Cassazione Civile, Sez. Un.,27 aprile 2018, n. 10266

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FATTI DI CAUSA

Con il primo ricorso, notificato il 27 giugno 2016, la Soc. UniCredit, difesa dall’avv. […] giusta procura generale del 18 ottobre 2010, ricorre per la cassazione della sentenza con la quale, il 26 aprile 2016, il Tribunale di Palermo ha confermato l’ordinanza del giudice dell’esecuzione di rigetto dell’opposizione contro il provvedimento di accoglimento della contestazione del credito proposta dai creditori procedenti nel procedimento di espropriazione presso terzi promosso nei confronti del Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Palermo. Il Consorzio non svolge attività difensiva, mentre gli altri intimati resistono con controricorsi del 22 e del 25 luglio 2016, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per carenza di procura speciale in capo al difensore.

Sennonché con il secondo ricorso, notificato il 19 settembre 2016, la banca, sempre difesa dall’avv. […], in forza della ridetta procura generale menzionata in atto e di diversa e allegata procura speciale, reitera l’impugnazione avverso la medesima sentenza. Gli intimati, già controricorrenti, resistono con nuovi controricorsi del 19 e del 26 ottobre 2016, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del secondo ricorso per tardiva reiterazione dell’impugnazione.

Formulata proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la ricorrente deposita memoria, con la quale, tra l’altro, solleva questione circa la ritualità della notifica del controricorso di […], siccome avvenuta con allegazione al messaggio di PEC di tre files con estensione “.pdf” e non “.p7m” e quindi da ritenersi privi di firma digitale; nell’occasione ribadisce pure la ritualità della procura allegata al secondo ricorso, siccome appunto sottoscritta digitalmente con estensione “.p7m”.

All’esito, con ordinanza interlocutoria (Cass., 31 agosto 2017, n. 20672), la sez. 6-3 investe le Sezioni Unite della quaestio juris relativa alla scelta tra l’alternativa PAdES, opzionata da uno dei controricorrenti, o CAdES della modalità strutturale dell’atto del processo in forma di documento informatico e firmato da notificare direttamente dall’avvocato, circa la configurabilità o meno, al riguardo, ed in particolare, quando l’atto da notificare comprende anche la procura speciale indispensabile per la ritualità del ricorso o del controricorso in sede di legittimità, di una prescrizione sulla forma dell’atto indispensabile al raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. su 1.156 c.p.c., comma 3, posta a pena di nullità, nonché, nella stessa fattispecie, sull’applicabilità del principio di sanatoria dell’atto nullo in caso di raggiungimento dello scopo.

Indi, la causa perviene all’odierna udienza pubblica, in vista della quale la sola difesa di […] deposita memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. 1. Entrambi i ricorsi sono inammissibili.

1.1 Il primo ricorso, notificato il 27 giugno 2016, è riconducibile all’opera di difensore privo di procura speciale. Non vale, infatti, la procura generale rilasciata il 29 ottobre 2010 per ricorrere, per di più, contro una sentenza del 2016. È noto, in proposito, che la procura per il ricorso in cassazione deve avere, ai sensi dell’art. 365 c.p.c., carattere speciale, dovendo riguardare il particolare giudizio di legittimità sulla base di una specifica valutazione della sentenza da impugnare. Essa è, dunque, invalida se rilasciata in data anteriore alla suddetta sentenza, con conseguente inammissibilità del proposto ricorso (Cass., 16 dicembre 2005, n. 27724). A maggior ragione è inammissibile il ricorso proposto in forza di procura di carattere generale conferita con atto notarile anteriormente alla sentenza impugnata e, come nella specie, priva di ogni riferimento alla sentenza impugnata e all’impugnazione da proporsi in cassazione (Cass., 14 agosto 1997, n. 7611; conf. 7 dicembre 2005, n. 27012). Trattasi di principi di diritto ampiamente consolidati (conf. Cass., 4 agosto 2000, n. 10235; 28. 8200; 11 settembre 2014, n. 19226; 7 gennaio 2016, n. 58), dai quali non v’è ragione di discostarsi e che, ora anche a sezioni unite, vanno ribaditi. Né vale invocare con la memoria l’esistenza di una e-mail con una sorta di ratifica della società cliente, che si pone del tutto al di fuori dalla fattispecie legale delineata dal codice di rito per il rilascio di una procura speciale.

1.2 Il secondo ricorso, pur sorretto da nuova procura speciale riferita alla sentenza impugnata e al ricorso da proporsi in cassazione, risulta notificato solo il 19 settembre 2016, ovverosia dopo il decorso del termine breve dalla prima notificazione, sebbene relativa a ricorso inammissibile. La notifica dell’impugnazione dimostra, infatti, la conoscenza legale della sentenza da parte dell’impugnante. Sicché la notifica da parte sua di una nuova impugnazione, anteriore alla declaratoria di inammissibilità o improcedibilità della prima, deve risultare tempestiva in relazione al termine breve, decorrente dalla data della prima impugnazione (Cass., Sez. U., 13 giugno 2016, n. 12084; conf. Cass., 19 ottobre 2016, n. 21145). Nella specie il termine breve per ricorrere non è soggetto, atteso l’oggetto della vertenza, alla sospensione feriale e, quindi, è scaduto il sessantesimo giorno dal 27 giugno 2016, ovverosia venerdì 26 agosto 2016. Sul punto, va ribadito, ora a sezioni unite, che la sospensione dei termini processuali in periodo feriale indicata dalla L 7 ottobre 1969, n. 742, non si applica ai procedimenti di opposizione all’esecuzione, come stabilito dal r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 92, a quelli di opposizione agli atti esecutivi e di opposizione di terzo all’esecuzione, di cui agli artt. 615,617 e 619 c.p.c., e a quelli di accertamento dell’obbligo del terzo di cui all’art. 548 c.p.c., nonché ai giudizi sorti per contestare il diritto ad agire in executivis nelle forme di cui all’art. 612 c.p.c. e segg. (Cass., 18 settembre 2017, n. 2156.; 25 gennaio 2012, n. 1030).

1.3 Infine va esclusa l’operatività, nel giudizio di legittimità, del rimedio della sanatoria postuma del difetto di procura, introdotta con la novella del 2009 dell’art. 182 c.p.c.. La disposizione trova applicazione circoscritta al giudizio di merito, in difetto nel giudizio di legittimità di previsione analoga all’art. 359 c.p.c., per il giudizio di appello e in presenza, invece, di una disciplina peculiare che presidia in modo esaustivo e rigoroso (art. 365 c.p.c., art. 366 c.p.c., n. 5, art. 369 c.p.c., n. 3) l’attribuzione e l’anteriorità del potere di rappresentanza processuale davanti alla Corte di cassazione. Il che è coerente coi fondamentali principi di officiosità, celerità e massima concentrazione del giudizio di ultima istanza (Cass., 28 novembre 2017, n. 28449; 26 giugno 2017, n. 15895; 6 ottobre 2016, n. 20016; 26 novembre 2017, n. 27519). Inoltre, secondo la Corte EDU, il diritto di accedere al giudice di ultima istanza non è assoluto e, sulle condizioni di ricevibilità dei ricorsi, gli Stati hanno un sicuro margine di apprezzamento, potendo prevedere restrizioni a seconda del ruolo svolto dai vari organi giurisdizionali e dell’insieme delle regole che governano il processo (Corte EDU, 15 settembre 2016, Trevisanato c. Italia; conf. Cass., Sez. U., 27 dicembre 2017, n. 30996, p. 2.3).

  1. 2. Orbene, agli unici fini di regolare le spese nei rapporti tra la banca ricorrente e uno solo dei controricorrenti […] è necessario delibare l’eccezione difensiva della banca ricorrente circa l’asserita violazione delle disposizioni tecniche sui modi degli “atti del processo in forma di documento informatico”.

2.1 Premesso che il formato dell’atto del processo quale documento informatico è regolato da provvedimento ministeriale (art. 12, provv. 28/12/2015) nel senso che la struttura del documento firmato è PAdES o CAdES e che, nel caso del formato CAdES, il file generato si presenta con un’unica estensione “.p7m”, secondo il Collegio rimettente risulterebbe sempre indispensabile l’estensione “.p7m” a garanzia unica dell’autenticità del file, cioè dell’apposizione della firma digitale al file in cui il documento informatico originale è stato formato, solo per il secondo caso, in cui cioè il documento informatico originale è creato in formato diverso da quello “.pdf”. Ciò sarebbe corroborato dal rilievo che la notifica insieme all’atto del processo in forma di documento informatico di un allegato è consentita se questo è in formato “.pdf”, ma, se il secondo fosse firmato digitalmente, dovrebbe quest’ultimo appunto recare sempre l’estensione “.p7m”, a garanzia della sua autenticità (art. 12, comma 2 e art. 13, lett. a), provv. 28 dicembre 2015).

2.2 In altre parole, prosegue il Collegio rimettente, “parrebbe dirsi che con l’imposizione dell’elaborazione del file in documento informatico con estensione “.p7m” il normatore tecnico abbia inteso offrire la massima garanzia possibile, allo stato, di conformità del documento, non creato ab origine in formato informatico ma articolato anche su di una parte o componente istituzionalmente non informatica, quale la procura a firma analogica su supporto tradizionale, al suo originale composito, incorporando appunto i due documenti in modo inscindibile e, per quel che rileva ai fini processuali e soprattutto — se non altro con riferimento alla presente fattispecie — della regolare costituzione nel giudizio di legittimità (per la quale è da sempre stata considerata quale presupposto indispensabile la ritualità della procura speciale), con assicurazione di genuinità ed autenticità di entrambi in quanto costituenti un unicum.

2.3 Di contro, aggiunge il Collegio rimettente, “diversa […] valenza dovrebbe avere poi il potere di autenticazione riconosciuto in via generale dalla normativa primaria all’avvocato notificante, che dovrebbe riguardare appunto la conformità degli atti già ritualmente formati ai loro rispettivi originali, ma non parrebbe riferito anche all’intrinseca o strutturale regolarità almeno della procura speciale indispensabile per il ricorso o per il controricorso in Cassazione e, verosimilmente, per la firma in calce a questi ultimi due atti in quanto tali: riguardo ai quali le formalità previste dalle norme tecniche specifiche potrebbero porsi come indispensabili presupposti od elementi di esistenza stessa di un atto riferibile a colui che vi figura essere il suo autore”.

2.4 In tale prospettiva, conclude il Collegio rimettente, non dovrebbero poter giovare i precedenti delle Sezioni Unite e delle sezioni semplici, laddove sono riferiti, ad esempio, al documento nativo analogico, notificato in via telematica con estensione “.doc” anziché “.pdf”, ovvero ad un atto trasmesso mediante file con estensione “.p7m” dedotto come illeggibile ma comunque decifrato, ovvero riguardanti il principio generale dell’insussistenza di un diritto all’astratta regolarità del processo, “visto che l’intrinseca esistenza dell’atto e della procura attiene ad elementi talmente coessenziali dell’uno e dell’altro ai fini di una valida instaurazione del rapporto processuale dinanzi al giudice di legittimità da suggerirne come indispensabile la verifica ufficiosa”.

Tanto premesso, va chiarito in punto di fatto che entrambi i controricorsi […] e i relativi allegati sono corredati da attestazioni da parte del difensore circa la conformità delle copie cartacee depositate in cancelleria ai rispettivi documenti informatici notificati con PEC il 22 luglio e il 19 ottobre 2016 (L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 9, comma 1-bis; art. 23, comma 1, cod. amm. digitale). Infatti, il processo telematico non è stato (ancora) esteso dal legislatore al giudizio di cassazione, che resta, tuttora, un processo essenzialmente analogico (con la sola eccezione delle comunicazioni e notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili, secondo quanto previsto dal D.M. 19 gennaio 2016, emesso ai sensi del D.L. 18 ottobre 2012, art. 16, comma 10). Ciò, comportando la necessità di estrarre copie analogiche (cioè cartacee) degli atti digitali, ha fatto sì che il legislatore abbia espressamente disciplinato la materia, mediante anche il combinato disposto della L 21 gennaio 1994, n. 53, artt. 3,3-bis, 6 e 9, e dell’art. 23, comma 1, cod. amm. digitale. Sicché l’avvocato, in qualità di pubblico ufficiale, ha il potere di attestare la conformità agli originali digitali delle copie del messaggio di posta elettronica certificata inviato all’avvocato di controparte, delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, nonchè degli atti allegati, compresivi dalla relazione di notificazione. Trattasi di principi di diritto, recentemente enunciati dal Collegio previsto dal p. 41.2 delle tabelle della Corte (Cass., Sez.6, ad. plen. 16 ottobre 2017 – dep. 22 dicembre 2017, n. 30765 e n. 30918), dai quali non v’è ragione di discostarsi e che, ora anche a sezioni unite, vanno ribaditi. Dunque, sotto tale profilo i controricorsi depositati in cancelleria danno ogni garanzia di conformità ai corrispondenti documenti digitali.

3.1 Dall’esame degli atti risulta, inoltre, che riguardo al primo controricorso la procura speciale e la relazione di notifica recano la stampigliatura “firmato digitalmente da […]”, cioè dal difensore di […], col consueto simbolo a forma di “sigillo”. Il rapporto della PEC contiene l’oggetto (notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994) e gli estremi identificativi di tre allegati: Controricorso Cassazione Z.-Unicredit-signed.pdf; Procura Speciale G.-signed.pdf; Relata-signed.pdf.

3.2 Sempre dall’esame degli atti risulta, infine, che riguardo al secondo controricorso la nuova procura speciale e la ulteriore relazione di notifica recano la stampigliatura “firmato digitalmente da […]”, cioè dal difensore di […] col consueto simbolo a forma di “sigillo”. Il rapporto della PEC contiene l’oggetto (notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994) e gli estremi identificativi di tre allegati: Controricorso Cassazione (II) Z.-Unicredit-signed.pdf; Procura Speciale 29 09 2016-signed.pdf; Relata-signed.pdf.

3.3 Il suffisso signed.pdf denota la “firma PDF”, laddove l’acronimo individua il Portable Document Format, sviluppato da Adobe Systems a partire dal 1993.

La Decisione di esecuzione (UE) 2015/1506 della Commissione dell’8 settembre 2015 stabilisce le specifiche relative ai formati delle firme elettroniche avanzate e dei sigilli avanzati che gli organismi del settore pubblico devono riconoscere, di cui all’art. 27, p. 5, e all’art. 37, p. 5, del Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno. L’art. 1 stabilisce che “Gli Stati membri che richiedono una firma elettronica avanzata o una firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato, […] riconoscono la firma elettronica avanzata XML, CMS o PDF”. L’allegato alla decisione, nel fissare “l’elenco delle specifiche tecniche per le firme elettroniche avanzate XML, CMS o PDF”, stabilisce che “Le firme elettroniche avanzate di cui all’articolo 1 della decisione devono rispettare una delle seguenti specifiche tecniche ETSI, […] Profilo di base XAdES (…). Profilo di base CAdES (…). Profilo di base PAdES”.

4.1 Il considerando (2) della medesima decisione chiarisce che il Regolamento (UE) n. 910/2014 obbliga gli Stati membri, che richiedono una firma elettronica avanzata, a riconoscere le firme elettroniche avanzate, aventi formati convalidati conformemente a specifici metodi di riferimento, atteso che, in base al considerando (6), “Le firme elettroniche avanzate e i sigilli elettronici avanzati sono simili dal punto di vista tecnico”, laddove, in base al considerando (4), “La definizione di formati di riferimento è intesa a facilitare la convalida transfrontaliera delle firme elettroniche e a migliorare l’interoperabilità transfrontaliera delle procedure elettroniche”. Si tratta di approdi che, in larga misura erano stati già raggiunti, dalla precedente Decisione della Commissione UE del 25 febbraio 2011 (art. 1; All. Sez. 2-3).

4.2 Ne deriva che, secondo il diritto dell’UE, le firme digitali di tipo CAdES, ovverosia CMS (Cryptographic Message Syntax) Advanced Electronic Signatures, oppure di tipo PAdES, ovverosia PDF (Portable Document Format) Advanced Electronic Signature, che qui interessano, sono equivalenti e devono essere riconosciute e convalidate dai Paesi membri, senza eccezione alcuna. In altri termini, al fine di garantire una disciplina uniforme della firma digitale nell’UE, sono stati adottati degli standards Europei mediante il c.d. regolamento eIDAS (electronic IDentification, Authentication and trust Services, ovverosia il Reg. UE, n. 910/2014, cit.) e la consequenziale decisione esecutiva (Comm. UE, 2015/1506, cit.), che impongono agli Stati membri di riconoscere le firme digitali apposte secondo determinati standards tra i quali figurano sia quello CAdES sia quello PAdES (Cons. Stato, Sez. 3, 27 novembre 2017, n. 5504).

Passando alla realtà nazionale, secondo i documenti ufficiali dell’Agenzia per l’Italia Digitale (Presidenza del Consiglio dei Ministri), la firma digitale è il risultato di una procedura informatica — detta validazione — che garantisce l’autenticità e l’integrità di documenti informatici. Essa conferisce al documento informatico le peculiari caratteristiche di:

  1. a) autenticità (perchè garantisce l’identità digitale del sottoscrittore del documento);
  2. b) integrità (perchè assicura che il documento non sia stato modificato dopo la sottoscrizione);
  3. c) non ripudio (perchè attribuisce validità legale al documento).

La stessa Agenzia precisa che la firma digitale in formato CAdES dà luogo un file con estensione finale “.p7m” e può essere apposta a qualsiasi tipo di file, ma per visualizzare il documento oggetto della sottoscrizione è necessario utilizzare un’applicazione specifica. Invece, la firma digitale in formato PAdES, più nota come “firma PDF”, è un file con normale estensione

“.pdf’“, leggibile con i comuni readers disponibili per questo formato; inoltre prevede diverse modalità per l’apposizione della firma, a seconda che il documento sia stato predisposto o meno ad accogliere le firme previste ed eventuali ulteriori informazioni, il che rende sì il documento più facilmente fruibile, ma consente di firmare solo documenti di tipo PDF. Dunque, anche l’Agenzia certifica la piena equivalenza, riconosciuta a livello Europeo, delle firme digitali nei formati CAdES e PAdES.

5.1 In realtà, sin dal 2006 il CNIPA (Centro nazionale per l’informatica nella Pubblica amministrazione), organismo all’epoca competente, e la società titolare del marchio (Adobe Systems) fu sottoscritto un protocollo, che riconobbe il formato PDF valido per la firma digitale, così come definita dal Codice dell’amministrazione digitale e in conformità alla Delib. CNIPA/4/2005.

5.2 Riguardo al processo civile, l’art. 12 del decreto dirigenziale del 16 aprile 2014 (contenente le Specifiche tecniche previste dal D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, art. 34), stabilisce, al primo comma, che “L’atto del processo in forma di documento informatico, da depositare telematicamente all’ufficio giudiziario, rispetta i seguenti requisiti:

  1. a) è in formato PDF;
  2. b) è privo di elementi attivi;
  3. c) è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini;
  4. d) è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata esterna secondo la struttura riportata ai commi seguenti;
  5. e) è corredato da un file in formato XML, che contiene le informazioni strutturate nonché tutte le informazioni della nota di iscrizione a ruolo, e che rispetta gli XSD riportati nell’Allegato 5; esso è denominato DatiAtto.xml ed è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata”. Indi, al secondo comma, precisa: “La struttura del documento firmato è PAdES-BES (o PAdES Part 3) o CAdES-BES; il certificato di firma è inserito nella busta crittografica; è fatto divieto di inserire nella busta crittografica le informazioni di revoca riguardanti il certificato del firmatario. La modalità di apposizione della firma digitale o della firma elettronica qualificata è del tipo “firme multiple indipendenti” o “parallele”, e prevede che uno o più soggetti firmino, ognuno con la propria chiave privata, lo stesso documento (o contenuto della busta). L’ordine di apposizione delle firme dei firmatari non è significativo e un’alterazione dell’ordinamento delle firme non pregiudica la validità della busta crittografica; nel caso del formato CAdES il file generato si presenta con un’unica estensione p7m. II meccanismo qui descritto è valido sia per l’apposizione di una firma singola che per l’apposizione di firme multiple”.

5.3 Dunque, secondo la normativa nazionale, la struttura del documento firmato può essere indifferentemente PAdES o CAdES. Il certificato di firma è inserito nella busta crittografica, che è pacificamente presente in entrambi gli standards abilitati (vvvvvv.agid.gov.it/sites/defaultifiles/linee guida/firme multiple.pdf) a mente dell’art. 1, lett. y) – z), del decreto dirigenziale del 16 aprile 2014. Solo nel caso del formato CAdES l’art. 12 è, ovviamente, tenuto a precisare che il file generato si presenta denominato coll’estensione finale “.p7m”, detta anche suffisso, ovverosia “nomefile.pdf.p7m”. Nel caso del formato PAdES, invece, l’art. 12 non dà alcuna indicazione, perché tecnicamente il file sottoscritto digitalmente secondo tale standard mantiene il comune aspetto “nomefile.pdf”, che è solo apparentemente indistinguibile, poiché la busta crittografica generata con la firma PAdES contiene sempre il documento, le evidenze informatiche e i prescritti certificati. Il che offre tutte le garanzie e verifiche del caso, anche secondo il diritto Euro-unitario (http://vvvvvv.agid.gov.it/agenda-digitale/infrastrutture-architetture/firme-elettronicheisoftvvare-verifica).

5.4 Per completezza va precisato che il 27 gennaio 2018 è entrato in vigore il D.Lgs. 13 dicembre 2017, n. 217, che apporta alcune modifiche al codice dell’amministrazione digitale. In particolare precisa l’efficacia del documento informatico quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti che saranno fissati da Linee Guida dell’Agenzia per l’Italia Digitale con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore (art. 20, lett. a)). Peraltro, “restano ferme le disposizioni concernenti il deposito degli atti e dei documenti in via telematica secondo la normativa, anche regolamentare, in materia di processo telematico”. Il che, per quanto qui interessa, non muta, neppure in chiave prospettica e d’interpretazione storica, l’assetto normativo sopra delineato.

  1. 6. Tirando le fila sparse del discorso sin qui condotto, si deve escludere che le disposizioni tecniche tuttora vigenti (pure a livello di diritto dell’UE) comportino in via esclusiva l’uso della firma digitale in formato CAdES, rispetto alla firma digitale in formato PAdES. Né sono ravvisabili elementi obiettivi, in dottrina e prassi, per poter ritenere che solo la firma in formato CAdES offra garanzie di autenticità, laddove il diritto dell’UE e la normativa interna certificano l’equivalenza delle due firme digitali, egualmente ammesse dall’ordinamento sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf”. Addirittura, nel processo amministrativo telematico, per ragioni legate alla piattaforma interna, è stato adottato il solo standard PAdES (artt. 1, 5, 6, specifiche tecniche p.a.t., d.P.R. 16/02/2016, n. 40), mentre la giurisprudenza amministrativa riconosce la validità degli standards dell’UE tra i quali figurano, come già detto, sia quello CAdES, sia quello PAdES (Cons. Stato, n. 5504/2017, cit.).

Da ultimo va esaminato il profilo che più pare allarmare il Collegio rimettente, ovverosia quello della procura speciale al difensore del controricorrente […]. Come si è già detto, dall’esame degli atti risulta che entrambi i controricorsi sono sorretti da procure speciali, ciascuna in copia per immagine in formato PDF dell’originale cartaceo con firma analogica, che recano ognuna la stampigliatura “firmato digitalmente da […]”, cioè dal difensore, col consueto simbolo a forma di “sigillo”. I rapporti delle PEC delle due notifiche telematiche contengono gli estremi identificativi di allegati, che recano le denominazioni “Procura Speciale G.-signed.pdf” e “Procura Speciale 29 09 2016-signed.pdf”. Dunque, entrambe le procure sono controfirmate dal difensore con firma digitale in formato PAdES, con la consueta estensione “.pdf’.

7.1 Orbene, il terzo comma dell’art. 83 c.p.c., stabilisce: “La procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all’atto cui si riferisce, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica”. Il quinto comma del D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, art. 18, chiarisce: “La procura alle liti si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce quando è rilasciata su documento informatico separato allegato al messaggio di posta elettronica certificata mediante il quale l’atto è notificato. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche quando la procura alle liti è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine”. II secondo e il quarto comma dell’art. 19-bis del ridetto decreto dirigenziale (2014) precisano che i documenti informatici o copie informatiche, anche per immagine, di documenti analogici, allegati al messaggio di posta elettronica certificata, sono privi di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili, e sono consentiti in formato PDF, con firma digitale o firma elettronica qualificata, secondo quanto previsto dal secondo comma dell’art. 12, che, come si è visto (p.5.2 e p.5.3) sancisce la fungibilità tra firme con gli standards CAdES e PAdES.

7.2 La seconda procura speciale, rilasciata al difensore di […] il 29 settembre 2016, rispetta il consueto paradigma del documento redatto in formato analogico (cartaceo) che, sottoscritto da parte del cliente, nonché dall’avvocato difensore per conferma dell’autografia della sottoscrizione dell’assistito, è digitalizzato mediante scansione per immagine in formato PDF, il cui file viene ad essere ulteriormente firmato digitalmente dall’avvocato difensore.

7.3 La prima procura speciale, che invece è notarile, rispetta comunque il paradigma del documento che redatto e autenticato dal notaio in formato analogico (v. cartaceo prodotto anche in originale), è digitalizzato, mediante scansione per immagine in formato PDF, sempre dall’avvocato difensore, che provvede a firmare digitalmente la copia informatica per immagine (similmente a quanto si richiede per la procura speciale a lui direttamente rilasciata in formato analogico).

7.4 I files della scansione della procura per immagine in formato PDF: (a) se controfirmati dal difensore in formato CAdES, recano il suffisso “.p7m” che si aggiunge al nome del file secondo il consueto schema “nomefile.pdf.p7m”; (b) se controfirmati dal difensore in formato PAdES, non recano il suffisso “.p7m”, ma la sola estensione “.pdf”, secondo il normale schema “nomefile.pdf’, che, come si è detto (p.5.3), è solo apparentemente indistinguibile, ma la busta crittografica generata con la firma PAdES contiene sempre il documento, le evidenze informatiche e i prescritti certificati.

Peraltro, operando con la firma PAdES, il file firmato è salvato automaticamente con lo stesso nome del file originale, in disparte l’eventuale aggiunta del suffisso “-signed” e l’aspetto “nomefile-signed.pdf’, che, per mera comodità, identifica la presenza di una firma digitale, così come risulta, ad esempio nei casi in esame: “Procura Speciale G.-signed.pdf” e “Procura Speciale 29 092016-signed.pdf”.

In conclusione, anche riguardo alle procure speciali “non nativamente digitali”, nei controricorsi per la difesa di […] e nei relativi allegati, ritualmente prodotti in cassazione con apposita attestazione di conformità, non è dato rilevare alcuna violazione di norme di diritto interne e/o Euro – unitarie, laddove i rilievi del Collegio rimettente hanno riguardo a modalità di firma digitale, invece, egualmente ammesse dall’ordinamento, nazionale ed Euro-unitario, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf”.

8.1 Ciò comporta, ai fini dell’art. 374 c.p.c., l’enunciazione del seguente principio di diritto:

“Secondo il diritto dell’UE e le norme, anche tecniche, di diritto interno, le firme digitali di tipo CAdES e di tipo PAdES, sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf’, e devono, quindi, essere riconosciute valide ed efficaci, anche nel processo civile di cassazione, senza eccezione alcuna”.

8.2 Consequenzialmente, non essendo strettamente rilevante nella decisione della fattispecie in esame, resta assorbito ogni ulteriore rilievo, sollevato nell’ordinanza interlocutoria, circa l’operatività del principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo (art. 156 cod. proc. civ.) in caso d’ipotetica violazione di specifiche tecniche (es. Cass., Sez. U., 18 aprile 2016, n. 7665; conf. Cons. Stato, n. 5504/2017, cit.).

8.3 Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo a favore delle sole parti controricorrenti, con determinazione, però, di unico compenso per quelle parti aventi comune difesa (Cass., 29 novembre 2012, n. 21320).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per […] nel compenso di euro 6.000,00, nonchè per […] nell’unico compenso di euro 6.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

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