Cassazione civile, sezione II , ord., 18 aprile 2018, n. 9527

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FATTI DI CAUSA

Con citazione del 20 aprile 1988, […] ha convenuto in giudizio […] dinanzi al Tribunale di Taranto, assumendo di esser proprietaria di un fondo sito in […] a confine del quale il convenuto aveva in corso di realizzazione un edificio a distanza illegale.

Il Tribunale, con sentenza 1252 del 30 agosto 1999, ha ordinato l’arretramento della costruzione ed il risarcimento del danno. Avverso la sentenza ha proposto appello[…], contestando che la […] fosse proprietaria dell’immobile.

È intervenuta volontariamente in causa […], figlia dell’attrice e donataria del fondo attoreo, facendo proprie le domande proposte da […].

La Corte d’appello, con sentenza n. 13 del 27 gennaio 2003, ha ritenuto inammissibile l’intervento della […] e ha dichiarato il difetto di legittimazione attiva della […].

La decisione è stata cassata da questa Corte con sentenza n. 11420/2009, con declaratoria di ammissibilità dell’intervento spiegato in appello.

La causa è stata riassunta dinanzi al giudice di rinvio dalla […], con atto del 4 giugno 2010, chiedendo il rigetto dell’appello.

La Corte ha respinto l’impugnazione, confermando la sentenza di primo grado.

Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso […], formulando 4 motivi di censura, corredati da memorie.

[…].  ha depositato controricorso mentre […] non ha svolto attività difensive.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. 1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art 101 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo la nullità della notifica dell’atto di riassunzione in quanto inviato a via […] e non a via […] ove egli era all’epoca residente.

Il motivo è infondato.

Dall’esame degli atti processuali, che è consentito in relazione alla natura del vizio dedotto, risulta che […] ha ricevuto personalmente la notifica dell’atto di riassunzione del giudizio d’appello. Sicché detta notifica è valida, posto che ove essa sia effettuata ai sensi dell’art. 138 c.p.c., è irrilevante che la consegna del piego non sia avvenuta nei luoghi ove essa deve essere effettuata, prevalendo il fatto che l’atto sia stato comunque ricevuto dal destinatario (Cass. 30 gennaio 2006, n. 1887; Cass. 2 marzo 2000, n. 2323).

  1. 2. Con il secondo motivo si censura la violazione degli artt. 101 e 292 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sull’assunto che la comparsa di intervento del terzo doveva esser notificata personalmente al contumace. Si assume che, in difetto di notifica, la sentenza di secondo grado è affetta da nullità.

Il motivo è infondato.

La violazione dell’art. 292 c.p.c., secondo cui le comparse contenenti domande nuove devono essere notificate al contumace, sebbene trovi applicazione anche alle comparse di intervento, non è rilevabile d’ufficio, nemmeno quando il contumace sia litisconsorte necessario rispetto a tale domanda, trattandosi di un obbligo stabilito nell’interesse esclusivo dell’interessato (Cass. 20 giugno 2008, n. 16958). Compete a quest’ultimo eccepire la suddetta violazione processuale all’atto della sua costituzione in giudizio o mediante l’impugnazione della sentenza che abbia pronunziato sul merito della domanda nuova non notificata (Cass. 27 ottobre 2003, n. 16101; Cass. 17 gennaio 2001, n. 574; Cass. 28 agosto 1997, n. 8160).

Di conseguenza, a prescindere da ogni altro rilievo circa l’effettiva necessità della notifica, in relazione all’assunta novità della domanda spiegata con l’atto di intervento, resta il fatto che, non risultando proposta dal […] impugnazione incidentale avverso la sentenza d’appello poi cassata da questa Corte, la censura non era più proponibile nel giudizio di rinvio e — a fortiori — neppure nel presente grado di legittimità.

  1. 3. Con il terzo motivo si censura la violazione dell’art. 394 c.p.c., comma 1, artt. 112, 324 e 344 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Sostiene il ricorrente che la Corte avrebbe dovuto tener conto che […][…], che era parte intervenuta ed avrebbe quindi dovuto pronunciare sulla domanda proposta da quest’ultima e non accogliere invece quella proposta dalla, posto che la statuizione del secondo grado relativa al difetto di titolarità del bene in capo a quest’ultima non era stata motivo di ricorso per cassazione e quindi era passata in cosa giudicata; parimenti, ha errato la Corte nel riconoscere il risarcimento in favore della [.].

Il motivo è parzialmente fondato.

La lettura della decisione evidenzia che la Corte di rinvio ha espressamente ritenuto che la domanda proposta dalla […] era stata fatta propria dalla […] e, nel respingere l’appello del […], ha ordinato la riduzione in pristino ed il risarcimento del danno in favore della parte intervenuta, accogliendo quindi la domanda proposta da quest’ultima e non quella introdotta in primo grado dalla […].

Non sussiste, quindi, alcun vizio della pronuncia che è conforme a quanto richiesto con la comparsa di intervento in appello, ritenuto ammissibile da questa Corte, con statuizione su cui si era ormai formato il giudicato.

Quanto al fatto che la […] non avesse proposto o fatto propria la domanda di risarcimento, dalla comparsa di intervento in appello, cui questa Corte può accedere in relazione alla natura processuale del vizio denunciato, si evince che effettivamente la resistente aveva proposto — nella suddetta comparsa — in modo esplicito e specifico la sola domanda di riduzione in pristino.

La stessa conclusione si trae dall’esame della sentenza n. 11420/2009 di questa Corte (ove viene sintetizzato il contenuto della comparsa di intervento).

Né assume rilievo che la […] avesse richiesto la conferma “nel resto”. Infatti, neppure il primo giudice aveva emesso una condanna risarcitoria (cfr. sentenza impugnata, pag. 4).

Di conseguenza il giudice del rinvio, nel condannare il […] al risarcimento del danno in favore della., ha violato l’art. 112 c.p.c., poiché quest’ultima non aveva proposto l’azione risarcitoria neppure per la sola condanna generica.

La decisione va, pertanto, cassata senza rinvio, relativamente a tale capo di pronuncia, che va eliminato ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non richiedendosi ulteriori accertamenti.

  1. 4. Con l’ultimo motivo si censura la decisione per violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non avendo la Corte distrettuale considerato che le parti avevano perfezionato una transazione che autorizzava il ricorrente a costruire a distanza inferiore a mt. 5.

Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente invoca una transazione perfezionata nel 1988, quindi prima del giudizio, con la quale sarebbe stato autorizzato a costruire a distanza inferiore a cinque metri dal confine, ma non ha indicato in quale atto del processo di merito ne abbia dedotto la sussistenza né in quale grado e fase detta circostanza sia stata oggetto di dibattito processuale.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (cfr., per tutte, Cass. Sez. Un., 8 aprile 2014, n. 8053).

In conclusione, sono respinti il primo, il secondo e il quarto motivo, mentre è accolto, per quanto di ragione, il terzo motivo, con cassazione senza rinvio della sentenza relativamente al capo di pronuncia sul risarcimento del danno.

Le spese di giudizio di rinvio e quelle del presente grado di legittimità sono compensate, attesa la soccombenza reciproca delle parti in ragione dell’accoglimento della domanda di riduzione in pristino e del rigetto di quella di risarcimento del danno.

P.Q.M.

rigetta il primo, il secondo ed il quarto motivo, accoglie, per quanto di ragione, il terzo, e, decidendo nel merito, cassa senza rinvio la decisione impugnata relativamente al capo di condanna al risarcimento del danno, che si elimina, e compensa le spese del giudizio di rinvio e quelle del presente grado di legittimità.

[Omissis].

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