Cassazione Civile, Sezione II, 20 marzo 2017, n. 7093

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RITENUTO IN FATTO

  1. 1. – […] convenne in giudizio […], chiedendo – per quanto in questa sede ancora rileva – che venisse dichiarata la nullità per simulazione del contratto col quale la defunta […] (madre dell’attrice e dei convenuti […]) ebbe a vendere alla nipote […] (figlia del fratello […]) la proprietà di un appartamento sito in […]; chiese ancora che venisse dichiarato che l’immobile di cui al detto atto di compravendita ricadeva nell’asse ereditario di […] ed era, quindi, di proprietà dei suoi figli, in quanto suoi eredi.
  2. 2. – Nella resistenza di […] (padre della medesima), il Tribunale di Roma rigettò le domande attrici, che però, in accoglimento del gravame proposto da […], furono accolte dalla Corte di Appello di Roma.
  3. 3. – Per la cassazione della sentenza di appello ricorre […] sulla base di due motivi. Resiste con controricorso […].

Le altre parti, ritualmente intimate, non hanno svolto attività difensiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- La ricorrente formula le seguenti censure:

1) violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., co. 1, nn. 3 e 5), per avere la Corte di Appello fondato la propria decisione su testimonianze e presunzioni in violazione dei limiti previsti dalla legge ai fini della prova dell’accordo simulatorio;

2) violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nullità della sentenza e vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5), per avere la Corte di Appello omesso di dichiarare l’inammissibilità e/o la nullità della prova per testi assunta e delle presunzioni ai fini della prova dell’accordo simulatorio.

  1. 2. – Le censure non possono trovare accoglimento per le ragioni che seguono.

Va innanzitutto rilevato come la Corte di Appello abbia esattamente ritenuto che l’attrice, essendo erede della venditrice e non avendo esercitato l’azione di riduzione, deve considerarsi parte contraente e soggiace, perciò, alle limitazioni probatorie previste dagli artt. 2722 e 2729 c.c. Questa Corte ha infatti costantemente affermato che il legittimario che impugni per simulazione un atto compiuto dal de cuius ha veste di terzo e può, quindi, avvalersi della prova testimoniale senza limiti solo quando agisca per la reintegrazione della quota a lui riservata, mentre soggiace alle limitazioni probatorie imposte alle parti quando l’impugnazione sia proposta dallo stesso anche come erede e tenda anche al ripristino della quota di riserva [n.d.a.] ( Cass. civ., sez. II, 22-09-2014, n. 19912).

In altre parole, pur non richiedendo l’accordo simulatorio una data forma, quando il contratto è stato concluso per iscritto, il divieto posto dagli artt. 2722 e 2729 c.c. di provare per testi e per presunzioni l’esistenza di patti – anteriori o contemporanei – contrari al contenuto del documento determina l’onere delle parti di provare la simulazione mediante apposita controscrittura (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 12487 del 28/05/2007); essendo consentita alle parti la prova senza limiti della simulazione nel solo caso in cui l’azione sia diretta ad accertare la illiceità del contratto dissimulato (art. 1417 c.c.).

Ciò posto, va tuttavia rilevato che la Corte territoriale, disattendendo la premessa giuridica da essa stessa posta, ha ritenuto di trarre la prova dell’accordo simulatorio, intervenuto – secondo la prospettazione attorea – tra […] e […] dalle risultanze dell’assegno circolare utilizzato per il pagamento del prezzo e dalla documentazione bancaria acquisita, nonché dalla testimonianza di […].

In particolare, l’assegno circolare utilizzato per il pagamento del prezzo indicato nell’atto ( 40 milioni di Lire) risulta essere stato emesso su richiesta e con denaro di […], zia di […], in favore di quest’ultima; risulta poi essere stato girato da […] in favore della nonna […] (venditrice), ma non risulta essere incassato dalla […]. Infatti la […] ha girato a sua volta il detto assegno circolare – ricevuto dalla nipote – a […] (che ne aveva chiesto l’emissione), la quale lo ha incassato riversando il denaro sul proprio libretto di risparmio.

Dalla deposizione resa da […]è risultata poi l’assenza di una attendibile ragione giustificatrice della restituzione, alla […], della somma che la […] aveva ricevuto quale controprestazione per l’alienazione dell’immobile alla nipote.

Da questi elementi probatori la Corte di Roma ha dedotto che il prezzo non fosse stato effettivamente pagato e che il contratto di vendita era simulato.

Ora, è evidente che – stante il richiamato divieto di cui agli artt. 2722 e 2729 c.c. – la Corte territoriale non avrebbe potuto utilizzare la prova testimoniale ai fini dell’accertamento dell’accordo simulatorio e neppure avrebbe potuto utilizzare la prova documentale costituita dall’assegno circolare e dalla documentazione bancaria. Infatti tali documenti non forniscono la prova diretta dell’accordo simulatorio, bensì consentono solo di trarre la prova indiretta (prova per presunzioni) di tale accordo, offrendo elementi indiziari che consentono di risalire dal “fatto noto” (le girate sull’assegno e i vari passaggio negoziali del titolo) al “fatto ignoto” (l’accordo simulatorio).

Ricavando la prova dell’accordo simulatorio da presunzioni e da prove testimoniali, i giudici di appello sono incorsi in un’evidente contraddizione con la premessa giuridica da essi stessi posta.

Il vero è che la Corte di merito, per pervenire alla sua decisione, ha seguito un percorso logico-giuridico errato, non tenendo conto della giurisprudenza dettata da questa Corte suprema in tema di prova della simulazione.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, in tema di prova della simulazione di un negozio soggetto alla forma scritta ad substantiam (quale è il contratto di compravendita immobiliare), la prova per testi soggiace a limitazioni diverse a seconda che si tratti di simulazione assoluta o relativa. Nel primo caso, l’accordo simulatorio, pur essendo riconducibile tra i patti per i quali opera il divieto di cui all’art. 2722 c.c., non rientra tra gli atti per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem, menzionati dall’art. 2725 c.c., avendo natura ricognitiva dell’inesistenza del contratto apparentemente stipulato, sicché la prova testimoniale è ammissibile in tutte e tre le ipotesi contemplate dal precedente art. 2724 c.c. Con ricetta, di farina Nel secondo caso, occorre distinguere, in quanto se la domanda è proposta da creditori o da terzi – che, essendo estranei al negozio, non sono in grado di procurarsi le controdichiarazioni scritte – la prova per testi o per presunzioni non può subire alcun limite; qualora, invece, la domanda venga proposta dalle parti o dagli eredi, la prova per testi, essendo diretta a dimostrare l’esistenza del negozio dissimulato, del quale quello apparente deve rivestire il necessario requisito di forma, è ammessa soltanto nell’ipotesi di cui all’art. 2724 citato, n. 3), cioè quando il contraente ha senza colpa perduto il documento, ovvero quando la prova è diretta fare valere l’illiceità del negozio (Cass., Sez. 2, n. 10240 del 04/05/2007; nello stesso senso, ex plurimis, Sez. 2, n. 954 del 26/01/1995; Sez. 2, n. 2998 del 16/04/1988, Rv. 458553; Sez. 2, n. 850 del 12/02/1986).

Posto che, pertanto, la prova della simulazione assoluta è consentita tanto per via testimoniale quanto per via di presunzione nelle ipotesi contemplate dall’art. 2724 c.c., la Corte territoriale non ha considerato che proprio l’assegno circolare da essa preso in esame costituisce quel “principio di prova scritta” che consente – ai sensi del citato art. 2724 c.c., n. 1 – di superare i limiti di prova.

Sul punto, questa Corte ha affermato che il documento che può costituire principio di prova per iscritto (art. 2724 c.c., n. 1), sì da consentire l’ammissione della prova testimoniale per accertare, tra le parti, la simulazione assoluta (art. 1417 c.c.) di un contratto con forma scritta ad substantiam (art. 1350 c.c.), deve provenire dalla controparte e non dalla parte che chiede la prova, né da un terzo e non è un preciso riferimento al fatto controverso, ma l’esistenza di un nesso logico tra lo scritto e il fatto stesso, da cui scaturisca la verosimiglianza del secondo (Cass., Sez. 3, n. 3869 del 26/02/2004; Sez. 2, n. 8210 del 07/04/2006; Sez. 2, n. 21442 del 19/10/2010).

Nella specie, l’assegno circolare è proveniente da […] per essere stato sottoscritto dalla stessa “a girata”; esso – in virtù del riferimento al percorso del denaro che avrebbe dovuto servire al pagamento del prezzo – contiene quel collegamento al fatto controverso (accordo simulatorio), che consente di qualificarlo principio di prova scritta ai sensi dell’art. 2724 c.c., n. 1, tale da consentire di provare la simulazione per testi e per presunzioni, in deroga al divieto discendente dagli artt. 2722 e 2729 c.c.

In questo senso, e con una motivazione in diritto in tali termini corretta, la decisione adottata dalla Corte territoriale risulta conforme al diritto, risultando legittimamente utilizzate sia la prova per presunzioni che la prova testimoniale.

La correzione della motivazione in diritto, nei termini anzidetti, esclude la cassazione della sentenza, essendo il dispositivo conforme al diritto (art. 384 c.p.c., ultimo comma)

  1. 3. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 (duemilacinquecento) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

(Omissis).

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