in aggiunta all’art. 1667 c.c. (c.d. “concorrenza delle garanzie”). Tale concorrenza è anch’essa sottolineata dalla giurisprudenza di questa Corte che ha osservato come, pur nella diversità della natura giuridica delle responsabilità rispettivamente disciplinate dalle anzidette norme (l’art. 1669 c.c., quella extracontrattuale, l’art. 1667 c.c., quella contrattuale), le relative fattispecie si configurino l’una (l’art. 1669 c.c.) come sottospecie dell’altra (art. 1667 c.c.), perchè i “gravi difetti” dell’opera si traducono inevitabilmente in “vizi” della medesima, sicché la presenza di elementi costitutivi della prima implica necessariamente la sussistenza di quelli della seconda, continuando ad applicarsi la norma generale anche in presenza dei presupposti di operatività di quella speciale (cfr. ad es., Cass. n. 815 del 19/01/2016 e n. 3702 del 15/02/2011).

L’approdo è dunque nel senso che non sussiste incompatibilità tra gli artt. 1667 e 1669 c.c., con concorso dei relativi rimedi secondo precisazioni che la giurisprudenza ha avuto modo di effettuare.

2.4. Se, dunque, laddove sussistano i presupposti per la “concorrenza delle garanzie” anzidetta in tema d’appalto, il giudice —  nell’ottica di garantire un rimedio effettivo —  deve porsi il problema della qualificazione che meglio si adatti alla tutela stessa, risulta evidente che, nel caso di specie, denegando il sussistere di denuncia nei 60 gg. di cui all’art. 1667 c.c., la Corte d’appello non poteva esimersi, a pena di violazione dell’art. 1669 c.c. in cui la fattispecie concreta appare allo stesso tempo riconducibile, dal tenere conto, nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda non condizionato dalla formula eventualmente adottata dalla parte (o dal primo giudice) ex art. 1667 c.c. (ciò che nel caso di specie, come detto, non rileva, avendo sia la parte ricorrente sia il Tribunale ravvisato la responsabilità ex art. 1669 c.c.), del contenuto sostanziale della pretesa desumibile dalla situazione dedotta in causa, esaminando la sua riconducibilità anche nell’ambito della garanzia per responsabilità ex art. 1669 c.c., medesimo (v. Cass. nn. 7080/1995 e 7537/2004 cit.), per la quale il termine di denuncia è quello annuale.

2.5. Tanto appare ancor più necessario in quanto, all’esito di un ripensamento rispetto a precedenti orientamenti, questa Corte — anche a Sezioni Unite —  ha recentemente chiarito la portata applicativa dell’art. 1669 c.c., affermando che sono gravi difetti dell’opera, rilevanti ai fini della norma citata, anche quelli che riguardino elementi secondari e accessori (come impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi, ecc.), purché tali da comprometterne la funzionalità globale e la normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest’ultimo (Cass., Sez. Un., 27 marzo 2017, n. 7756 e Cass. 24 aprile 2018, n. 10048).

2.6. Sussiste anche il denunciato omesso esame. Posto infatti che, alla luce del vizio precedentemente rilevato (per cui non emerge come effettuata dalla Corte d’appello una corretta sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta ex art. 1669 c.c., in concorrenza con quella ex art. 1667 c.c.), la Corte di merito avrebbe dovuto porsi il problema della decorrenza del termine di decadenza annuale, non emerge parimenti la considerazione da parte di detti giudici del fatto storico —  oggetto di discussione tra le parti e decisivo, tanto da essere evidenziato negli atti di causa e già valutato dal giudice di primo grado —  della notifica dell’atto di opposizione, pacificamente idoneo secondo la giurisprudenza a valere quale denuncia di vizi. Invero, nello stabilire, ai fini della tempestività della denuncia, se l’odierna parte ricorrente avesse rispettato il termine decadenziale, la Corte di merito —  forse per svista equiparando (in maniera inespressa) i termini ex art. 1667 c.c., e art. 1669 c.c., si è arrestata a considerare, tra i fatti storici rilevanti, la consegna della relazione peritale, senza tenere minimamente conto della notifica dell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, avvenuta in data 14 gennaio 2018 e pertanto entro il termine di un anno dalla scoperta dei vizi.

3. Vanno dunque accolte entrambe le censure contenute nel motivo di ricorso, con cassazione della sentenza impugnata in relazione allo stesso e rinvio alla Corte d’appello di Torino in diversa sezione, che procederà a rinnovato esame e applicherà i principi di diritto indicati, altresì provvedendo a governare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa sezione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

[Omissis].

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