Cassazione Civile, Sezione I, 30 marzo 2008, n.6282

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Svolgimento del processo

I commissari liquidatori della […] s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa, con citazione notificata nel maggio del 1990 hanno evocato in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano i sigg. […].

Gli attori hanno narrato che il 20 giugno 1989 la […]. S.p.A., non ancora sottoposta a procedura concorsuale, aveva trasferito al sig. […] un titolo rappresentativo di 470.000 azioni della […] s.p.a., del valore di circa un miliardo di lire; che il trasferimento era avvenuto tramite girata apposta sul titolo dall’agente di cambio dr. […] L. in forza di una procura non però enunciata sul titolo medesimo; che le azioni erano state in seguito ulteriormente girate dal sig. […]al sig. […] e poi dalla sig.ra […] (in veste di procuratrice del sig. […]) alla società […] SRL; che, nella medesima data del 20 giugno 1989, un secondo titolo rappresentativo di 140.127 azioni della […] era stato girato dal sig. […], presidente del consiglio di amministrazione della […].SPA direttamente al sig. […], e poi da costui (sempre tramite la procuratrice sig.ra […]) alla […] SRL. I liquidatori della […].SPA hanno quindi sostenuto l’invalidità e l’inopponibilità alla massa delle anzidette girate azionarie, o in subordine la loro inefficacia ai sensi dell’art. 64 l. fall., ed hanno conseguentemente chiesto la restituzione dei titoli sopra menzionati o, in ulteriore subordine, la condanna dei convenuti a corrispondere il controvalore di detti titoli.

Una seconda azione, ancora nei confronti della […] SRL, della sig.ra […] e poi degli altri eredi del sig. […], è stata promossa dinanzi al Tribunale di Milano dai commissari liquidatori della […] s.r.l., in liquidazione coatta amministrativa, con atto notificato il 4 dicembre 1990. Sono state proposte domande analoghe a quelle avanzate nell’altro giudizio, questa volta con riferimento a cinque certificati azionari della […] trasferiti dalla […] s.r.l., per il tramite dell’amministratore sig. […] (ma senza che la relativa qualifica risultasse dal titolo), al sig. […], e poi girati alla […] SRL.

Nei due giudizi, successivamente riuniti, tutti i convenuti — salvo il sig. […], rimasto contumace —, si sono costituiti per resistere alle domande contro di loro proposte.

Il Tribunale, con sentenza emessa il 21 novembre 1996, dopo aver dichiarato il difetto di legittimazione passiva della sig.ra […] per non avere ella accettato l’eredità del defunto marito, […] ha ritenuto che nessuno dei diversi negozi di trasferimento azionario dei quali si discute fosse illecito, simulato o comunque invalido, e che neppure se ne potesse affermare l’inopponibilità alle procedure concorsuali attrici per difetto di data certa. Ha considerato, tuttavia, che, a fronte della cessione al sig. […] di 470.000 azioni della […], non risultava esser stato pagato il previsto prezzo di€. 280.000.000, onde il relativo negozio appariva essere a titolo gratuito e, come tale, inefficace nei confronti della liquidazione coatta della […] SPA, ai sensi dell’art. 64 l. fall., richiamata dal successivo art. 203, comma 1. Ha perciò condannato il sig. […] a corrispondere alla […].SPA l’indicata somma di€. 280.000.000, non essendo più possibile la restituzione delle azioni, ormai appartenenti a terzi, ed ha respinto ogni altra domanda.

La sentenza è stata impugnata dai commissari liquidatori della […] SPA e della […] SRL, i quali hanno insistito per l’accoglimento integrale delle domande originariamente proposte. Gli appellati si sono tutti costituiti per resistere al gravame.

In corso di causa gli appellanti hanno chiesto il sequestro giudiziario delle azioni controverse (peraltro già oggetto di sequestro penale nell’ambito del procedimento per bancarotta svoltosi a carico degli amministratori della società […] SPA […], nonché del sig. […]) ed il sequestro conservativo dei beni degli appellati.

La Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata il 19 dicembre 2000, in riforma della decisione di primo grado, pur avendo escluso la nullità dei suaccennati trasferimenti azionari per nullità della causa dei relativi contratti, ha dichiarato invalide tutte le girate azionarie sopra menzionate e, conseguentemente, ne ha ordinato la cancellazione dai certificati sui quali esse sono state apposte ed ha accertato che le relative azioni sono di proprietà, per la parte di rispettiva spettanza, delle società […] SPA e […] SRL in liquidazione coatta. Ha condannato gli appellati in solido (ivi compresa la sig.ra […], ma solo nella qualità di legale rappresentante della figlia minore […]) al rimborso delle spese dei due gradi di giudizio in favore delle controparti; ed ha condannato gli appellanti a rimborsare dette spese in favore della sig.ra […] in proprio, risultando confermato il difetto di legittimazione passiva di costei. Con ordinanza in pari data la Corte ha rigettato le istanze di sequestro ed ha compensato tra le parti le relative spese processuali.

A sostegno della propria decisione il giudice d’appello, dopo aver richiamato i principi enunciati da questa Corte di cassazione nella sentenza n. 92 del 1989 (secondo cui la girata di un titolo azionario a mezzo di rappresentante, che dichiari nel documento di agire a nome del titolare senza che tuttavia dal documento risulti l’attribuzione del potere rappresentativo, interrompe la serie continua delle girate richieste dalla legge), ha ritenuto che né la girata apposta sul primo dei certificati azionari in questione da parte dell’agente di cambio dr. […] L. senza indicazione del soggetto rappresentato, né quelle apposte sugli altri certificati, rispettivamente, da un amministratore della […] SPA e della […] SRL, in ambo i casi senza spendita del nome della società, fossero conformi alle regole di circolazione dei titoli nominativi. Ne ha dedotto che nessuno dei successivi giratari potesse invocare, a proprio favore, la tutela prevista dall’art. 1994 c.c., la quale postula invece il rispetto di dette regole di circolazione.

Quanto alle istanze di sequestro, la Corte d’appello ha stimato che non sussistesse la necessità di provvedere alla custodia delle azioni, già affidate al custode nominato in sede penale, né vi fossero estremi di pericolo nel ritardo, posto che le domande degli attori erano state accolte con sentenza emessa in pari data.

Per la cassazione della sentenza e dell’ordinanza anzidetta ricorre la […] SRL, prospettando due motivi di doglianza.

I commissari liquidatori della […] SPA e della […] SRL hanno depositato un unico controricorso, deducendo tre motivi di ricorso incidentale (due dei quali condizionati), poi ulteriormente illustrati da due successive memorie.

Anche gli eredi del sig. […] hanno depositato un atto denominato “controricorso e ricorso incidentale”, cui i liquidatori della […] e della […] SPA hanno replicato con un nuovo controricorso.

Non hanno invece svolto difese, in questa sede, né sig. […] né la sig.ra […], cui pure il ricorso è stato notificato.

Motivi dalla decisione

  1. I ricorsi proposti avverso il medesimo provvedimento debbono preliminarmente essere riuniti, come prescrive l’art. 335 c.p.c.
  2. . È noto, infatti, che il ricorso incidentale per cassazione, ai sensi del 2º comma dell’art. 371 c.p.c., deve essere proposto nel termine di quaranta giorni dalla notifica del ricorso principale, e non dalla notifica di un primo ricorso incidentale, perché avverso quest’ultimo il 4º comma del detto art. 371 prevede solo la proponibilità del controricorso, ma non anche di un ulteriore ricorso incidentale. Diversamente ne deriverebbe una serie indeterminata di ricorsi incidentali tardivi, in contrasto con il principio per il quale l’impugnazione incidentale è proponibile solo dalle parti contro cui è stata proposta l’impugnazione principale (in tal senso, tra le altre, Cass., 19 luglio 2001, n. 9812). Ciò premesso, la ricorrente, dopo aver rilevato l’esistenza di un contrasto insorto nella giurisprudenza di questa Corte in ordine alla rilevanza ed agli effetti della procura extracartolare con cui sia stata operata la girata di un titolo azionario, assume che una tal procura non inficerebbe in alcun modo il requisito della continuità e regolarità formale delle successive girate, in forza delle quali un terzo di buona fede abbia poi acquistato la titolarità delle azioni. Sulla validità di un tale acquisto, infatti, non inciderebbe il mancato adempimento delle formalità prescritte a soli fini probatori dagli artt. 2022 e 2023 c.c. Ne deduce che gli acquisti azionari compiuti da essa […] SRL, a seguito di girate da parte di terzi regolarmente iscritti nel libro dei soci, sarebbero pienamente valide ed efficaci. 4. Le ricorrenti incidentali […], in liquidazione coatta, dal canto loro, hanno prospettato due motivi di censura condizionati, con il primo lamentando il mancato accoglimento della domanda di accertamento della nullità dei trasferimenti azionari in discorso per illiceità della loro causa, con il secondo riproponendo la domanda subordinata di inefficacia di detti trasferimenti a norma dell’art. 64 l. fall. 5. La Corte reputa che il ricorso principale sia infondato. Il primo consiste nell’affermazione che gli originari atti di disposizione dei titoli azionari appartenenti alle società appellanti non risultano giuridicamente idonei a spogliare dette società della proprietà di quei titoli. Tale affermazione dipende dal rilievo che, nel caso del certificato azionario recante la firma di girata dell’agente di cambio dr. […], questi non disponeva di una procura che sul piano cartolare lo abilitasse a tanto; e che, nel caso delle girate sottoscritte dal sig. […], per la […] SPA e dal sig. […], per la […] SRL, nessuno di costoro aveva speso il nome della società rispettivamente amministrata. 5.1.1. La ricorrente, anzitutto, oppone che mai, in corso di causa, le controparti avevano negato “il potere rappresentativo dei soggetti […]che posero in essere i negozi traslativi della proprietà dei titoli azionari”. Ma tale rilievo (oltre ad apparire non del tutto pertinente per il trasferimento disposto con firma di girata del solo agente di cambio dr. […]) non coglie nel segno. La Corte d’appello ha in proposito osservato che le affermazioni degli atti di citazione, sulle quali il suindicato assunto si fonda, non possono essere interpretate come un riconoscimento dell’esistenza dei necessari poteri rappresentativi in capo a chi così dispose delle azioni appartenenti alle due predette società, perché la successiva contestazione della validità delle girate smentisce radicalmente un simile assunto. E non si tratta, come sostiene ora la ricorrente, di una motivazione che confonde il piano dei poteri di rappresentanza negoziale con quello della regolarità formale delle girate, bensì di un plausibile argomento logico con il quale il giudice di merito ha adeguatamente motivato l’uso del potere che a lui compete di interpretare il tenore delle domande e delle difese prospettate dalle parti. In merito alla girata per procura, apposta dall’agente di cambio, sia la Corte d’appello sia la difesa della ricorrente […] hanno richiamato i diversi principi espressi, rispettivamente, da Cass. n. 92 del 1989 (secondo cui la girata di un titolo azionario a mezzo di rappresentante, che dichiari nel documento di agire a nome del titolare senza che tuttavia dal documento risulti l’attribuzione del potere rappresentativo, interrompe la serie continua delle girate richieste dalla legge), e da Cass. n. 1464 del 1989 (per la quale, invece, la girata di un titolo azionario apposta dall’agente di cambio con la dicitura “per mandato speciale del girante” non interrompe la serie continua delle girate). Il principio così enunciato è da condividere, anche se il riferimento alle precedenti citate pronunce di questa Corte impone alcune precisazioni. Questo Collegio ritiene che, se anche (seguendo l’orientamento maggioritario della dottrina) si voglia negare l’essenzialità del rilascio della procura nel corpo stesso del titolo di credito sul quale sia poi stata vergata la successiva girata sottoscritta dal procuratore, non può viceversa ammettersi che tale girata sia formulata lasciando inespresso il nome del girante per conto del quale essa è apposta. Lo impongono il principio di letteralità del titolo, ed il fatto che solo la spendita del nome del rappresentato permette davvero di salvaguardare la continuità delle girate la quale, nel particolare settore dei titoli nominativi, non può prescindere appunto dalla concatenazione dei nomi dei successivi giranti che figurano sul titolo medesimo, venendosi altrimenti a determinare situazioni comparabili a quelle di una girata in bianco, non consentita su titoli di tale natura. La formula “per mandato specifico”, vergata dal girante sul titolo senza alcuna menzione del nome di colui dal quale il mandato (o meglio: la procura) proviene è quindi inidonea a documentare la continuità delle girate, perché nemmeno esteriormente determina la mancanza di ogni soluzione di continuità tra i nomi dei successivi giranti. 5.1.4. Correttamente, quindi, la questione dell’opponibilità alla terza subacquirente […] delle ragioni d’invalidità (o inefficacia) degli originari atti di disposizione dei titoli azionari dei quali si discute è stata risolta dalla Corte d’appello negando che la medesima […] potesse avvalersi della speciale tutela prevista dall’art. 1994 c.c. Ciò in quanto difettano, nella specie, sia la regolare continuità delle precedenti girate, che è presupposto necessario per l’applicazione della citata norma in favore del terzo possessore di buona fede, sia lo stesso requisito della buona fede. Così, infatti, è da interpretare la precisazione del giudice di merito secondo cui non solo la girata dei menzionati titoli era irregolare, ma tale essa “doveva apparire a chiunque”. 5.2. Il secondo motivo di ricorso principale è per alcuni aspetti infondato e, per altri, inammissibile. Il ricorso è poi inammissibile nella parte in cui si rivolge direttamente contro la pronuncia di compensazione delle spese del procedimento cautelare adottata con ordinanza dalla Corte d’appello, non essendo ammesso tale rimedio straordinario (che comunque non potrebbe essere adoperato per censurare vizi di insufficiente o contraddittoria motivazione) avverso una decisione suscettibile di reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c.. inIn tema di controllo della legittimità della pronuncia di condanna alle spese del giudizio, è infatti inammissibile il ricorso per cassazione che si limiti alla generica denuncia dell’avvenuta violazione della regola di inderogabilità della tariffa professionale, atteso che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, devono essere specificati gli errori commessi dal giudice e precisate le voci di tabella degli onorari e dei diritti di procuratore che si ritengono violate, nonché le singole spese asseritamente non riconosciute (cfr., ex multis, Cass., 29 ottobre 2001, n. 13417). Principio — quello dell’autosufficienza — che, nella specie, non risulta essere stato rispettato da parte delle ricorrenti, le quali si sono limitate a prospettare un asserito maggior valore della causa, rispetto a quello sul quale la Corte d’appello avrebbe parametrato la liquidazione degli onorari, invocando a tal fine il contenuto di documenti che il giudice di legittimità non può però direttamente prendere in esame.
  3. 7. L’esito complessivo del giudizio di cassazione induce a compensare per intero le relative spese tra tutte le parti.
  4. 6. Inammissibile è anche il ricorso incidentale proposto dalla società […]sia per quanto riguarda i primi due motivi, formulati in via condizionata, per i quali il rigetto del ricorso principale ha determinato il venir meno del requisito dell’interesse; sia per quanto riguarda il terzo motivo, attinente alla liquidazione delle spese del giudizio.
  5. È infondato nella parte in cui lamenta che la Corte d’appello si sia pronunciata con separata ordinanza sulle istanze di sequestro in corso di causa, invece di far confluire tale pronuncia nel corpo della sentenza con cui è stata decisa la causa nel merito. Tale scelta, in nessun modo lesiva di diritti delle parti, non ha comunque inciso sulla completezza della sentenza impugnata, giacché questa non ha mancato, sia pur sinteticamente, di richiamare la decisione sulla compensazione delle spese del procedimento cautelare, contenuta nella coeva ordinanza, opportunamente chiarendo che di queste ultime spese non si sarebbe tenuto conto nella liquidazione (a carico degli appellati) di quelle sostenute dagli appellanti nella causa di merito.
  6. La ricorrente, viceversa, argomenta le proprie difese sempre attribuendo alla […] la qualifica di terzo di buona fede, evidentemente per coerenza col presupposto secondo cui dette precedenti girate non erano di per sé irregolari; ma, caduto tale presupposto per quanto già sopra osservato, anche quelle difese risultano inadeguate a scalfire l’accertamento di merito operato dalla Corte d’appello in ordine al suaccennato difetto di buona fede. E ciò appare risolutivo di ogni altra questione.
  7. 5.1.3. Quanto alle girate apposte sui rimanenti certificati dagli amministratori delle società [N.d.a.], la decisiva considerazione della Corte d’appello circa la mancata spendita, anche da parte di costoro, del nome delle società nelle quali essi esplicavano funzioni amministrative non è contrastata da alcuna valida obiezione. Tale, per le ragioni già sopra chiarite, non è quella che vorrebbe fondarsi su un preteso riconoscimento delle controparti in ordine all’affettiva riferibilità degli atti di trasferimento azionario alle società […] e tale non è neppure l’argomento riguardante la possibilità che, in tema di rappresentanza organica, la spendita del nome dell’ente rappresentato possa ricavarsi anche per implicito. Neppur risultano, invero, dal tenore dell’impugnata sentenza, elementi idonei a fondare un tale implicito collegamento (non è anzi nemmeno precisato se gli amministratori, oltre che componenti degli organi amministrativi delle rispettive società, avessero anche poteri di rappresentanza esterna delle stesse, né la ricorrente indica specifici dati di fatto eventualmente idonei a fondare un simile giudizio). E scarsamente comprensibili sono anche i richiami fatti, in tal contesto, alla disciplina dell’autentica della firma del girante richiesta dall’art. 12 del r.d. 239 del 1942, sia perché tale formalità garantisce l’identità del girante e non anche il fatto che egli agisca in veste rappresentativa di un ente, sia perché neppure è indicato in ricorso se, da chi ed in qual forma una tale autenticazione sia stata apposta alle girate sottoscritte dagli amministratori [N.d.a.], né la circostanza risulta dalla sentenza impugnata. Ma, soprattutto, è anche qui decisivo il rilievo che, nella girata di certificati azionari da parte del legale rappresentante della società titolare di detti certificati, è indispensabile l’espressa contemplatio domini, non meno che nel caso prima esaminato di rappresentanza volontaria. Occorre, cioè, che figuri sul titolo la qualifica di legale rappresentante della società per la quale la girata è apposta, in conformità alle medesime regole di circolazione già dianzi ricordate — come ancora di recente ribadito da questa Corte nella sentenza 22 maggio 2003, n. 8050 […] non potendosi altrimenti imputare l’atto della girata alla società, bensì solo alla persona fisica del firmatario che, in quanto tale, difetta però di titolarità.
  8. È infatti opportuno distinguere due aspetti, che il richiamo ai suddetti precedenti ed al contrasto in essi rilevato rischia invece di confondere.
  9. La ricorrente, in adesione a quanto affermato in questa seconda pronuncia, censura il diverso orientamento manifestato dalla Corte territoriale. Ma quest’ultima, pur avendo effettivamente esposto in via di principio il proprio convincimento conforme invece all’insegnamento di Cass. n. 92 del 1989, non ha mancato di aggiungere che le proprie conclusioni non sarebbero mutate nemmeno se si fosse dovuto condividere l’opposto orientamento, perché nel caso in esame la girata risultava apposta dall’agente di cambio “per mandato specifico”, ma senza alcuna altra indicazione (quindi — è da intendere — senza che fosse neppure enunciato da chi la procura era stata rilasciata). Indicazione, questa, che la Corte territoriale ha reputato comunque indispensabile per configurare quel requisito della spendita del nome del rappresentato, in difetto del quale non può neppure parlarsi di un vero e proprio esercizio di attività per procura, anche indipendentemente dalla discussa necessità che questa sia incorporata nel titolo che si intende girare.
  10. Oh oh 5.1.2. Per il resto, le critiche che la ricorrente […] muove al ragionamento svolto nell’impugnata sentenza vanno esaminate tenendo distinta, da un lato, la vicenda della girata apposta per procura dall’agente di cambio […] e, dall’altro, le ulteriori (tra loro del tutto analoghe) due vicende del trasferimento dei certificati azionari per girata dei sigg. […].
  11. Queste essendo le ragioni della rivendicazione di detti certificati azionari da parte delle anzidette società, le relative domande sono state accolte anche nei riguardi della terza subacquirente, società […] SRL, giacché la Corte d’appello ha ritenuto che — ed è questo il secondo punto saliente della decisione — che detta società non potesse giovarsi della tutela assicurata al possessore di buona fede dall’art. 1994 c.c., non essendo il suo acquisto avvenuto in conformità delle norme che disciplinano la circolazione del titolo ed essendo i summenzionati originari difetti di girata agevolmente rilevabili da chiunque.
  12. 5.1. Quanto al primo motivo, che investe il merito della questione controversa decisa dal giudice d’appello, giova premettere che tale decisione può essere logicamente scomposta in due punti.
  13. Con un ulteriore motivo di ricorso (non condizionato) hanno censurato anche il capo di sentenza relativo alle spese di causa, lamentandone la liquidazione in misura inferiore ai minimi tariffari.
  14. 3.1. Con il secondo mezzo di gravame, la medesima ricorrente si duole della compensazione delle spese disposta dalla Corte territoriale nell’ordinanza di rigetto delle istanze di sequestro proposta dai commissari liquidatori della […] SPA e della […] SRL. Afferma che la pronuncia in ordine a tali spese avrebbe dovuto essere contenuta nella coeva sentenza e che, comunque, la motivazione in base alla quale la Corte territoriale le ha compensate sarebbe illogica e si fonderebbe su presupposti errati.
  15. 3. Con il primo motivo del ricorso principale, in cui si denunciano errori di diritto e difetti di motivazione dell’impugnata sentenza, la […]SRL premette che gli atti traslativi della proprietà dei certificati azionari in questione, per espressa ammissione delle parti attrici in primo grado, erano stati posti in essere da chi al tempo disponeva del potere di rappresentare negozialmente le società […] SPA e […] SRL Sarebbe perciò errata l’affermazione incidentalmente fatta dalla Corte d’appello, secondo cui la contestazione della validità delle girate apposte su detti certificati, espressa negli atti di citazione, implicherebbe contestazione anche del potere negoziale di trasferire a terzi le azioni appartenenti alle summenzionate società. Altro è, infatti, il potere di rappresentanza negoziale, mai messo in dubbio dalle controparti, altra è la pretesa irregolarità formale delle girate.
  16. 2. Ancora in via preliminare dev’essere rilevata l’inammissibilità del ricorso incidentale degli eredi […] (peraltro meramente adesivo alle ragioni del ricorso principale), contenuto nel controricorso notificato alle altre parti in date comprese tra il 6 e l’8 giugno 2001, giacché proposto oltre quaranta giorni dopo la notifica ai medesimi eredi […] del ricorso principale, avvenuta il 16 marzo 2001.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibili entrambi i ricorsi incidentali, compensando le spese del giudizio di legittimità.

(Omissis).

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